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Ginevra.

Ora locale 23:20.

 

Sybilla Andrews chiuse il computer portatile appena ebbe finito di leggere l’e-mail. Era in preda a sensazioni contrastanti. Si massaggiò le tempie con i polpastrelli e chiuse gli occhi, il respiro affannoso.

Si trovava nella piccola cucina del suo appartamento ed era collegata alla rete intranet della SunriseX. Il fatto di essere la segretaria personale di Greenidge aveva i suoi vantaggi, visto che le dava accesso completo al suo computer… e a ciò che conteneva. Non era la prima volta che si collegava da casa: grazie alla sua intraprendenza già in passato aveva potuto fornire elementi fondamentali per Ararat. Ma questa volta era diverso: il progetto non esisteva più e il Protocollo Fenice era a uno stadio così avanzato che difficilmente avrebbe potuto bloccarli. Ma forse c’era una buona notizia…

Spense il cellulare con la SIM slovena irrintracciabile, con il quale si era collegata a internet, e si diresse alla finestra. Cercò di ricapitolare mentalmente ciò che aveva scoperto.

Il mittente anonimo, lo stesso con il quale Greenidge aveva definito le fasi del progetto in passato, diceva che sei milioni di dosi del vaccino erano già in viaggio per la Sierra Leone. Se aveva correttamente interpretato il messaggio, il nuovo virus stava già dilagando a macchia d’olio. E non si trattava dell’Ebolavirus diffusosi nel 2001 e nel 2003. Il VP24, l’Ebola che tutti conoscevano, non si propagava così facilmente: non era come una normale influenza che attaccava per via aerea, attraverso le particelle contenute negli starnuti o nei colpi di tosse. Viveva nel vomito, nella diarrea e nella saliva. Il contatto non era quindi facile, visto che doveva avvenire tramite tali fluidi.

Il virione del VP25 – il nuovo ceppo che si stava ora diffondendo – era invece molto più aggressivo. Per sopravvivere non aveva neppure bisogno di insinuarsi all’interno della cellula: si cristallizzava e attendeva il momento opportuno per colpire. Una sua diffusione capillare sarebbe stata catastrofica. I governi degli Stati africani, incapaci di contenerlo, presto avrebbero chiesto aiuto alla SunriseX. L’idea di vaccinare preventivamente la popolazione civile, in un primo momento scartata, sarebbe quindi diventata l’unica alternativa percorribile.

Sybilla deglutì, puntando lo sguardo su un’auto nera che sostava poco lontano dalla sua finestra. Aprì i vetri per inspirare una boccata d’aria e continuò a riflettere.

La cosa peggiore, in tutta quella vicenda, era che la vaccinazione di tutti, indistintamente, non sarebbe stata neppure necessaria. L’Adenovirus sviluppato dalla SunriseX, in grado di immunizzare contro il nuovo Ebola, sarebbe stato diffuso da ogni singolo vaccinato, che avrebbe fatto da portatore sano. Più dosi fossero state somministrate, più il contagio si sarebbe propagato a macchia d’olio. Stando ai dati che aveva letto, il virus si sarebbe riprodotto nella zona subsahariana nel giro di due settimane. Tutta l’Africa sarebbe stata colpita nel giro di un mese e il passaggio all’Europa e alle Americhe sarebbe stato ancora più repentino.

In quel marasma di pessime notizie c’era però un piccolo spiraglio, del tutto imprevisto e inaspettato.

“Sembra esistesse un secondo laboratorio”, diceva l’e-mail inviata a Greenidge. Sybilla non sapeva della sua esistenza, ma era perfettamente logico pensare che Catilina avesse voluto verificare gli esiti dei suoi esami. Probabilmente, neppure De Lestes in persona ne era a conoscenza.

«Ogni anello della catena è indipendente», usava dire il monsignore. Ottimo sistema per evitare che nel caso in cui un anello debole venisse scoperto, si portasse nel baratro anche gli altri. Forse, quell’organizzazione a compartimenti stagni poteva rappresentare l’unica via di fuga.

«Un secondo laboratorio», si ripeté, grattandosi il capo con una matita. Non aveva idea di dove fosse e di come avrebbe fatto a rintracciarlo. Di una cosa però era certa: dovunque si trovavano, i colleghi di Catilina avrebbero avuto bisogno di un campione biologico.

C’era solo una speranza e passava per l’unico sopravvissuto dell’Amazzonia, un missionario mezzosangue, per metà Awá. Era stata lei a dirgli di nascondersi, di mettersi al riparo in attesa di decidere cosa fare. Non aveva idea che gli eventi sarebbero precipitati così repentinamente né che sarebbe stata in grado di formulare un piano con altrettanta velocità. Ma come un’oasi che appare all’improvviso dietro a una duna, così le era successo. Adesso finalmente aveva un’idea…

Tornò al tavolo della sua cucina e aprì nuovamente il computer portatile. Come di consueto collegò il cellulare a internet e lanciò la chat criptata.

“Connessione…”.