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Roma, 19 agosto.

10:55.

 

Come ogni giorno dell’anno, fontana di Trevi brulicava di turisti.

Dalla posizione in cui si era sistemato, Niccolò Nobile riusciva ad avere una visuale abbastanza completa. Si trovava sul lato est, appoggiato al parapetto e con le spalle rivolte a via della Stamperia. Di fronte a lui, a contemplare le sculture appena restaurate, stazionavano una scolaresca e alcuni gruppi di turisti orientali. Nella parte centrale, in corrispondenza della statua di Oceano, si era sistemato sui gradini un gruppetto di ragazzi con una chitarra. Nel lato opposto, tra le teste che si muovevano come in un alveare, riusciva a distinguere alcuni vigili urbani.

Non sapeva da quale parte Veneziani sarebbe arrivato e neppure se sarebbe arrivato. Se lo augurava: al punto in cui era, con il Governo che lo aveva rimosso dalla sua carica e la stampa che lo perseguitava, non aveva più molto da perdere. A parte la vita. E non era un’ipotesi poi molto fantasiosa. Soprattutto se rifletteva sulla sorte di tutti quelli che avevano avuto a che fare con quell’assurda vicenda.

Un’auto della polizia si immise nella piazza, dalla parte della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio. Nobile si alzò sulle punte, per riuscire a vedere oltre le bancarelle di venditori ambulanti. L’auto non si fermò. Non era Veneziani.

Sospirò. Almeno lì era al sicuro: per paura di attentati terroristici o di atti vandalici, carabinieri e polizia presidiavano quel luogo in forze.

Mentre fissava un’anziana che gettava una moneta nell’acqua rifletté. Cosa avrebbe detto al magistrato?

Il suo unico obiettivo era che il PM lo proteggesse, ma per convincerlo forse avrebbe dovuto raccontare del Pezza.

Scosse il capo. Di solito, come un giocatore di scacchi, era abituato a programmare le sue mosse. Era così che aveva sempre ottenuto ciò che voleva. Sapeva come agire e cosa aspettarsi dagli altri. Adesso però le cose erano cambiate: nel volgere di ventiquattr’ore il mondo gli era crollato addosso. Era in preda a un’incertezza che lo faceva sentire a disagio. E in più aveva paura…

All’improvviso notò in fondo alla scalinata un uomo distinto che avanzava deciso. Indossava un elegante abito di lino e teneva in mano una ventiquattrore. Era lui.

Nobile si spostò di qualche passo e, mentre si avvicinava per andargli incontro, rimase folgorato. Si fermò all’improvviso, con un piede su un gradino e la bocca semiaperta, incapace di respirare.

 

Veneziani si fece strada tra un nugolo di turisti. Scese al piano della fontana e cominciò a cercare con lo sguardo Niccolò Nobile. Non era affatto sicuro che trovarsi lì fosse la cosa migliore.

«Ho una pessima notizia», aveva annunciato al telefono, la mattina precedente, il maresciallo De Simone. E la notizia era un provvedimento del procuratore con il quale il caso sulla morte di Domianello e Valvano gli veniva tolto.

Ufficialmente, l’atto suonava come una specie di promozione: al posto di un banale delitto gli veniva assegnato il caso dei fondi neri ai partiti candidati alle ultime elezioni. La realtà era però che quel procedimento, in corso da almeno tre anni, non avrebbe mai visto la sua conclusione. Troppi politici da interrogare, troppe versioni contrastanti, troppi funzionari disposti a giurare il falso affinché nessun nome di rilievo finisse in tribunale.

Il caso della SunriseX gli era stato tolto per un’altra ragione: era andato troppo vicino a scoprire qualcosa di grosso.

Pur non indagando più ufficialmente su quell’inchiesta, aveva deciso di andare ugualmente all’appuntamento richiesto da Nobile.

Mentre camminava con il mento alto, facendo cadere lo sguardo sulle persone ferme ad ammirare la fontana, notò del movimento. Proveniva dalla parte dell’“asso di coppe”, e per capire meglio cosa stava accadendo si spostò di scatto.

 

Ylenia era a dieci metri da Veneziani: shorts color cachi, un cappellino con la scritta AS ROMA e vistosi occhiali da surf Maui Jim.

Era seduta sulla scalinata, dietro a un giovane con la chitarra. Le mani erano entrambe infilate nei pantaloncini, la destra con il dito sul grilletto della Glock 39.

Visto che le “buone maniere” imposte dal cardinale Vonn non erano bastate, i suoi capi dovevano essersi finalmente decisi. Soprattutto perché il PM era arrivato a ficcare il naso fino a Saseno. Non aveva indicazioni operative particolari su come sistemarlo, doveva però aspettare le 11. Stando a un messaggio intercettato, Veneziani a quell’ora avrebbe incontrato una persona. Prima di agire bisognava avere la certezza sulla sua identità.

E la conferma a ciò che aveva immaginato era arrivata in quell’istante.

Doppia N, il contatto che aveva scritto a Veneziani, era proprio Niccolò Nobile. Negli ultimi trenta secondi era rimasto appoggiato alla balaustra e adesso si era mosso.

A quel punto, i bersagli erano diventati due.

Si alzò in piedi, stingendo le dita attorno al calcio della pistola.