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Vaticano.
18:26.
«Ha dato lei l’ordine?». Padre Frasca aveva le gote rosse come se avesse appena bevuto. Camminava lentamente lungo un viale dei Giardini Vaticani, alle spalle della Pontificia Accademia delle Scienze. Di fronte a lui, le punte degli alberi in direzione della serra svettavano su un cielo punteggiato di nuvole striate di viola.
Klaus Vonn, appena rientrato da Ginevra, emise un grugnito e si fermò di colpo. «A volte ho come l’impressione che non condividi più il nostro progetto».
«Ha dato lei l’ordine?», ripeté il giovane, impaziente. Dopo aver saputo dell’incidente occorso a Nobile, l’uomo che aveva avuto accesso a Secure Cloud, si era sentito in dovere di andare in Vaticano.
«Ovviamente no», rispose il cardinale, stizzito. «E se devo dirla tutta, non credo che togliere di mezzo un ambasciatore delle Nazioni Unite sia la cosa più sensata da fare».
Frasca si voltò dalla parte opposta, incerto se credere alle parole di Vonn. Carezzandosi il mento glabro contemplò la facciata della Pinacoteca Vaticana. Anche da quella distanza, si vedeva qualcuno passeggiare nel Giardino Quadrato. «Mi rendo conto dell’importanza delle sette Chiese», spiegò poi, più accondiscendente. «Non sarei qui se pensassi il contrario».
«Mi fa piacere sentirlo».
«Ciò che non condivido sono i metodi dei nostri amici».
«Senza di loro il piano di Nostro Signore non avrebbe mai potuto realizzarsi».
«Non per questo dobbiamo tollerare i loro metodi. Stiamo parlando di innocenti. Ha visto anche lei le foto dell’Amazzonia».
Vonn mise le mani dietro la schiena e, inspirando la lieve brezza della sera, ricominciò a camminare tra le siepi. «Allora possiamo considerarci fortunati. Se non fosse stato per l’incidente con quel ciclomotore, Nobile sarebbe stato tolto di mezzo».
«Pare che alcuni testimoni abbiano raccontato alla polizia che stava scappando da una motocicletta che lo inseguiva».
«Niente inseguitore, niente colpevole».
«Sua eminenza!». Frasca scosse il capo, puntando lo sguardo sul viso grinzoso del cardinale. «Se si è salvato oggi non è detto che la prossima volta riuscirà a fare lo stesso. E sappiamo entrambi che ci sarà una prossima volta!».
A quelle parole Vonn scosse il capo e poggiò una mano colma di anelli sulla spalla del giovane direttore della Specola. «Puoi stare tranquillo. Non conviene a nessuno un altro cadavere su cui la polizia sarebbe costretta a indagare. Converrai con me, però, che non possiamo consentire che si ficchi il naso nei nostri affari. Soprattutto non ora che la macchina è stata avviata».
Il gesuita serrò gli occhi, senza rispondere.
La macchina è stata avviata.
Tremava al solo pensiero e non riusciva minimamente a immaginare le sue reazioni future, quando si sarebbe trovato davanti al fatto compiuto. Nel frattempo, però, pur non condividendo i metodi che stavano usando, sapeva che il cardinale aveva ragione: non potevano permettersi occhi indiscreti.
«Non è necessario che venga ucciso», aggiunse il cardinale, un sorriso appena accennato sulle labbra. «Ho già pensato a un sistema migliore per farlo tacere».
In quel momento, lo squillare sommesso di un telefono lo distrasse.
«Avevo detto di non disturbarmi», sbottò Vonn, stringendo il cellulare tra le dita.
L’interlocutore biascicò qualche parola che Frasca non riuscì a percepire, ma subito l’espressione del cardinale si fece più morbida.
«Tommaso Signorini?», si illuminò. «Bene. Me lo passi».
Udendo quel nome Frasca capì immediatamente: Tommaso Signorini era il nome del presidente del Consiglio italiano. Stava chiamando il cardinale.
“Un sistema migliore per farlo tacere…”. Il gesuita, per una volta, annuì convinto.