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Ginevra.
18:25.
Nessuna notizia.
Ancora nessuna notizia.
Sybilla Andrews si massaggiò le tempie, sprofondando nei cuscini della poltroncina.
Avevano fatto terra bruciata.
Era inutile, Davide era stato sconfitto dal gigante Golia. In tutti i sensi…
Chiuse la chat criptata e si alzò dalla scrivania dell’ufficio.
Per la centesima volta, fissando il sole rosso sospeso sul lago, si domandò cosa poteva fare. Cosa doveva fare.
Da quando era stata catapultata in quella vicenda, era il momento più nero. Catilina era stato scoperto e monsignor De Lestes era stato coinvolto in uno strano incidente. Ararat, che lei aveva contribuito a costruire, di fatto non esisteva più. Sembrava che tutto dovesse finire lì: non aveva più nessuno da poter contattare o al quale chiedere aiuto.
«I peggiori sono quelli che vivono nel mezzo. Non scelgono. Non si sbilanciano», ricordò le parole che le ripeteva sempre il signor Trelawney, suo padre putativo. «Non fanno mosse pur di non fare sbagli».
E lei, all’età di trentatré anni compiuti, di sbagli ne aveva fatti moltissimi. Alcuni causati dal suo carattere deciso e a volte incostante, altri a causa degli ostacoli che la vita le aveva messo di fronte.
Nata a Orlando, in Florida, da un giudice della Corte d’Appello e da un’insegnante, era stata colpita duramente dalla vita. Il giorno di Natale di molti anni prima, quando aveva solo cinque anni, suo padre aveva lasciato sua madre per fuggire con la segretaria, incinta.
A distanza di un’intera vita ricordava alla perfezione quel giorno: era scesa dalle scale della loro bella villetta e aveva capito immediatamente ciò che stava accadendo.
«Non andare, non lasciarmi», gli aveva urlato, aggrappandosi al suo cappotto come un koala. Lui l’aveva osservata e delicatamente l’aveva allontanata, imboccando l’uscio e non tornando mai più.
Da quel dramma, sua madre non era stata in grado di riprendersi. Si erano trasferiti nel Sud Carolina ma a causa delle continue depressioni, Sybilla e suo fratello Gabriel erano stati affidati ai vicini, l’evangelista Trelawney e sua moglie.
Era stato proprio il religioso a spingerla a domandarsi sempre il perché delle cose e ad alimentare la sua grande curiosità. E anche dopo che i Trelawney l’avevano data in affidamento a Eleonor e Patrick Silver, due missionari di ritorno dall’America latina, erano rimasti in contatto.
Il periodo successivo era stato forse il peggiore della sua vita, con la matrigna che la fulminava con i suoi occhietti sfuggenti. La donna, che credeva in una rigida disciplina, aveva ottenuto il solo risultato di far ricoverare Sybilla in un ospedale psichiatrico.
Anche in quel frangente il signor Trelawney le era rimasto vicino e, grazie a lui, una volta uscita aveva potuto iscriversi al prestigioso Davidson College. Laureandosi con il massimo dei voti, nel 2009 si era poi trasferita in Europa dove era stata assunta alla SunriseX International. Un impiego di prestigio dove Sybilla era convinta che avrebbe potuto aiutare il prossimo.
«I peggiori sono quelli che vivono nel mezzo. Non scelgono. Non si sbilanciano». Lei aveva scelto: aveva ascoltato Christopher Kundé.
E adesso si trovava sola a dover giocare un ruolo che mai avrebbe creduto possibile.
Respirò a fondo, fregandosi le mani per l’ansia. Il cielo sopra il campus adesso era striato di rosso, come una ferita sanguinante.
Ararat, per come lo conosceva, era compromesso. Il laboratorio che stava lavorando al vaccino era stato annientato e le provette distrutte. Ma non tutto era andato perduto: un campione preso dal missionario dell’Amazzonia si era salvato. In attesa di definire un piano, intanto doveva tenerlo al sicuro. Ma come?
In quell’istante l’interfono sulla scrivania trillò.
«Sì?», gemette, scuotendo il capo.
«C’è una persona per il signor Greenidge», annunciò una voce giovane e maschile, con un tono lievemente effeminato.
«È in viaggio d’affari», riferì, stanca, Sybilla.
«È quello che gli ho detto io. Ma è un giudice italiano. Ho detto che forse potevo farlo parlare con lei… sembra sia urgente: riguarda un omicidio».
«Ok», borbottò. Il centralinista non passava per essere uno molto sveglio: avrebbe dovuto mandarlo via e basta… «Grazie, Renèe. Lo faccia accomodare».
Dieci minuti dopo, Zeno Veneziani era seduto di fronte a Sybilla in una sala riunioni di vetro e acciaio luccicante.
«Come le ho detto, non posso rispondere per conto dell’amministratore delegato», esordì, un po’ seccata, la donna, nel suo inglese con inflessione della costa Est. «Ho chiesto anche ai nostri avvocati e mi dicono che lei non ha alcuna autorità per pormi delle domande».
«Infatti considero questa sua ospitalità un gesto di cortesia», replicò Veneziani. A distanza di diverse ore, Nobile era ancora irreperibile e non lo aveva richiamato. Il PM si era però convinto che parte importante dell’indagine passasse dalla sede della SunriseX, citata nel rapporto: era così salito sul primo treno diretto a Torino e poi aveva raggiunto Ginevra attraverso il traforo del monte Bianco. «Ho già inoltrato i documenti ai colleghi svizzeri ma, poiché è urgente, nel frattempo speravo di poter scambiare qualche battuta con lei. Visto che fa parte dello staff del signor Greenidge, diciamo in qualità di “persona informata sui fatti”».
Sybilla sospirò. Le avevano insegnato a essere gentile – anche con quell’idiota di Renèe – e, in ogni caso, almeno si sarebbe distratta dai suoi problemi. «Il collega mi diceva che si sta occupando di un omicidio, in Italia».
Veneziani sfoderò il suo sorriso. Il riflesso della lampada disegnò un’ombra lungo il suo mento. «Esatto. Ha mai sentito nominare Leonardo Domianello o Fausto Valvano?».
La ragazza si irrigidì di colpo. Non aveva idea di chi fosse Valvano, ma Leonardo Domianello lo conosceva eccome: era l’archeologo che aveva trovato la tomba. Era anche grazie alla sua scoperta che era nato Ararat. Deglutì. «Chi sono?»
«Le due vittime. In qualche modo, la loro morte potrebbe essere connessa a un rapporto riservato dell’OMS, in cui venite citati anche voi». Veneziani fece scorrere il foglio sul tavolo e osservò attentamente la reazione della donna. «Questo rapporto».
Sybilla accavallò le gambe e accennò un sorriso che non aveva nulla di divertito. «Nonostante i vertici della SunriseX International siano informati», lesse con calma ad alta voce, «e Greenidge in persona comunichi che i vaccini sono in gran parte pronti, si suggerisce fin d’ora l’allerta per l’attivazione dei COMITATI DI CRISI previsti dal MSEHPA».
«Sa cos’è il MSEHPA?»
«Il Model State Emergency Health Powers Act», sintetizzò lei, interessata. «Il MSEHPA è il trattato secondo il quale, in caso di pandemia globale, i governi possono essere sciolti. A quanto mi è dato sapere non è stato mai applicato ma, in teoria, il potere verrebbe affidato a Comitati di Crisi che avrebbero la possibilità di imporre la legge marziale».
«Esattamente. Comprenderà quindi la ragione della mia fretta. Ha mai visto questo documento?», incalzò Veneziani.
La donna si accigliò. Mosse le labbra più volte e poi si limitò a scuotere il capo. «Quindi lei è qui perché si parla del dottor Greenidge?». L’AD era solo una pedina che eseguiva gli ordini. Lei lo sapeva molto bene, ma forse discutere di lui poteva rivelarsi utile.
«Non si parla solo di Greenidge, a dire il vero. Una parte importante del testo riguarda dei vaccini. Lei sa a quali si riferisce il rapporto?»
«Immagino quelli contro il virus Ebola», ribatté la ragazza, asciutta. «Non è un segreto che la nostra società ha depositato numerosi brevetti. A quanto ne so, abbiamo sviluppato l’unico vaccino testato e funzionante».
«È la stessa cosa che ho pensato io. Ho letto che alcuni governi vi hanno commissionato molte dosi, da somministrare anche a livello preventivo».
Dopo la riunione di quella mattina, il PM si era documentato su internet. Gli articoli che parlavano di Ebola e SunriseX erano numerosissimi. La maggior parte riportava semplicemente la notizia dell’appalto vinto dalla SunriseX. Altri, quelli più maligni e cospirazionisti, riferivano invece di una recente protesta avvenuta nella sede dell’OMS. In quel frangente, un gruppo di attivisti aveva mostrato uno strano cartello: NO SUNRISEX. NO FARMACI PREVENTIVI.
Era bastato indagare più a fondo per far emergere una teoria che l’aveva colpito: molti governi stavano pensando di vaccinare la popolazione prima che una nuova fantomatica pandemia si potesse diffondere su scala globale. Perfino l’ONU si sarebbe presto interessata della materia. In qualche modo quella strana ipotesi era connessa a ciò che aveva letto sul MSEHPA. La cosa più interessante era che, naturalmente, i vaccini sarebbero stati prodotti proprio dalla SunriseX. Anche se la notizia era stata smentita da più fonti, la mente gli era andata a quel fantomatico virus VP25.
«Di questo non so nulla», mentì Sybilla.
«Segua il mio ragionamento». Veneziani accavallò le gambe, come per dare l’impressione di sembrare più disinteressato. «Se vengono ordinate molte dosi di un vaccino per una malattia oggi poco diffusa, significa che qualcuno ipotizza un nuovo contagio su larga scala».
«Ho capito dove vuole arrivare: conosco le storie che girano su internet, sul fatto che la SunriseX avveleni il genere umano», aggiunse Sybilla, il petto ansante sotto la camicetta di Chanel. «È vero che qualche amico mi chiama Lucrezia Borgia solo perché lavoro qui… ma le posso assicurare che le voci che ha sentito sono decisamente esagerate».
«Stiamo parlando di milioni di dosi di vaccini…», rincarò la dose Veneziani. «Ci saranno contratti, bonifici, molti soldi in ballo. Sempre che, ovviamente, il pettegolezzo sia vero. Non ha mai sentito il dottor Greenidge discuterne? Non so: in una telefonata, in una riunione?». Fece una pausa. «Forse le mie vittime facevano parte degli attivisti contrari al progetto… o si erano in qualche modo opposte».
La ragazza scosse il capo, ma mentre cercava di concentrarsi sulle domande, un pensiero fisso cominciò a farsi strada in lei: padre Fernandes, il missionario superstite. Era possibile che una via di fuga si stesse disegnando proprio davanti ai suoi occhi?
«Posso farle un’ultima domanda?», sorrise Veneziani.
«Prego».
«Le dice nulla il nome Catilina? E progetti chiamati Fenice o Ararat?».