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Roma.
11:35.
«Non so lei, ma io ho paura». Seduto nella sala riunioni dei carabinieri, Nobile si fregava le mani nervosamente. Grazie al provvidenziale intervento degli agenti, l’inseguitrice si era dileguata approfittando della confusione in piazza di Trevi. Loro, completamente zuppi e impauriti, erano stati tratti in salvo e accompagnati nel Comando della vicina piazza di San Lorenzo. E adesso erano lì, soli, in attesa che arrivasse un militare per verbalizzare le loro dichiarazioni.
«Le dico la verità, Nobile, non è il solo». Veneziani, in piedi con le spalle alla finestra, si carezzava i capelli canuti. Come il suo compagno di disavventura si era cambiato e ora indossava una tuta da ginnastica nera con il logo dell’Arma. «E aggiungo che se non ci fosse stato lei, adesso probabilmente sarei all’obitorio. Mi ha salvato la vita».
L’ex ambasciatore si sforzò di sorridere. Subito dopo socchiuse gli occhi.
«Abbiamo a che fare con qualcosa di grosso», proseguì il PM, un filo di voce. Anche se ufficialmente non si occupava più del caso, l’accaduto lo aveva messo di fronte alla dura realtà: qualcuno aveva provato a ucciderlo. Doveva capire chi. «Questa è gente che non si ferma davanti a nulla. Gente che non ha problemi a sparare in un luogo frequentato o che, come nel suo caso, controlla i media».
«Non solo i media!», aggiunse Nobile. «Non so a che livello, ma è qualcuno che riesce a manipolare anche le decisioni politiche: il presidente del Consiglio mi aveva avvisato, quasi minacciato, direi, di smettere di indagare».
«Ma indagare su cosa?». Il PM lo domandò a se stesso, più che al suo interlocutore. «Gli eventi sono andati molto al di là dell’inchiesta sulla morte di Domianello e Valvano. Ci sono di mezzo poteri forti che stanno facendo di tutto affinché non ci interessiamo dei loro affari».
Ci fu un secondo di silenzio, durante il quale Nobile prese a tamburellare con il piede per terra. Se aveva avuto ancora speranze di poter uscire dal pasticcio in cui si era cacciato, l’inseguimento di poco prima le aveva del tutto cancellate. Non c’era modo di cavarsela, se non cercando di capire contro chi aveva a che fare. «Siamo nei pasticci e dovremmo mettere tutte le carte in tavola. Solo così abbiamo qualche speranza di salvare la pelle».
«Cosa intende dire?»
«Che non sono stato del tutto onesto durante il nostro ultimo incontro».
«Su cosa? Sulla crociera?».
Nobile annuì. «Non è vero che ho saputo della morte di Domianello solo al rientro da Civitavecchia». Quelle parole gli uscirono dalla bocca quasi con naturalezza. Era come se all’improvviso si fosse tolto un grosso peso dallo stomaco. «Il Pezza era con me quando è stato ucciso. Avevamo conosciuto alcune ragazze e, probabilmente, una di loro è l’assassina».
Veneziani lo fissò, in attesa che proseguisse.
«È una russa, appariscente, occhi verdi, fisico prorompente».
«Vada aventi».
«È la stessa donna che ci ha inseguito a fontana di Trevi!». Nobile deglutì.
«Ha ucciso anche Valvano?», ipotizzò il PM.
«È possibile. L’aveva presentata lui a Domianello: non ne sono certo ma forse la conosceva».
«Valvano aveva rubato il cellulare di Domianello per impossessarsi di un gruzzoletto in Bitcoin», aggiunse il magistrato. «Da quanto mi hanno spiegato, i soldi elettronici sono collegati direttamente al dispositivo che li contiene: questo spiegherebbe il furto del Next. Stando a quello che mi dice, la ragione per cui è stato ucciso potrebbe però essere un’altra: se la donna è un killer professionista, non poteva permettersi che ci fossero testimoni in grado di riconoscerla».
«Io avrei potuto fare la stessa fine…», assentì Nobile, scuotendo il capo. Ripensò all’inseguimento in moto che l’aveva visto protagonista.
«Questo ci dà la certezza che la pista su cui mi sono mosso è quella giusta». Veneziani sospirò, pensoso. «Le morti di Domianello e monsignor De Lestes, finanziatore del progetto Ararat, sono connesse a quanto ci sta succedendo».
Nobile non sapeva di De Lestes, ma il nome “Ararat” lo scosse visibilmente. Oltre ad aver visto in faccia Ylenia, aveva anche lui saputo del progetto: due ottimi motivi per volerlo morto. «Ararat ha a che fare con una multinazionale svizzera: la SunriseX International».
Veneziani si lasciò sfuggire un sorriso sardonico. «Nobile, ho come l’impressione che lei sappia molto più di quanto mi ha detto fino a ora».
«Appena rientrato dalla crociera», ricordò l’ex ambasciatore, «ho decodificato un messaggio ricevuto da Leonardo. Mi ha portato su un sito internet in cui ho trovato una specie di lettera d’addio: un certo Catilina menzionava il progetto Ararat».
«Anche i miei uomini hanno decodificato lo stesso messaggio: sembra che abbia a che fare con alcuni vaccini sul virus Ebola».
«Cercando su internet ho trovato vari articoli al riguardo», lo interruppe Nobile, seguendo il ragionamento. «Pare che la SunriseX abbia vinto un appalto per produrre milioni di dosi di vaccini contro l’Ebola».
«È così, infatti. C’è un problema però: i casi di Ebola, per quanto pericolosi, fino a oggi sono stati poche migliaia. Perché produrre così tante dosi?»
«Qualcuno dice che vorrebbero somministrarli a livello preventivo». Nobile scosse il capo e poi si lasciò cadere sullo schienale della sedia. «Ma se non c’è una nuova minaccia, non ce n’è alcuna esigenza. Forse sanno qualcosa che noi non sappiamo…».
«Che non avremmo dovuto sapere», lo corresse il PM. «Il rapporto dell’OMS lo ha letto anche lei: parla di una variante del virus Ebola. Sembra abbia appena cominciato a diffondersi».
Nobile si accorse che ancora stava tamburellando con la gamba. Scattò in piedi. «C’è un dettaglio che non torna: stando a quanto ho letto la produzione del vaccino risale a diversi mesi fa, mentre i nuovi casi sono recentissimi. Come poteva, la SunriseX, sapere con così grande anticipo che si sarebbe diffuso un nuovo virus?»
«Ottima domanda. E forse è proprio questo il punto». Il PM si voltò in direzione della cupola di San Pietro, appena visibile dietro i palazzi oltre il Tevere. «Le nostre indagini ci portano a una conclusione logica: gli unici a guadagnarci da una nuova epidemia sono i titolari del vaccino».
«Sta dicendo che hanno creato loro il nuovo virus?». Nobile non parve troppo stupito dalla supposizione di Veneziani.
«È una possibilità», suggerì quest’ultimo. «Secondo Catilina, qualunque cosa hanno intenzione di fare, hanno appena cominciato. E se aggiungiamo che i vaccini sono stati appena prelevati dal luogo dove erano depositati il quadro è completo».
«Leggendo la lettera di Catilina ho avuto la sgradevole impressione che la situazione fosse disperata».
«Il nome Catilina richiama un cospiratore… magari era qualcuno che cercava di ostacolare i piani della SunriseX e per questo si sentiva in pericolo». Veneziani parve dubbioso. «In ogni caso, la lettera si conclude dicendo di proteggere la Missione Ararat».
«La lettera non dice esattamente così», lo corresse Nobile. «“Proteggete la Missione: per Ararat l’Amazzonia diventa di fondamentale importanza”. Sono queste le parole esatte. La “Missione” è certamente connessa ad Ararat, ma non parla della stessa cosa!».
Veneziani rifletté sulle parole di Nobile. «Un dato comunque è certo: chi ha avuto a che fare con Ararat, a cominciare da Domianello, è stato ucciso o tolto di mezzo in altro modo. Visto che qualcuno ci sta aiutando per farci avvicinare alla verità, dobbiamo chiederci una cosa soltanto: cos’è, esattamente, Ararat?».
Nobile si spostò di qualche passo.
“Denominatore comune”.
Era incerto se condividere le informazioni che aveva ottenuto il giorno prima al telefono con New York. Le stesse, probabilmente, che lo avevano fatto rimuovere dalla sua carica. Decise che ne valeva la pena.
«Forse, alle Nazioni Unite, c’è una persona che ci può aiutare a capirlo».