CAPITOLO QUARANTANOVE
Tuando il sole era tramontato, la temperatura si era abbassata in fretta, e la brezza che sferzava la Baia di San Francisco adesso era fredda e salata. Dall’alto della torre di guardia che sovrastava il molo, Perenelle scrutò l’isola. Anche se indossava diversi strati di vestiti e si era avvolta con tutte le coperte che aveva raccolto nelle celle, si sentiva congelare. Aveva le dita dei piedi e delle mani così intorpidite da non sentirle quasi più, e aveva dovuto mordere una coperta ammuffita per impedirsi di battere i denti. Non osava attingere alla sua aura per riscaldarsi: la sfinge si era liberata dalla tomba di ghiaccio e si aggirava per l’isola.
Perenelle si era avvicinata al bozzolo di Areop-Enap sperando in qualche segno di vita, poi aveva sentito nell’aria marina l’odore inconfondibile della sfinge, un miscuglio rancido di serpente, leone e piume muschiate. Un istante dopo Juan Manuel De Ayala le era apparso accanto.
— Lo so — esordì la Fattucchiera, prima che lo spettro dicesse alcunché. — È tutto pronto?
“Sì. Ma ci abbiamo già provato…”
Il sorriso di Perenelle era smagliante. — Le sfingi sono potenti e terrificanti… ma non molto sveglie. — Si strinse una coperta sulle spalle e rabbrividì per il freddo. — Dov’è adesso?
“Sta perlustrando i ruderi della casa del guardiano. Deve esserci rimasta una traccia del suo odore. Senza offesa, madame” si affrettò ad aggiungere lo spettro..
— È una delle ragioni per cui ho scelto di passare la notte all’aperto. Spero che le raffiche di vento spazzino via qualsiasi odore.
“È un buon piano” concordò De Ayala.
— E come le sembra la creatura? — La Fattucchiera diede dei colpetti affettuosi allo spesso bozzolo di Areop- Enap e si allontanò in fretta.
Il fantasma sorrise, deliziato. “Infelice.”
La sfinge sollevò una grossa zampa e la posò a terra con cautela, trasalendo quando una sensazione non familiare – una fitta dolore – le pulsò sulla gamba. Non provava dolore da almeno tre secoli. I tagli sarebbero guariti e i lividi sarebbero svaniti alla svelta, ma il ricordo del suo orgoglio ferito non sarebbe mai scomparso. Era stata sconfitta. Da una figlia degli homines.
Gettando indietro il collo sottile, la sfinge inspirò profondamente, e una lunga lingua nera e biforcuta guizzò fuori, tastando l’aria. Percepì una traccia, una lievissima suggestione di homines. Ma quell’edificio era senza il tetto, aperto alla furia degli elementi e costantemente spazzato dalla brezza marina. La traccia era molto debole; la figlia degli homines era stata lì.
La sfinge si avvicinò con passo felpato alla finestra. La lingua biforcuta assaggiò i mattoni: la Fattucchiera aveva posato la mano in quel punto. La testa della sfinge si voltò verso il grande squarcio nel muro: e poi la donna era uscita nella notte…
Lo splendido volto umano della sfinge si aggrottò. Accostandosi le malconce ali d’aquila al corpo, attraversò lo squarcio e uscì nella notte gelida. Non riusciva a percepire l’aura della Fattucchiera. E nemmeno la sua carne.
Eppure Perenelle Flamel doveva essere sull’isola; non poteva essere fuggita. La sfinge aveva visto le Nereidi in acqua e aveva avvertito l’odore di pesce del Vecchio del Mare. Aveva anche intravisto la Dea Corvo appollaiata come una brutta banderuola in cima al faro; tuttavia, anche se aveva provato a chiamarla in molte lingue, inclusa la lingua perduta di Danu Talis, la Dea Corvo non aveva risposto. La sfinge non era preoccupata; alcune creature della Nuova Generazione, come lei, preferivano la notte; altre camminavano alla luce del sole. La Dea Corvo probabilmente dormiva.
Nonostante le sue dimensioni, la sfinge si mosse agilmente lungo il molo, con gli artigli che ticchettavano sulle pietre. E lì colse un lievissimo soffio di homines, un odore di sale e carne.
E poi la vide. Un guizzo, un’ombra, un fremito di capelli neri e di un abito fluttuante.
Con un acuto e terrificante grido di trionfo la sfinge si lanciò dietro alla donna. Stavolta non sarebbe fuggita.
Dalla sua posizione strategica in cima alla torre di guardia Perenelle osservò la sfinge che si gettava all’inseguimento di un fantasma: la moglie di un vecchio guardiano dell’isola.
Un vaghissimo accenno del volto di Juan Manuel De Ayala comparve nella notte, poco più di un’increspatura scintillante nell’aria. “I fantasmi di Alcatraz sono in posizione. Condurranno la sfinge fino all’altro capo dell’isola e la terranno occupata lì per il resto della notte. Adesso riposi, madame; dorma se può. Chissà cosa ci riserverà il domani.”