Capitolo LXXIII

Mrs Orme racconta tutto

Era tardi quando finì il secondo giorno di lavori e Mrs Orme e Lady Mason si ritrovarono nella carrozza a nolo di Hamworth. Erano rimaste sedute in tribunale dalle dieci del mattino fino alle sette di sera passate, con un breve intervallo di qualche minuto a metà giornata, e all’uscita cadevano dalla stanchezza. Lucius riaccompagnò fuori sua madre, e le espresse viva approvazione per l’arringa di Mr Furnival. Finalmente qualcuno aveva parlato chiaro nell’interesse di sua madre, e con il tono che andava adottato fin dal principio. Era stato molto in collera con Mr Furnival al pensiero che l’avvocato avesse perso di vista l’onore di sua madre e che stesse giocando con la sua felicità. Ma ora si sentiva di perdonarlo. Finalmente la verità era stata detta a chiare lettere, mentre i persecutori della madre erano stati apostrofati con un linguaggio adatto alle loro orecchie. Lucius aveva vissuto le ultime due ore come un trionfo, e mentre attraversava l’atrio del tribunale sussurrò all’orecchio della madre che ora, come sperava, i suoi guai erano finalmente al termine. 

Mentre attraversavano l’atrio era volato un altro sussurro. Mrs Orme uscì al braccio del figlio, ma accanto dall’altro lato aveva Mr Aram. Questi era rimasto seduto finché non avevano cominciato a muoversi, poi li aveva seguiti. Mrs Orme era già a mezza strada quando egli la raggiunse e le toccò delicatamente il braccio. 

«Prego?» fece lei, voltandosi. 

«Non lasciate che sia troppo certa», disse. «Non lasciate che sia troppo sicura di sé. Potrebbe anche non servire con una giuria». Poi levò il cappello e se ne andò. 

Potrebbe anche non servire con una giuria! Pur stentando a comprenderlo, sentì che, volendo agire secondo giustizia, non sarebbe dovuto servire. Mrs Orme non era d’animo polemico, né aveva un senso molto spiccato della vera giustizia. Una volta, quando Sir Peregrine lasciò intendere che sarebbe stato bene se la criminale fosse stata proclamata colpevole, perché in verità era colpevole, non si era affatto trovata d’accordo. Ma ora che aveva udito denunziare quegli sventurati testimoni, che sapeva quanto vere fossero le loro parole, e quanto false le assicurazioni di innocenza profuse da Mr Furnival, si era sentita come invasa dallo stesso spirito di Sir Peregrine, arrivando quasi a pensare che la giustizia esigesse un verdetto contro l’amica. 

«Non lasciate che sia troppo sicura di sé», aveva detto Mr Aram. Ma in verità Mrs Orme, ascoltando l’arringa di Mr Furnival, era stata quasi sicura dell’assoluzione di Lady Mason. Le era parso impossibile che dopo quell’arringa una giuria potesse proclamarla colpevole. L’aveva ascoltata con la morte nel cuore. La mano di Lady Mason era rimasta posata nella sua per quasi tutto il tempo; sarebbe stato naturale donare un po’ d’incoraggiamento alla sua compagna toccandola, stringendola lievemente, mentre dalla bocca del legale sgorgavano calde parole d’elogio. Ma come poteva, sapendo che erano false ? Le fu impossibile dimostrare la propria amicizia rallegrandosi con l’amica per la bugia riuscita. Lady Mason senza dubbio lo capì, giacché dopo un po’ ritirò la mano, ed entrambe ascoltarono in silenzio, ognuna tenendo per sé i propri sentimenti al riguardo. 

Ma mentre sedevano insieme in carrozza fu Lucius a dar sfogo ai suoi. «Non capisco perché non l’abbiano detto prima, e in maniera tale che risultasse convincente quanto oggi». 

«Immagino sia mancata l’occasione prima del processo», disse Mrs Orme, sentendosi in dovere di dire qualcosa, del pari sentendo quanto fosse impossibile parlarne sinceramente in presenza di Lady Mason e del figlio. 

«Ma andava creata», disse Lucius. «È mostruoso che mia madre abbia subito per mesi questa accusa e che nessuno prima d’ora abbia parlato chiaro per dimostrare che la sua colpevolezza è impossibile». 

«Ah, Lucius, tu non capisci», disse sua madre. 

«E non capirò mai, spero», ribatté. «Perché al termine dell’arringa di Mr Furnival la giuria non si è alzata subito in piedi proclamando il verdetto ? Perché aspetta, e prolunga questo fastidio di un altro giorno, pur sapendo benissimo quale verdetto esprimerà ? Per me è totalmente incomprensibile, visto che non servirà a un bel niente». 

E seguitò di questo passo, incitando in tutti i modi le due donne a trattare un argomento che in sua presenza andava evitato. Fu penoso per loro, poiché Lucius, rivolgendosi a Mrs Orme, quasi pretendeva da lei una qualche espressione di trionfo. «Se non altro voi avete creduto nella sua innocenza», disse infine, «e non vi siete vergognata di mostrarlo». 

«Lucius», disse sua madre, «siamo sfinite, non parlare adesso. Riposiamoci finché non siamo a casa». Poi chiusero gli occhi e il silenzio regnò finché la carrozza non si arrestò davanti alla porta d’ingresso di Orley Farm. 

Le due signore salirono immediatamente di sopra, ma Lucius, più allegro di quanto si fosse dimostrato nei mesi passati, rimase da basso a dare ordini per la cena. Gli aveva dato gioia udir svergognare Joseph Mason e Dockwrath, e ascoltare la vera storia di sua madre raccontata così a chiare lettere. Tutto quel torrente di sdegnata eloquenza gli era apparso come una enumerazione dei semplici fatti - dei fatti che risultavano a lui - dei fatti che ora sarebbero stati chiariti a tutti. Finalmente era venuto il giorno in cui la nube era stata dissipata. Egli, guardando alla follia di chi stava in basso dall’alto del suo intelletto superiore, si era sdegnato per l’enorme ritardo - ma ora avrebbe perdonato. 

Non erano rincasati da molto, da una quarto d’ora circa, quando Mrs Orme tornò giù ed entrò pian piano in sala da pranzo. Lucius era ancora lì, in piedi di spalle al caminetto a riflettere su come era andata quel giorno. 

«Vostra madre non scenderà stasera, Mr Mason». 

«Non scenderà?». 

«No, è molto stanca, davvero molto stanca. Temo vi sia difficile sapere quanto ha passato». 

«Posso salire da lei?» chiese Lucius. 

«No, Mr Mason, non fatelo. Ora tornerò da lei. E… ma… fra qualche minuto verrò di nuovo, Mr Mason, poiché ho qualcosa da dirvi». 

«Prenderete il tè qui?». 

«Non lo so. Non credo. Una volta parlato con voi, tornerò da vostra madre. Sono scesa adesso per non farvi attendere». Poi uscì dalla stanza e risalì di sopra. Rimase infastidito dal fatto che sua madre lo sfuggisse così, ma ancora non credeva che fosse per una ragione in particolare. Mrs Orme si era comportata in modo strano; d’altronde in quei giorni erano circondati da stranezze, e non gli venne in mente che, preannunciando quel colloquio, Mrs Orme dovesse dirgli qualcosa che gli avrebbe arrecato dispiacere. 

Al ritorno di Mrs Orme Lady Mason sedeva nell’esatta posizione in cui era stata lasciata. Si era tolta il cappellino, che giaceva al suo fianco, e sedeva su una grande poltrona, di nuovo con le mani alle tempie. Non aveva tentato di ravviarsi i capelli né di togliere la polvere e lo sporco di una lunga giornata trascorsa in tribunale. Era una donna che curava molto la toeletta, infinitamente scrupolosa quando si trattava della sua persona. Ma ora tutto ciò era passato in second’ordi ne ed appariva disfatta e scarmigliata. 

«Non glielo avete detto?» disse. 

«No, non ancora; ma gli ho ordinato di aspettarmi. Sa che sto per andare da lui». 

«Che espressione aveva?». 

«Non l’ho visto in faccia». Seguì un silenzio di alcuni minuti, durante il quale Mrs Orme stette in piedi dietro la poltrona di Lady Mason con una mano poggiata sulla sua spalla. «Ora posso andare, cara?». 

«No, restate un attimo; non ancora. Oh, Mrs Orme!». 

«Vedrete che dopo sarete più forte e sopporterete meglio». 

«Più forte? Perché dovrei voler essere più forte? E lui, sopporterà? E come?». 

«Sarà un colpo per lui, naturalmente». 

«Lo getterà a terra, Mrs Orme. E lo avrò assassinato io. Non credo che vivrà quando conoscerà il disonore che si porta addosso». 

«È un uomo, e da uomo dovrà sopportare. Posso fare qualcosa per voi, prima di andare?». 

«Un momento solo. Perché deve essere stasera?». 

«Perché non deve esserlo domani in tribunale. Che differenza fa un giorno? Dovrà esserne al corrente quando la proprietà verrà ceduta». 

Poi bussarono alla porta, ed entrò una ragazza con una caraffa, due bicchieri, e un paio di fette di pane e burro. «Dovete berlo», disse Mrs Orme, versando in un bicchiere il vino. 

«E voi?». 

«Sì, ne prenderò un po’ anch’io. Ecco fatto. Ora sarò più forte. No, Lady Mason, lo berrete. E ora datemi retta, andate a letto». 

«Tornerete qui da me?». 

«Sì, come avrò finito. Tornerò senz’altro. Non debbo fermarmi per tutta la notte?». 

«Ma lui… non lo vedrò. Non deve venire». 

«Farà come crede». 

«No. L’avete promesso. Non potrò vederlo quando saprà cosa gli ho fatto». 

«Neppure sentirgli dire che vi perdona?». 

«Non mi perdonerà. Voi non lo conoscete. Potreste sopportare di guardare vostro figlio avendolo disonorato per sempre?». 

«Qualunque cosa avessi fatto, non mi abbandonerebbe. E nemmeno Lucius vi abbandonerà. Ora posso andare?». 

«Ah, povera me! Volesse il cielo che fossi già nella tomba!». 

Allora Mrs Orme si chinò su di lei e la baciò, le strinse le mani, poi la baciò di nuovo, e uscendo di soppiatto dalla stanza, discese lentamente le scale ancora una volta. 

A Mrs Orme, come abbiamo visto, premeva assolvere il compito che si era data, eppure, scendendo giù nel salottino ebbe un tuffo al cuore. Si trattava di un incarico terribile, non c’è che dire, che si era assunta prontamente non perché si sentisse adatta e capace di assolverlo senza difficoltà, ma per l’ardore messo nel persuadere Lady Mason che doveva pur pensarci qualcuno. Ormai chi altri poteva? Chiederlo a Sir Peregrine sarebbe stata una crudeltà, dato il suo stato attuale; e poi i suoi sentimenti verso Lucius al riguardo non erano teneri come quelli di Mrs Orme. Era stata obbligata a promettere che ci avrebbe pensato lei, altrimenti non avrebbe potuto insistere. E ora era giunto il momento. Come erano rincasati, Mrs Orme aveva subito dichiarato che bisognava raccontare tutto senza por tempo in mezzo; poi Lady Mason, sprofondando nella poltrona dalla quale non si era levata, aveva finalmente acconsentito. Ormai era giunto il momento, e Mrs Orme, scese le scale senza far rumore, stette per un momento con la maniglia della porta in mano. 

Fosse stato possibile anche lei avrebbe rimandato all’indomani, avrebbe rimandato a qualunque altro momento, tranne quello presente. Durante quei pochi secondi le si affollarono ogni sorta di pensieri. In che modo doveva farlo ? Quali parole doveva usare ? Come doveva cominciare ? Bisognava dire a quel giovane che la madre aveva commesso un crimine dei più nefandi, e sentì che avrebbe dovuto prepararsi e decidere come farlo. Non sarebbe stato bene, si chiese per un momento, prendersi la notte per pensare e poi vederlo al mattino ? L’idea, tuttavia, fu di breve durata, e allora, per timore di cader preda della debolezza, girò la maniglia ed entrò. 

Lucius era ancora in piedi di spalle al fuoco, appoggiato alla mensola del caminetto, a riflettere sugli avvenimenti della giornata trascorsa. Il sentimento più forte che ora lo animava era l’odio verso Joseph Mason, odio misto a vero e proprio disprezzo. Che dire di un uomo simile, che si era battuto per rovinare la reputazione di una signora e rubare il patrimonio a un fratello? «Ancora non vuol saperne di scendere?» chiese come vide Mrs Orme. 

«No, stasera non scenderà, Mr Mason. Ho qualcosa da dirvi». 

«Ma come? Si sente male? Non ha retto?». 

«Mr Mason», disse, «non so quasi come adempiere al mio impegno». Ed egli vide che mentre gli parlava stava effettivamente tremando. 

«Di cosa si tratta, Mrs Orme? C’è di mezzo la proprietà? Non credo occorra aver paura di me. Credo di poter riuscire a sopportare tutto a questo riguardo». 

«Mr Mason…». Poi si interruppe di nuovo. Come avrebbe fatto a dargli quell’orribile notizia ? 

«C’è di mezzo il processo?». Ora cominciava a spaventarsi, sentendo che si appressava qualcosa di terribile; ciò nonostante non sospettava affatto la pura e semplice verità. 

«Oh! Mr Mason, fosse possibile risparmiarvelo lo farei. Vi fosse una via d’uscita, una modo qualsiasi per evitarlo». 

«Di cosa si tratta?» le chiese. Ora la sua voce era roca e sommessa, giacché era stato assalito dalla paura. « Di qualunque cosa si tratti, sono un uomo, e so sopportare». 

«Allora dovete essere un uomo, giacché è davvero terribile. Mr Mason, quel testamento, sapete…». 

«Volete dire il codicillo?». 

«Il testamento che vi assegnò la proprietà…». «Sì». 

«Non fu vostro padre a redigerlo». 

«E chi lo dice?». 

«E più che certo. Non fu lui - né loro - le altre persone che erano in tribunale quest’oggi». 

«Ma chi lo dice? Come fanno a saperlo? Se mio padre non ha firmato, si tratta di un falso; dunque, chi è stato a falsificarlo? Quegli sciagurati hanno pagato sottobanco qualcuno, e voi siete stata ingannata, Mrs Orme. Non è alla proprietà che sto pensando, ma a mia madre. Se fosse come dite voi, mia madre lo avrebbe saputo, no?». «Ah! Sì». 

«E voi volete dire che sapeva; che sapeva che era un falso?». 

«Oh! Mr Mason». 

«Diamine! Lasciatemi andare da mia madre. Neppure se fosse lei a dirmelo ci crederei. Ah! È stata lei a dirvelo?». 

«Sì, me l’ha detto lei». 

«Allora è pazza. Non ha retto, tutto questo ha finito per darle alla testa. Lasciatemi andare da lei, Mrs Orme». 

«No, no, non dovete». E Mrs Orme si parò davanti alla porta. «Non è pazza - non adesso. Allora, all’epoca, c’è da pensare che lo fosse. Adesso non è così». 

«Non vi capisco». E si portò la mano sinistra alla fronte come a riordinare i propri pensieri. «Non vi capisco. Se il testamento è falso, chi è stato?». 

Sul momento non potè rispondere a quella domanda. Era ancora in piedi contro la porta, e abbassò lo sguardo. «Chi è stato?» ripetè Lucius. «Di chi è la mano che ha scritto il nome di mio padre?». 

«Dovete essere misericordioso, Mr Mason». 

«Misericordioso - con chi?». 

«Con vostra madre». 

«Con mia madre! Mrs Orme, parlate chiaro con me. Se il testamento è falso, chi l’ha falsificato ? Non vorrete dirmi che è stata lei?». 

Sul momento non gli rispose a parole, ma gli andò vicino, gli prese le mani e poi lo guardò risolutamente negli occhi. Ora il volto di lui era quasi stravolto dall’emozione, la fronte rabbuiata come non mai. 

«Vorreste farmi credere che è stata proprio mia madre a falsificare il testamento?». Poi indugiò di nuovo, ma Mrs Orme non aprì bocca. «Donna, è una bugia», esclamò; poi si liberò le mani con uno strattone, si divincolò e si allontanò velocemente a grandi passi, andando a gettarsi sul divano dalla parte opposta della stanza. 

Mrs Orme indugiò un attimo, poi dolcemente lo seguì. Lo seguì, e stette per un momento in silenzio davanti a lui, che nel mentre giaceva voltandole il capo. «Mr Mason», disse alla fine, «dicevate che avreste sopportato da uomo». 

Ma Lucius non rispose, e lei seguitò. «Mr Mason, è come vi dico. Lo ha fatto anni e anni fa, quando eravate piccolo, e quando pensava che vostro padre fosse ingiusto con voi - per amor vostro - per riparare a quell’ingiustizia». 

«Come! Ha falsificato il suo nome! Non può essere che una bugia. Anche se a dirmelo scendesse un angelo dal cielo, sarebbe una bugia! Come! Mia madre!». E ora si voltò e la guardò in faccia, continuando però a giacere sul divano. 

«È vero, Mr Mason. Oh, come vorrei che non lo fosse! Ma voi dovete perdonarla. Sono passati anni, e lei se ne è pentita, Sir Peregrine l’ha perdonata - come me». 

Poi gli raccontò tutto, dall’inizio alla fine. Gli raccontò perché il matrimonio era saltato, e gli descrisse in che modo Sir Peregrine avesse appreso la verità. Quasi non occorre dire che, nel farlo, usò quanto più riguardo possibile al nome di Lady Mason; ciò nonostante gli raccontò ogni cosa. «Lo ha scritto lei stessa, di notte». 

«Ma come, tutto, tutti i nomi?». 

«Sì, tutto». 

«Mrs Orme, non può essere. Non ci credo. Per me è impossibile. Non dubito che voi ci crediate, ma io non posso. Lasciatemi andare da mia madre. Andrò io da lei. Ma nemmeno se sarà lei a dirlo ci crederò». 

Ma non volle farlo salire, neppure quando tentò di spostarla dalla porta, quasi con violenza. «No, se prima non dite che la perdonerete e che sarete buono con lei. E non stasera. Domattina ci alzeremo presto, potrete vederla prima che andiamo - se sarete buono con lei». 

Lucius si ostinava ancora a non crederci, ma poco alla volta lei si avvide che il significato di tutto gli si era finalmente impresso nella mente, e che ci credeva. Gli ripetè a più riprese tutto quanto sapeva, spiegandogli quel che la madre aveva sofferto, aprendogli gli occhi sul perché si fosse staccata dalla sua ala per fare affidamento sui consigli altrui. E aggiunse che, pur sperando che la giuria l’assolvesse, bisognava abbandonare la proprietà. 

«Lascerò questa casa stasera stessa, se volete», le disse. 

«Quando sarà tutto finito, quando l’avranno assolta e sarà andata via, lo farete. Andrete con lei, Mr Mason, vero?». Seguì una nuova pausa. 

«Mrs Orme, per me è impossibile dire cosa farò. Mi sembra quasi di non farcela a superare tutto questo. Non ci credo. Non posso crederci». 

Non appena gli ebbe strappato la promessa che non sarebbe andato dalla madre, perlomeno senza preavviso, salì di sopra e trovò Lady Mason sul letto. Dapprima pensò che dormisse, ma la povera donna non aveva ricevuto un tale conforto. «Lo ha saputo?» chiese. 

Ma Mrs Orme non aveva ancora portato a termine il proprio compito per quella notte. Dopo essere rimasta per un po’ con Lady Mason, tornò da Lucius, facendo da messaggero. Finalmente ogni dubbio era caduto. Ci credeva. Non potè esimersi dal farlo. «Già», disse, quando Mrs Orme tornò sul fatto che dovesse lasciare la casa, «andrò a nascondermi; quanto a lei…». 

«Ma andrete con lei, se la giuria non dirà che è colpevole…». 

«Oh, Mrs Orme!». 

« Se lo dirà, farete ritorno per lei, quando avrà scontato la sua punizione ? È sempre vostra madre, Mr Mason». 

Finalmente l’opera di quella notte fu portata a termine, e le due signore si coricarono. Erano rimasti intesi che al mattino Lucius avrebbe visto sua madre prima che le due donne si mettessero in viaggio, senza però accompagnarle in tribunale. Lo scopo principale di Mrs Orme era stato - lo scopo principale riguardo al presente - di scongiurare la presenza in aula di Lucius al momento del verdetto. E ci era riuscita. Ora poteva augurarsi l’assoluzione con la coscienza pulita; e dentro di sé potè, per così dire, rimettere quel peccato a Lady Mason, visto che ormai la proprietà sarebbe stata indubbiamente abbandonata. A prescindere dal verdetto della giuria Joseph Mason di Groby avrebbe, senza dubbio, ottenuto la proprietà che gli apparteneva. 

«Buona notte, Mr Mason», gli aveva detto infine Mrs Orme, mentre gli dava la mano. 

«Buona notte. Furibondo com’ero, vi avrò parlato come un bruto stasera». 

«No, no. Non ci ho fatto caso. Non è nulla». 

«Se pensate a come mi sentivo, mi perdonerete». 

Gli strinse la mano e gli ripetè che non era nulla. Non ci aveva fatto caso. E per la verità era proprio così. Cà- pitano, nella vita di un uomo, momenti in cui gli si può perdonare ogni parola, persino se rivolta a una donna. 

Quando Mrs Orme se ne fu andata, Lucius restò per un po’ in sala da pranzo, perfettamente immobile, poi uscito sull’atrio, aprì la porta d’ingresso e, preso il cappello, s’inoltrò nella notte. Era ancora inverno, ma la notte, sebbene fredda e tenebrosa, era bella, e l’aria pungente per il primo gelo. S’incamminò lasciando la porta aperta, e imboccata la strada discese fino al cancello. Non aveva mai perso l’abitudine di camminare su e giù dalla porta di casa sua fino al cancello che dava sulla via maestra, forse confortato troppo caldamente dalla riflessione che la terra sulla quale camminava gli apparteneva. Ora che non godeva più di quel conforto, procedette per il tragitto consueto e si appoggiò al cancello, a meditare su quanto aveva udito. 

La meditazione di Lucius

Una falsificatrice! Più o meno alla stessa ora, con paziente e premeditata cura, si era messa all’opera e aveva commesso uno dei crimini più abietti noti all’uomo. E si trattava di sua madre! E lui, lui, Lucius Mason, aveva vissuto per anni del frutto di quell’infamia; ne aveva vissuto finché non era sopraggiunto il terribile giorno del castigo! Temo che sul momento fosse preso più dalla propria sofferenza che da quella della madre, senza tenere in gran conto, come invece avrebbe dovuto, l’amore materno all’origine di tutta quella colpa. Per un attimo prese la decisione di non rientrare. Il suo capo, si disse, non avrebbe mai più riposato sotto un tetto appartenente di diritto a Joseph Mason. Aveva fatto un torto a Joseph Mason; a dire il vero, glielo aveva arrecato innocentemente, per quanto lo riguardava; ma era un torto enorme, e perciò ora lo odiava ancor di più. «La riavrà all’istante», disse, e s’incamminò per la via maestra come se non volesse che i suoi piedi si posassero sulla proprietà del fratello. 

Ma ricordò suo malgrado che non era possibile. Il processo alla madre non era ancora finito, e anche nel pieno del suo problema personale ricordò che per lei il verdetto era ancora terribilmente importante. Non avrebbe reso noto l’abbandono della proprietà, perlomeno non prima del verdetto. Poi, mentre tornava sui suoi passi, cercò di pensare al comportamento da tenere con la madre. «Non potrà mai più essere mia madre», si disse. Erano parole terribili; d’altronde non era davvero terribile la situazione in cui si trovava ? 

Quando alla fine mise il catenaccio alla porta d’ingresso, svolgendo meccanicamente il consueto compito, e salì nella propria stanza, ancora non si era risolto in proposito. Forse sarebbe stato meglio non vederla. Cosa poteva dirle? Quali parole di conforto avrebbe potuto rivolgerle ? Non era soltanto perché lo aveva ridotto sul lastrico! No, quello non c’entrava! Ma lo aveva condannato a vita a un disonore che egli non aveva modo di cancellare. Poi, mentre si buttava sul letto, pensò a Sophia Furnival. Avrebbe condiviso con lui quel disonore ? Era possibile che in lei potesse trovare consolazione ? 

Assolutamente impossibile, diremmo noi, che la conosciamo bene. 

Orley Farm
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