Sulla costa occidentale di Treasure Island, nella Baia di San Francisco, un uomo dall’aspetto giovane sedeva sul cofano di una decappottabile rossa, una Thunderbird del 1960. Basso e magro, indossava un paio di jeans con l’orlo strappato e sfilacciato e le ginocchia logore. La testa di lupo disegnata sulla sua maglietta era talmente scolorita da risultare quasi invisibile, e gli stivali da cowboy consunti avevano bisogno di tacchi e suole nuovi. L’aria trasandata, i capelli lunghi e la barba sfatta erano in netto contrasto con la macchina scintillante, che sembrava appena uscita dal rivenditore. Il giovane aveva ventinove dollari e qualche spicciolo nel portafoglio; la macchina valeva almeno mille volte tanto.

Accanto a lui, poggiata sul cofano, c’era un’antica ciotola di ceramica anasazi, decorata con eleganti motivi geometrici, in bianco e nero. Un liquido denso riempiva la ciotola, un miscuglio di miele, olio di semi di lino e acqua. Riflessa nel liquido c’era la figura di Perenelle Flamel che incedeva sull’isola di Alcatraz, con la nera coltre di insetti morti che si apriva in un’onda al suo passaggio.

Dunque quella era la leggendaria Perenelle Flamel, pensò il giovane. Mosse il dito sopra il liquido in senso orario, e i suoi vivaci occhi azzurri scintillarono, assumendo per un attimo una tinta scarlatta, mentre un profumo di pepe di Caienna riempiva l’aria. L’immagine della Fattucchiera si fece più vicina. Il giovane la osservò fermarsi e aggrottare la fronte, le rughe che si facevano più marcate; poi la vide voltarsi di scatto, come se avesse capito di essere osservata. Subito lui fece un gesto con la mano, e il liquido tremò, dissolvendo l’immagine. Poi, incrociando le braccia sul petto magro, il giovane rivolse il viso a occidente, verso l’isola di Alcatraz nascosta nella foschia. A quanto pareva, tutto quello che aveva sentito dire sul conto della donna era vero. Perenelle era la più letale delle combinazioni: bellissima e micidiale.

Il giovane ebbe un attimo di smarrimento. Doveva attaccare di nuovo o aspettare? Portandosi una mano alla bocca, vi soffiò dentro e la sua aura brillò di un rosso purpureo e profondo, poco più scuro della Thunderbird. L’odore del pepe rosso si diffuse nell’aria salmastra. Aveva ancora abbastanza potere per fare… cosa?

Richiamare le mosche era stato relativamente facile; uno sciamano indiano gli aveva insegnato quel trucco, che gli aveva salvato la vita in più di un’occasione. Quello di avvelenarle era stato un suggerimento del suo padrone, ed era stato lo stesso Antico Signore a fornirgli la pozza di acqua avvelenata nella contea di Solano, a Nord della città. Il piano era sterminare l’esercito di ragni e uccidere Areop-Enap. Ed era quasi riuscito. I ragni erano tutti morti, e l’Antico Signore stava quasi per soccombere. Ma all’ultimo momento qualcosa aveva attirato le mosche altrove, e l’enorme sciame si era allontanato in una gigantesca nuvola pulsante.

Nel liquido oleoso della ciotola il giovane aveva visto il bagliore bianco-argenteo dell’aura di Perenelle, e aveva capito che era stata lei la causa. Piegò il volto sottile in una smorfia e si morse il labbro, innervosito. Gli avevano assicurato che la donna era debole, incapace di ricorrere in alcun modo ai propri poteri. Evidentemente, quell’informazione era sbagliata.

Il liquido denso cominciò a ribollire e a intorbidirsi, poi a sibilare e a evaporare. L’incantesimo di divinazione aveva vita breve. Scivolando giù dal cofano, il giovane gettò a terra quello che rimaneva del liquido, quindi pulì accuratamente la ciotola con una bottiglia d’acqua e l’asciugò con un panno di camoscio prima di riporla nel bagagliaio, sistemandola con delicatezza in una piccola custodia di metallo imbottita. La ciotola era uno degli oggetti più preziosi che possedeva, e non si era mai sognato di venderla, nemmeno nei momenti di miseria più nera.

Seduto sul sedile di pelle rossa dell’auto, aprì una busta gialla e lesse il dossier che gli era stato inviato con un’e-mail criptata. Un uomo canuto e dall’aria severa lo scrutava truce da una foto in bianco e nero. Stava attraversando la strada. La Torre Eiffel si stagliava sopra i tetti sullo sfondo, e la data stampata in un angolo dell’immagine rivelava che la foto era stata scattata alla vigilia di Natale, sei mesi prima.

Pigramente, il giovane si interrogò sul perché gli Oscuri Signori stessero tenendo d’occhio uno dei loro agenti più fidati. Quello era l’uomo che gli avevano mandato dall’Europa: l’immortale Niccolò Machiavelli. Le istruzioni degli Oscuri Signori erano inequivocabili: a Machiavelli doveva essere garantita la massima assistenza. Il giovane si chiese se l’italiano somigliasse a John Dee. Aveva incontrato l’inglese solo di sfuggita, ma non gli piaceva affatto; era uno di quegli arroganti immortali europei che si credevano superiori a tutti, solo perché erano più vecchi degli Stati Uniti.

Ma mentre studiava il dossier di Machiavelli, il giovane scoprì che quell’uomo cominciava ad andargli a genio. Spietato, astuto e intrigante, era descritto come l’uomo più pericoloso d’Europa.

Lo avrebbe aiutato, naturalmente. Aveva scelta, forse? Opporsi agli Oscuri Signori significava avere voglia di morire. Tuttavia, per quanto lo riguardava, non pensava di avere bisogno di lui.

Gettando il dossier a terra, il giovane girò la chiave e accese il motore, pigiò sull’acceleratore e ruotò il volante: la macchina slittò di coda e disegnò un semicerchio, sollevando una scia di polvere e ghiaia.

Billy the Kid non aveva mai avuto bisogno di nessuno.

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 3. L'Incantatrice
000_cover.xhtml
001_il-libro.xhtml
002_l-autore.xhtml
003_frontispiece.xhtml
004_dedication.xhtml
005_preface.xhtml
006_part-1.xhtml
007_chapter-1.xhtml
008_chapter-2.xhtml
009_chapter-3.xhtml
010_chapter-4.xhtml
011_chapter-5.xhtml
012_chapter-6.xhtml
013_chapter-7.xhtml
014_chapter-8.xhtml
015_chapter-9.xhtml
016_chapter-10.xhtml
017_chapter-11.xhtml
018_chapter-12.xhtml
019_chapter-13.xhtml
020_chapter-14.xhtml
021_chapter-15.xhtml
022_chapter-16.xhtml
023_chapter-17.xhtml
024_chapter-18.xhtml
025_chapter-19.xhtml
026_chapter-20.xhtml
027_chapter-21.xhtml
028_chapter-22.xhtml
029_chapter-23.xhtml
030_chapter-24.xhtml
031_chapter-25.xhtml
032_chapter-26.xhtml
033_chapter-27.xhtml
034_chapter-28.xhtml
035_chapter-29.xhtml
036_chapter-30.xhtml
037_chapter-31.xhtml
038_chapter-32.xhtml
039_chapter-33.xhtml
040_chapter-34.xhtml
041_chapter-35.xhtml
042_chapter-36.xhtml
043_chapter-37.xhtml
044_chapter-38.xhtml
045_chapter-39.xhtml
046_chapter-40.xhtml
047_chapter-41.xhtml
048_chapter-42.xhtml
049_part-2.xhtml
050_chapter-43.xhtml
051_chapter-44.xhtml
052_chapter-45.xhtml
053_chapter-46.xhtml
054_chapter-47.xhtml
055_chapter-48.xhtml
056_chapter-49.xhtml
057_chapter-50.xhtml
058_chapter-51.xhtml
059_chapter-52.xhtml
060_chapter-53.xhtml
061_chapter-54.xhtml
062_chapter-55.xhtml
063_chapter-56.xhtml
064_chapter-57.xhtml
065_chapter-58.xhtml
066_chapter-59.xhtml
067_chapter-60.xhtml
068_chapter-61.xhtml
069_chapter-62.xhtml
070_chapter-63.xhtml
071_chapter-64.xhtml
072_chapter-65.xhtml
073_chapter-66.xhtml
074_chapter-67.xhtml
075_chapter-68.xhtml
076_chapter-69.xhtml
077_chapter-70.xhtml
078_epilogo.xhtml
079_nota.xhtml
080_acknowledgments.xhtml
081_copyright.xhtml