Reggendosi con una mano al piolo di metallo, Perenelle si sfilò la lancia dalla cintura e la conficcò in uno dei tentacoli che l’avevano ghermita. Non appena la punta sfiorò la pelle viscida, il tentacolo si ritirò di scatto, lasciandole i segni delle ventose impresse nella carne. Prima che lei potesse sferrare un altro colpo, gli altri due tentacoli scomparvero nel buio del tunnel.

— Fattucchiera, che sgarbo! Avresti potuto ferirmi. Se fossi andata un po’ più a fondo, mi avresti mozzato un tentacolo.

— L’idea era quella — borbottò Perenelle, infilandosi di nuovo la lancia nella cintura improvvisata e tirandosi su.

— Non perdo un tentacolo da secoli. E ci vuole così tanto per farli ricrescere — aggiunse Nereo, parlando in greco.

Ignorandolo, Perenelle salì un altro piolo, avvicinandosi alla luce. Si chiese se Nereo potesse entrare nel condotto, grosso com’era. Il tanfo disgustoso la raggiunse, facendole lacrimare gli occhi. Deglutì, mentre il suo stomaco protestava. Appiattendosi contro una parete della strettoia, guardò giù: Nereo era ai piedi del condotto. Perenelle distingueva a malapena la testa e le spalle nella luce fioca che proveniva dall’alto; il resto del corpo della creatura era nascosto nelle tenebre.

Nereo sollevò il tridente e lo agitò. — A quanto pare sei in trappola, Fattucchiera. Non puoi salire e infilzarmi con il tuo stuzzicadenti nello stesso momento. Mentre io posso ancora raggiungerti…

Perenelle intravide un guizzo di tentacoli contorti ai piedi del condotto. Prima uno, poi due, poi quattro di essi cominciarono a strisciare come serpenti verso di lei, torcendosi e arricciandosi, tastando le pietre sgretolate come dita furtive. — Hai la minima idea di chi io sia? — domandò. Prima in inglese, poi in greco antico.

Nereo scrollò le spalle, un gesto che fece tremolare tutti i suoi tentacoli. — Confesso di no.

— Allora perché sei qui? — chiese Perenelle, salendo un altro piolo della scaletta arrugginita. La creatura parlava come un accademico annoiato, pensò.

— Sto saldando un antico debito — gorgogliò Nereo. — Uno dei Grandi Signori ha promesso di estinguere il mio debito se fossi tornato in questo mondo e avessi raggiunto quest’isola con le mie figlie. Mi è stato detto che potrò tenerti, e che forse non sarai una buona serva, ma che in un paio di secoli potresti diventare una buona moglie. So soltanto che ti chiamano “Fattucchiera”.

— Ma sai di quale fattucchiera si tratta? — domandò Perenelle.

Nereo rise. — Oh, figlia degli homines, non lo so, e non mi interessa. Ai miei tempi quella parola aveva un significato. Una fattucchiera era una donna potente, qualcuno da temere, da rispettare. Ma qui, in questa epoca e in questo mondo, le vecchie parole e i vecchi titoli non significano nulla. Un mago, ho scoperto, non è altro che un intrattenitore di bambini, uno che tira fuori conigli da un cappello.

La risata di Perenelle ridusse l’Oscuro Signore al silenzio. — Allora sappi questo: non sono un’intrattenitrice. Mi sorprende che chi ti ha chiamato non ti abbia detto cosa andavi ad affrontare su quest’isola. O forse non mi sorprende affatto. Forse se lo avessi saputo, non ti saresti imbarcato in questa folle avventura. — La voce di Perenelle riecheggiò nel condotto. — Sono la settima figlia di una settima figlia. Vivo in questo mondo da quasi settecento anni, e porto con me il sapere di secoli. Ho studiato con alcuni dei più abili stregoni, maghi e incantatori che siano mai vissuti. Forse di alcuni di loro avrai sentito parlare. Sono stata apprendista della Strega di Endor, e allieva di due delle più grandi fattucchiere della storia: Circe e Medea.

— Circe? — Nereo si dimenò, a disagio, e un brivido percorse i tentacoli. — Medea? — aggiunse, in tono afflitto.

— Tu, più di chiunque altro, dovresti conoscere la reputazione delle mie maestre.

— E sei stata una buona allieva?

— La migliore. Sappi questo, Vecchio del Mare: non sarò mai tua moglie. Sono sposata con l’Alchimista, Nicholas Flamel.

— Flamel — ripeté l’Oscuro Signore, in un sussurro.

— Io sono l’umana immortale Perenelle Flamel.

— Ah… quella fattucchiera — borbottò Nereo.

Perenelle strappò uno spuntone di metallo dal muro, concentrò la propria aura nel palmo della mano e osservò il metallo arrugginito che si contorceva, per poi fondersi in un liquido brunastro. — Lascia che ti mostri un trucco che mi ha insegnato Circe in persona. — Aprì la mano, facendo colare le goccioline di metallo dal palmo raccolto a coppa. Dozzine di globuli brunodorati caddero nelle tenebre.

La pioggia fusa sibilò e sfrigolò sparpagliandosi sulla pelle di Nereo, e l’aria si riempì a un tratto del tanfo di pesce fritto. I tentacoli si dimenarono sbattendo sulle pietre, mentre il Vecchio del Mare mugghiava e strepitava in una dozzina di lingue umane e non umane.

Perenelle schioccò le dita, liberandosi delle ultime goccioline. Seguì la lacrima dorata che precipitava giù… e atterrava al centro esatto della fronte di Nereo, proprio sopra il suo naso. Stavolta la creatura urlò così forte che Perenelle riuscì letteralmente a udire l’improvvisa esplosione dei gabbiani dell’isola che si alzavano in volo, stridendo forte.

Nereo scomparve nelle tenebre, portandosi dietro una scia di pesce bruciacchiato. — Non credere di aver finito con me, Fattucchiera — singhiozzò la creatura. — Non uscirai mai viva di qui!

Lottando contro l’ondata di stanchezza che la investì, Perenelle si voltò verso la scaletta e riprese a salire. — Lo dicono sempre tutti — mormorò. — Ma sono ancora viva.

— Potevi aiutarmi. — Perenelle era seduta su uno dei gradini del cortile dell’aria. Rivolse il viso al sole del pomeriggio, lasciando che il calore filtrasse nel suo corpo e ricaricasse la sua aura.

— Perché? — Appollaiata sul gradino sottostante, alla sua destra, la Dea Corvo aveva spiegato il mantello nero e rivolto il viso alla luce, con gli occhi celati dietro le lenti a specchio degli occhiali neri. Aveva riacquistato la sua carnagione di alabastro, e le era rimasta solo una lievissima traccia di verde, con una vaga impressione di bollicine intorno alle labbra.

Perenelle rifletté per un attimo sulla domanda e poi annuì. Non sapeva cosa rispondere. Nereo non era un nemico della dea.

— Però saremmo potuti volare via — suggerì la Dea Corvo, senza muovere la testa.

Perenelle stava cominciando a identificare le voci: quella di Badb era leggermente più morbida di quella di Macha, più dura e mascolina.

— Perché non lo avete fatto? — chiese. Quando finalmente era sbucata fuori dal condotto, sporchissima e talmente stanca da avere il voltastomaco, aveva capito che non sarebbe stata in grado di combattere contro la Dea Corvo. Non si era nemmeno aspettata di trovare la creatura ancora sull’isola, e invece l’aveva vista accovacciata lì, sotto la cisterna arrugginita, intenta a ricucirsi amorevolmente le piume nere del mantello. — Perché siete rimaste?

La Dea Corvo si stiracchiò. — Siamo rimaste intrappolate nella Morrigan per molto tempo. Nostra sorella si è divertita per intere vite; adesso tocca a noi. E abbiamo deciso che nelle ore a venire non ci sarà nessun altro luogo più eccitante di Alcatraz.

Perenelle si puntellò sui gomiti per scrutare la creatura. — Eccitante? Forse diamo due significati diversi alla parola…

La Dea Corvo mosse la testa e si fece scivolare gli occhiali scuri sul naso con un lungo dito laccato di nero. Un occhio rosso e un occhio giallo guardarono la donna, battendo le ciglia. — Ricorda, figlia degli homines, noi siamo Badb e Macha. Siamo la Furia e la Carneficina. Nostra sorella è la Morte. Per millenni siamo state attirate sui campi di battaglia di tutto il mondo, dove ci siamo nutrite dei ricordi dei morti e dei moribondi. — Le labbra nere scoprirono i lunghi denti candidi in un terrificante sorriso. — E in questo momento quest’isola è esattamente il posto in cui dobbiamo stare. — La creatura si leccò le labbra. — Avremo presto di che banchettare!

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 3. L'Incantatrice
000_cover.xhtml
001_il-libro.xhtml
002_l-autore.xhtml
003_frontispiece.xhtml
004_dedication.xhtml
005_preface.xhtml
006_part-1.xhtml
007_chapter-1.xhtml
008_chapter-2.xhtml
009_chapter-3.xhtml
010_chapter-4.xhtml
011_chapter-5.xhtml
012_chapter-6.xhtml
013_chapter-7.xhtml
014_chapter-8.xhtml
015_chapter-9.xhtml
016_chapter-10.xhtml
017_chapter-11.xhtml
018_chapter-12.xhtml
019_chapter-13.xhtml
020_chapter-14.xhtml
021_chapter-15.xhtml
022_chapter-16.xhtml
023_chapter-17.xhtml
024_chapter-18.xhtml
025_chapter-19.xhtml
026_chapter-20.xhtml
027_chapter-21.xhtml
028_chapter-22.xhtml
029_chapter-23.xhtml
030_chapter-24.xhtml
031_chapter-25.xhtml
032_chapter-26.xhtml
033_chapter-27.xhtml
034_chapter-28.xhtml
035_chapter-29.xhtml
036_chapter-30.xhtml
037_chapter-31.xhtml
038_chapter-32.xhtml
039_chapter-33.xhtml
040_chapter-34.xhtml
041_chapter-35.xhtml
042_chapter-36.xhtml
043_chapter-37.xhtml
044_chapter-38.xhtml
045_chapter-39.xhtml
046_chapter-40.xhtml
047_chapter-41.xhtml
048_chapter-42.xhtml
049_part-2.xhtml
050_chapter-43.xhtml
051_chapter-44.xhtml
052_chapter-45.xhtml
053_chapter-46.xhtml
054_chapter-47.xhtml
055_chapter-48.xhtml
056_chapter-49.xhtml
057_chapter-50.xhtml
058_chapter-51.xhtml
059_chapter-52.xhtml
060_chapter-53.xhtml
061_chapter-54.xhtml
062_chapter-55.xhtml
063_chapter-56.xhtml
064_chapter-57.xhtml
065_chapter-58.xhtml
066_chapter-59.xhtml
067_chapter-60.xhtml
068_chapter-61.xhtml
069_chapter-62.xhtml
070_chapter-63.xhtml
071_chapter-64.xhtml
072_chapter-65.xhtml
073_chapter-66.xhtml
074_chapter-67.xhtml
075_chapter-68.xhtml
076_chapter-69.xhtml
077_chapter-70.xhtml
078_epilogo.xhtml
079_nota.xhtml
080_acknowledgments.xhtml
081_copyright.xhtml