CAPITOLO CINQUANTA
—Dove ci stai portando? — chiese Nicholas Flamel. — Perché abbiamo lasciato la strada principale?
— Guai — rispose Palamede. Piegò lo specchietto per sbirciare sul sedile posteriore dell’auto.
Solo l’Alchimista era sveglio. I gemelli erano accasciati in avanti, sostenuti soltanto dalle cinture, mentre Gilgamesh si era rannicchiato sul pavimento e dormiva un sonno agitato borbottando in sumero. Flamel guardò i profondi occhi scuri del Cavaliere saraceno, nello specchietto.
— Ho capito che c’era qualcosa che non andava quando ho visto che il traffico si era fatto pesante — continuò il Cavaliere. — Poi ho pensato che forse c’era stato un incidente. — Sembravano procedere a casaccio, imboccando strette stradine di campagna, con i fianchi della macchina bersagliati dai folti cespugli in cui si imbattevano. — Tutte le strade principali sono bloccate. La polizia perquisisce tutte le auto.
— Dee — bisbigliò Flamel. Slacciandosi la cintura, scivolò sul sedile ribaltabile alle spalle del guidatore, voltandosi in modo da guardare il Cavaliere attraverso il divisorio di vetro. — Dobbiamo arrivare a Stonehenge — disse. — È la nostra sola via d’uscita dal Paese.
— Ci sono altre porte d’energia. Potrei portarvi a Holyhead, nel Galles, e potreste prendere un traghetto per l’Irlanda. Newgrange è ancora attiva — suggerì Palamede.
— Nessuno sa dove conduce — replicò Nicholas, in tono fermo. — Mentre la porta di Salisbury mi riporterà proprio a Nord di San Francisco.
Il Cavaliere imboccò una strada con un cartello che diceva PROPRIETÀ PRIVATA, e si fermò davanti un cancello di legno a cinque sbarre. Lasciando il motore acceso, scese dalla macchina e tolse il chiavistello. Flamel lo raggiunse e lo aiutò a spingere per aprirlo. Un sentiero segnato da solchi profondi conduceva a un fienile di legno sgangherato.
— Conosco il proprietario — disse Palamede. — Ci nasconderemo qui finché non si calmano le acque.
Flamel tese il braccio per afferrare quello del Cavaliere. Ci fu un improvviso odore di chiodi di garofano e l’Alchimista trasalì, staccando subito le dita: le pelle di Palamede era diventata dura e metallica. — Dobbiamo assolutamente arrivare a Stonehenge. — Fece un gesto verso la strada che avevano lasciato. — Mancheranno tre o quattro chilometri.
— Siamo abbastanza vicini — confermò Palamede. — Ma perché tanta fretta, Alchimista?
— Devo tornare da Perenelle. — Flamel si portò di fronte al Cavaliere, costringendolo a fermarsi. — Guardami, saraceno. Che cosa vedi? — Sollevò le mani; le vene azzurre ormai erano chiaramente visibili, e c’erano le chiazze brune dell’età sparse sulla pelle. L’Alchimista piegò la testa e gli mostrò il collo rugoso. — Sto morendo, Palamede. Non mi resta molto tempo e, quando sarà il momento, voglio andarmene con la mia amata Perenelle. Anche tu sei stato innamorato una volta, Palamede. Sai quello che vuol dire.
Il Cavaliere sospirò e annuì. — Entriamo nel fienile e svegliamo i gemelli e Gilgamesh. Ha accettato di addestrarli nella Magia dell’Acqua. Se davvero lo farà, allora proseguiremo fino a Stonehenge. Con il GPS troverò una strada alternativa, ne sono sicuro. — Palamede strinse il braccio dell’Alchimista. — Ricordati, Nicholas. Una volta iniziato il processo, l’aura dei gemelli divamperà, e tutti – incluse creature di ogni genere e sorta – sapranno dove sono.