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Roma.

08:29.

 

Mentre le voci dei giornalisti in strada si affievolivano, Nobile mise la mano sullo sportello e aprì la portiera. I due commessi che gli avevano permesso di entrare stavano armeggiando con il cancello. Il cortile era vuoto.

Fece alcuni passi in direzione dell’ingresso e per un istante barcollò. Sembrava appena sceso da una nave. Si sentiva come una bottiglia in balia delle onde, senza nessuna idea di cosa fare.

Cercò di venire a patti con ciò che sapeva, o che credeva di sapere: tutto era successo a causa dell’Ebola, di case farmaceutiche invischiate in affari poco chiari e vaccini obbligatori. L’intera vicenda gli sembrava un palazzo di cento piani, di cui lui riusciva a vedere solo i primi due o tre. L’unica certezza era che già in molti erano morti. Altri, come lui, erano stati invece messi fuori combattimento dai media.

Più ci rifletteva, però, meno ne comprendeva la ragione. Dopotutto, se si eccettuava la soluzione al rompicapo di Ararat, con la lettura dello strano messaggio di Catilina, non poteva dire di aver fatto scoperte sensazionali o compromettenti. Il PM Veneziani lo aveva ascoltato, era vero, ma dal colloquio non gli pareva ci fossero elementi concreti su cui indagare.

E allora perché?

“Se ti dimentichi in fretta di questa storia sono sicuro che tutto si sistemerà”. A cosa era servita la chiacchierata con Signorini se la stampa l’aveva aggredito ugualmente?

Il presidente del Consiglio era un bugiardo patentato fin dai tempi della scuola. Era probabile che gli avesse mentito, su una o anche su tutte le cose che gli aveva detto. Ma non era uno stupido: sperava che con il loro colloquio avrebbe sistemato le cose. Nel breve lasso di tempo tra la sua visita in Toscana e l’avvio delle rotative dei giornali, doveva quindi essere successo qualcosa di imprevisto… Improvvisamente il pensiero andò al suo viaggio di ritorno dal Chianti. In quel frangente aveva fatto qualche ricerca dal telefono e poi un paio di telefonate a New York. E se…? Era possibile che loro si fossero sentiti minacciati da qualcosa che lui aveva scoperto? Era quella la ragione per la quale era stato scatenato quel ciclone mediatico?

Questa ipotesi si basava su un presupposto che apriva scenari inquietanti: se avevano saputo delle sue ricerche sui vaccini, allora forse significava che il suo smartphone era sotto controllo.

Ci sono persone a cui stai complicando la vita con il tuo comportamento.

Alla luce di quell’eventualità tutto sembrava avere più senso. In effetti, la lettera di Catilina era stata visualizzata per la prima volta dal suo telefono. Forse era stato quel gesto, a metà tra la curiosità e la voglia di cercarsi un alibi, che aveva innescato tutto. La sua ricerca in auto aveva semplicemente dato un’accelerata…

Era così. Più ci rifletteva, più si convinceva di avere ragione. La SunriseX – che dalle sue ricerche rappresentava il denominatore comune degli elementi che aveva in mano – si era sentita in qualche modo minacciata. Non sapeva esattamente per cosa ma le sue ricerche potevano essere un indizio.

Improvvisamente ebbe un sussulto, come se avesse infilato il dito in una presa di corrente. La SIM. Doveva togliere la SIM dal telefono: forse anche adesso monitoravano via GPS i suoi spostamenti, oltre che le sue conversazioni.

Così fece. Mentre saliva lo scalone di marmo del palazzo, estrasse con le mani tremanti il dispositivo dalla tasca. Si fermò sul pianerottolo e, rimossa la batteria, espulse la SIM card. La osservò per qualche istante nel palmo sudato e poi la gettò via con un gesto di stizza.

E adesso cosa doveva fare? La stampa l’aveva lapidato ma forse c’era ancora qualche carta che poteva giocare. Poteva chiamare qualche amico. L’importante era fingere che tutta quella vicenda non lo riguardasse più.

«Ok, Nic», si spronò. «Non te ne importa nulla!». Ma poi, senza volerlo gli tornarono in mente le parole di Catilina: “sappiate che da ora anche ciascuno di voi è in pericolo”. C’era un senso d’urgenza in quella lettera, scritta da un uomo ormai condannato a morte. Per un istante si domandò se il pericolo era riferito a chi aveva a che fare con quel “progetto Ararat” oppure se riguardava anche altri.

Pandemia.

Deglutì al solo pensiero. Stando al documento dell’OMS, sembrava che una nuova pandemia fosse alle porte…

Raggiunto il suo ufficio varcò la soglia, pronto a buttarsi sulla chaise-longue. Era stanco di articoli, ricerche, riflessioni e voleva soltanto chiudere gli occhi per qualche minuto. In quel momento, però, una busta verde sulla scrivania attirò la sua attenzione: era poggiata sulla tastiera del computer, impossibile non notarla. Vedendo i timbri rossi, un rospo gli salì in gola.

Si avvicinò circospetto: come temeva proveniva dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La aprì con foga e cominciò a leggere.

“Egregio dott. Nobile, sono spiacente di comunicare che a seguito dei recenti fatti, cautelativamente, il suo incarico è revocato con decorrenza immediata…”.

“Cautelativamente un cazzo”.

Chiuse gli occhi, il fiato corto come dopo una maratona.

Era finita. Quello era il colpo di grazia: dopo la vita privata e la faccia, adesso aveva perso definitivamente anche la carriera.

Infilò la chiave nella serratura della scrivania ed estrasse una bustina trasparente di coca. La teneva per le emergenze e quella certamente lo era. La rovesciò su uno specchietto e preparò tre strisce, che inspirò avidamente con l’aiuto di una banconota.

“Molto, molto meglio”.

Si lasciò cadere sulla poltroncina e per un istante rimase immobile, sfinito.

Poi improvvisamente ebbe un’illuminazione. Un uomo che forse poteva essergli utile c’era…

Cosa aveva da perdere?

Barcollando, uscì di gran carriera dalla sua stanza, i tacchi che rimbombavano nel silenzio del corridoio. Entrò in quella della segretaria pulendosi le narici con il dorso della mano e sfoderando il suo sorriso affabile.

«Maria, mi presti il tuo cellulare?», disse alla donna, appollaiata su uno sgabello dietro il bancone.

Lei lo guardò con occhi da felino e sorrise, porgendo un bel Next M2.

«Devo solo inviare un messaggio», spiegò Nobile, che nel frattempo aveva estratto dal portafoglio il biglietto da visita di Zeno Veneziani. Rifletté su cosa scrivere per evitare di lasciare troppi indizi e poi compose il messaggio.

 

Ho una teoria su Muso e Pezza. Ho bisogno di incontrarla. Domattina alle 11 a fontana di Trevi. Doppia N.