CAPITOLO DODICI
In piedi sulla soglia della sua lussuosa villa parigina Niccolò Machiavelli osservò il dottor John Dee salire nell’elegante limousine nera. L’autista chiuse lo sportello, rivolse un cenno a Machiavelli, e salì a sua volta. Un attimo dopo la macchina partì; come l’italiano aveva immaginato, Dee non si voltò a guardare né a salutare.
Gli occhi grigio pietra di Machiavelli seguirono l’automobile che si mescolava al traffico della sera. Stava per lasciare Place du Canada quando un’anonima Renault si mise sulla sua scia, a tre macchine di distanza. Machiavelli sapeva che la Renault avrebbe seguito la limousine di Dee per tre isolati, per poi essere rimpiazzata da una seconda e poi da una terza macchina. Apposite videocamere montate sul cruscotto avrebbero inviato le immagini in diretta sul suo computer. Avrebbe fatto pedinare Dee in ogni singolo istante che avrebbe trascorso a Parigi. L’istinto, affinato da secoli di sopravvivenza, gli diceva che Dee stava covando qualcosa. Il Mago inglese era stato fin troppo impaziente di partire e aveva rifiutato la sua offerta di ospitalità per la notte, con la scusa di raggiungere l’Inghilterra il prima possibile per riprendere la ricerca di Flamel.
Machiavelli chiuse il grosso portone di vetro antiproiettile con un certo sforzo, e a un tratto si rese conto che erano piccole cose come quella a fargli sentire la mancanza di Dagon.
Dagon era stato al suo fianco per quasi quattrocento anni, da quando Machiavelli lo aveva trovato, ferito e in fin di vita, nella Grotta Azzurra sull’isola di Capri. Lo aveva curato e guarito, e in cambio la creatura era diventata suo servitore e segretario personale, nonché guardia del corpo e – alla fine – suo amico. Insieme avevano viaggiato per il mondo e si erano perfino avventurati in alcuni dei Regni d’Ombra più sicuri. Dagon gli aveva mostrato meraviglie, e Machiavelli a sua volta lo aveva iniziato all’arte e alla musica. Nonostante il suo aspetto brutale, Dagon aveva una voce purissima, di straordinaria bellezza. Solo nella seconda metà del Ventesimo secolo, quando aveva udito per la prima volta le note incantevoli del canto delle balene, l’italiano aveva riconosciuto i suoni che la creatura era in grado di emettere.
Per quasi mezzo millennio Machiavelli non aveva mai concesso a nessuno di avvicinarsi. Era poco più che trentenne quando aveva sposato Marietta Corsini nel 1502, e nel corso dei successivi venticinque anni avevano avuto sei figli. Ma quando era diventato immortale, era stato costretto a “morire” per nascondere il fatto che non invecchiava. L’Oscuro Signore che lo aveva reso immortale non gli aveva menzionato la necessità di quell’espediente. Lasciare Marietta e i figli era stata una delle cose più difficili che avesse mai fatto, ma aveva vegliato su di loro per il resto delle loro vite. Li aveva anche visti invecchiare, ammalarsi e morire: era il rovescio della medaglia del dono dell’immortalità. Quando infine Marietta si era spenta, Machiavelli aveva preso parte al funerale sotto mentite spoglie, e poi si era recato sulla sua tomba nel cuore della notte, per porgerle il suo estremo saluto e pronunciare un giuramento: avrebbe sempre onorato le loro promesse matrimoniali e non si sarebbe mai più risposato. Aveva mantenuto la parola.
Machiavelli attraversò un corridoio rivestito di legno e premette il palmo contro un busto di bronzo di Cesare Borgia, poggiato su un tavolinetto circolare. — Dell’arte della guerra — disse.
La voce riecheggiò nel vuoto dell’ambiente. Si udì uno scatto, e una sezione del muro si aprì, rivelando un ufficio privato. Quando Machiavelli entrò nella stanza, la porta si richiuse con un sibilo e delle luci incassate si accesero, diffondendo il loro bagliore. Aveva avuto una stanza come quella – un luogo segreto e privato – in ogni singola casa in cui era vissuto. Quello era il suo regno.
Durante la loro vita insieme, Marietta non aveva mai avuto accesso alle stanze private, e nel corso dei secoli nemmeno Dagon aveva mai varcato una di quelle soglie. Machiavelli aveva protetto quella stanza prima con passaggi segreti e trappole mortali, e poi con molte serrature e chiavi fabbricate a mano. Ormai, nel Ventunesimo secolo, la teneva al sicuro con infissi a prova di bomba e tecnologie di riconoscimento palmare e vocale.
La stanza era un cubo perfetto e insonorizzato. Non c’erano finestre, e due pareti erano rivestite di libri raccolti nel corso dei secoli. Tomi rilegati in pelle e in tela si susseguivano a volumi di cartapecora ingiallita. Pergamene arrotolate e pelli cucite si affiancavano a tascabili moderni e colorati. E tutti i libri, in un modo o nell’altro, avevano a che fare con gli Antichi Signori.
Distrattamente, Machiavelli raddrizzò un’antica tavoletta babilonese poggiata sopra un foglio stampato da un sito web dedicato alla mitologia. Mentre Flamel era ossessionato dall’idea di impedire il ritorno degli Oscuri Signori e Dee era altrettanto deciso a fare in modo che ciò avvenisse, Machiavelli si concentrava su un altro obiettivo: scoprire la verità che si celava dietro gli enigmatici dominatori del mondo antico. Una delle lezioni che aveva imparato alla corte dei Medici era che il potere deriva dalla conoscenza, perciò era determinato a scoprire i segreti degli Antichi Signori.
La parete di fronte alla porta era completamente occupata da una serie di schermi. Machiavelli pigiò un pulsante, e gli schermi si accesero tutti all’unisono, ognuno su un’immagine diversa. C’erano varie vedute di Parigi e immagini di una dozzina di capitali del mondo, e un quartetto di schermi trasmetteva telegiornali nazionali e internazionali in diretta in diverse lingue. Un solo schermo, più grande degli altri, mostrava un’immagine grigia e sfocata in movimento.
Machiavelli si sedette su una poltrona di pelle dallo schienale alto e fissò lo schermo, cercando di mettere a fuoco quello che stava vedendo. Erano le riprese trasmesse in diretta dalla macchina che seguiva Dee. L’italiano ignorò la limousine al centro dell’immagine e si concentrò sulle strade. Dove stava andando Dee?
Il Mago gli aveva detto di essere diretto all’aeroporto, dove il suo jet privato stava facendo rifornimento: avrebbe dovuto raggiungere l’Inghilterra e riprendere la caccia dell’Alchimista.
Gli angoli della bocca di Machiavelli si incurvarono in un sorriso. Decisamente, Dee non era diretto all’aeroporto; stava tornando in città. Dunque il suo istinto aveva ragione, si disse l’italiano. Il Mago stava tramando qualcosa.
Senza perdere d’occhio lo schermo, Machiavelli aprì un computer portatile, lo accese e fece scorrere l’indice sul lettore di impronte digitali. La macchina completò la sequenza di avvio. Se avesse usato un altro dito, un virus avrebbe distrutto completamente la memoria.
Lesse rapidamente le e-mail in arrivo dai suoi agenti segreti di base a Londra. Un altro sorriso ironico curvò le sue labbra sottili: non c’erano buone notizie. Nonostante tutto quello che Dee aveva fatto, Flamel e i gemelli erano scomparsi, e il trio di Genii Cucullati inviato sulle loro tracce era stato rinvenuto in una traversa nei pressi della stazione. Erano tutti in un coma profondo, e l’italiano sospettava che sarebbero trascorsi 366 giorni prima che si svegliassero. A quanto pareva, il Mago inglese aveva sottovalutato per l’ennesima volta l’Alchimista.
Machiavelli rilassò la schiena sulla poltrona e congiunse le mani, come in un gesto di preghiera, le punte degli indici premute contro le labbra. Aveva sempre saputo che l’immagine che Flamel proiettava – quella di un vecchio sciocco e maldestro, un po’ distratto e vagamente eccentrico – era soltanto fumo negli occhi. Nicholas e Perenelle erano sopravvissuti a qualunque cosa gli Oscuri Signori e Dee gli avessero scatenato contro nel corso dei secoli, grazie a una combinazione di astuzia, abilità, conoscenze arcane e una buona dose di fortuna. Machiavelli considerava Flamel un uomo intelligente, pericoloso e assolutamente spietato.
Tuttavia, per quanto fosse scaltro, lo stesso Alchimista ammetteva che Perenelle era molto più dotata di lui. Il sorriso di Machiavelli vacillò: era quella la donna che gli avevano ordinato di uccidere, la donna che il suo stesso padrone aveva descritto come infinitamente più pericolosa dell’Alchimista. Sospirò. Uccidere qualcuno potente come la Fattucchiera non sarebbe stato facile. Ma non dubitava che ci sarebbe riuscito. Aveva già fallito una volta, ma solo perché aveva commesso lo stesso grave errore appena compiuto da Dee: sottovalutare il nemico.
Stavolta Machiavelli sarebbe stato pronto per la Fattucchiera. Stavolta l’avrebbe uccisa.
Ma prima doveva arrivare in America. Le dita dell’italiano volarono sulla tastiera, mentre si collegava a un sito di viaggi. A differenza di Dee, che preferiva usare il jet privato, lui aveva scelto un volo commerciale. Avrebbe potuto usare un jet del governo francese, ma la cosa avrebbe dato nell’occhio, e Machiavelli aveva sempre preferito lavorare dietro le quinte.
Gli serviva un volo diretto per San Francisco. Non c’era molta scelta, ma ce n’era uno che partiva da Parigi alle 10.15 del mattino seguente. Il volo durava più di undici ore, ma a causa della differenza di fuso orario sarebbe arrivato a destinazione intorno alle 12.30 ora locale.
Non c’erano posti in prima classe, così Machiavelli prenotò in business class. Una scelta decisamente appropriata; dopotutto, si trattava di un viaggio d’affari. Proseguendo nell’acquisto, Machiavelli scelse il posto 4A: una volta atterrati, sarebbe stato il primo a scendere. Quando ricevette l’e-mail di conferma, inoltrò i dettagli del volo al principale agente degli Oscuri Signori sulla costa occidentale degli Stati Uniti: l’umano immortale Henry McCarty.
Machiavelli aveva compiuto ricerche su quella persona. Durante la sua breve vita, McCarty era stato meglio conosciuto come William H. Bonney, o Billy the Kid. Nato nel 1859 e morto – in realtà, reso immortale – a soli ventidue anni. L’italiano scosse la testa, meravigliato. Era insolito diventare immortali a un’età così giovane; la maggior parte di quelli che aveva conosciuto nel corso dei secoli erano più vecchi. Nonostante tutte le sue ricerche, non aveva ancora idea del perché certe persone venissero scelte dagli Antichi Signori per ricevere il dono. Doveva esserci una logica, ma lui si era imbattuto in re, principi, vagabondi e ladri che non avevano niente in comune tranne l’immortalità, e l’essere perciò alle dipendenze degli Antichi Signori. Pochissimi erano diventati immortali prima dei quarant’anni. Perciò, per avere ricevuto quel dono a soli ventidue anni, Billy the Kid doveva essere davvero molto speciale.
D’un tratto Machiavelli colse un guizzo di movimento con la coda dell’occhio e alzò lo sguardo sullo schermo che seguiva le tracce di Dee. Le macchine si erano fermate; il Mago scese dalla limousine senza neanche dare il tempo all’autista di aprirgli lo sportello. Si allontanò, quindi si fermò per voltarsi a guardare la macchina alle sue spalle. Nell’attimo in cui Dee fissò direttamente la videocamera, Machiavelli capì che sapeva di essere seguito. Il Mago sorrise, quindi scomparve dall’inquadratura.
L’italiano pigiò un tasto che lo connetteva all’autista della seconda auto. — La situazione? — domandò, brusco. Non aveva bisogno di identificarsi.
— Ci siamo fermati, signore. Il soggetto è appena sceso dal veicolo.
— Dove?
— Siamo sul Pont au Double. Il soggetto è diretto a Notre-Dame.
— Notre-Dame — mormorò Machiavelli. Soltanto il giorno prima, era salito sul tetto della grandiosa cattedrale con Dee, e insieme avevano animato i gargoyle e li avevano osservati calarsi lungo le mura dell’edificio verso il luogo in cui Flamel, i gemelli, Saint-Germain e una donna misteriosa si erano seduti sul sagrato di fronte alla chiesa. Le terribili creature di pietra animata avrebbero dovuto distruggere gli umani, ma l’attacco non era andato secondo i piani. Flamel e i suoi compagni lo avevano respinto.
Con un gesto assente l’italiano si strofinò la gamba nel punto in cui era stato colpito da una freccia d’argento di pura energia aurica. Un livido nero a forma di stella era comparso sulla coscia, dal ginocchio al fianco, e Machiavelli sapeva che avrebbe zoppicato per settimane. Erano stati i gemelli a salvarli, e a distruggere i gargoyle di Notre-Dame.
L’italiano era rimasto ammutolito di fronte alla prova tangibile del fatto che Sophie e Josh erano davvero i gemelli della leggenda. Era stata una stupefacente dimostrazione di potenza. Anche se la ragazza aveva appreso solo le basi di due delle magie elementali – il Vento e il Fuoco – era ovvio che le sue doti naturali erano straordinarie. E quando i gemelli avevano combinato le loro aure per amplificare i poteri della ragazza, Machiavelli aveva compreso che Sophie e Josh Newman erano davvero eccezionali.
L’ufficio stampa di Machiavelli aveva rilasciato la storia secondo cui la distruzione delle statue della cattedrale era stata causata dalla pioggia acida e dal riscaldamento globale. In quello stesso istante squadre di archeologi e studenti dell’università di Parigi stavano lavorando per ripulire il sagrato. Il piazzale era stato isolato con strisce di nastro adesivo e barriere di metallo.
L’italiano fissò lo schermo, ma l’immagine non rivelava nulla. Perché Dee era tornato in quel luogo?
— Dobbiamo seguirlo? — crepitò la voce dell’autista tra le interferenze.
— Sì — rispose Machiavelli. — Seguitelo, ma non avvicinatevi e non cercate di fermarlo. Tenete aperta questa linea.
— Sissignore.
Machiavelli aspettò con impazienza, gli occhi fissi sull’immagine statica della macchina sullo schermo. L’autista parlò in tono concitato con gli uomini nelle altre due auto, ordinando loro di appostarsi agli ingressi laterali della grande cattedrale; la porta principale che dava sulla piazza era chiusa. L’immortale osservò l’autista passare di fronte alla videocamera sul cruscotto e sparire sulla sinistra, il telefono premuto sull’orecchio.
— È diretto alla cattedrale — disse l’autista. — È entrato. Non ha vie d’uscita.
Il rumore di sottofondo cambiò quando l’uomo corse dentro. I passi riecheggiarono, la porta sbatté; poi Machiavelli udì i suoni sottili di voci eccitate. Sentì quella dell’autista che si faceva più forte, più autorevole, più insistente, ma non riusciva a distinguere le parole.
Qualche attimo più tardi, l’autista tornò al telefono. — Signore: ci sono degli architetti e dei progettisti venuti a esaminare i danni. Il soggetto avrebbe dovuto oltrepassarli, ma dicono che nessuno è entrato nella cattedrale nell’ultima ora. — Una nota di paura si insinuò nella voce dell’uomo; la reputazione di spietatezza di Machiavelli era leggendaria, e nessuno voleva riferirgli un insuccesso. — So che è impossibile, ma credo… credo… che l’abbiamo perso. — La voce era tremante. — Non… non ho idea di come sia successo, ma sembra che… non sia nella cattedrale. Isoleremo l’edificio e faremo arrivare altri uomini per la ricerca…
— Negativo. Lasciatelo andare. Tornate alla base — ordinò Machiavelli, poi interruppe la comunicazione.
Sapeva dove si trovava Dee: non nella cattedrale, ma sotto di essa. Il Mago era tornato nelle catacombe al di sotto della città. Ma l’unica cosa che abitava nella Città dei Morti era Marte Ultore.
E il giorno prima Dee lo aveva sepolto nell’avorio.