Capitolo LXII

Quel che ne pensavano i quattro legali

Ho parlato dello stato della pubblica opinione circa l’imminente processo a Lady Mason, spiegando che a lei andavano i pensieri e le simpatie della maggioranza. Ma non posso dire che le persone più strettamente coinvolte nella questione la pensassero allo stesso modo - a prescindere dalle loro simpatie. Sullo stato d’animo di Mr Furnival mi sono già soffermato abbastanza. Ma se costui aveva nutrito qualche dubbio sulla colpevolezza o sull’innocenza della sua cliente, Mr Aram e Mr Chaffanbrass non ne nutrivano nemmeno l’ombra. Dal giorno in cui avevano studiato per la prima volta le reali circostanze della causa, esaminando le prove che potevano essere addotte contro la loro cliente, oltre che i mezzi per confutarle, non avevano mai avuto un’ombra di dubbio in proposito. Eppure nessuno dei due aveva mai detto che era colpevole. Aram, discutendo con i suoi impiegati del lavoro che li aspettava, non aveva mai espresso una simile opinione; né tantomeno Chaffanbrass, durante le riunioni con Aram. Quanto al verdetto, entrambi si erano espressi più volte, con opinioni notevolmente divergenti. Mr Aram era convintissimo che Lady Mason sarebbe stata assolta, opinione che basava principalmente sulla sua gran fiducia nelle capacità di Mr Chaffanbrass. Ma quest’ultimo scuoteva la testa, dicendo che le cose non erano più come un tempo. 

«Forse nella City», diceva Mr Aram. «Ma non troverete una giuria della City ad Alston». 

«Le giurie non c’entrano, Aram. Sono i giudici. Una volta non era così. Quando un uomo ha l’ultima parola, e si prende la briga di usarla, cos’altro resta? Se mi chiedessero quale punto preferirei avere a mio favore, direi: un giudice duro d’orecchi. O perlomeno, uno stanco morto. A volte ho pensato che mi piacerebbe fare il giudice, solo per avere l’ultima parola». 

«Non farebbe proprio per voi, Mr Chaffanbrass, ve ne stufereste in capo a una settimana». 

«A ogni modo, non sono in grado», disse il grand’uomo umilmente. «Sai una cosa, Aram: se mi guardo indietro penso di aver fatto una quantità di bene a modo mio. Ho scongiurato un inutile spargimento di sangue. Grazie a me il paese non ha speso migliaia di sterline per il mantenimento di uomini che si sono dimostrati capacissimi di mantenersi da soli. E grazie a me i penalisti badano bene alle prove che rinviano all’Old Bailey. Ma i casi della vita hanno voluto che non fossi in grado di fare il giudice. Lo so». 

«Vorrei potervi vedere nella magistratura anche domani, solo che senza di voi saremmo perduti», disse l’ossequioso procuratore legale. Si trattava della mera adulazione di rito, giacché Mr Solomon Aram era un professionista competente al pari di Mr Chaffanbrass. E a stento la si poteva chiamare adulazione, perché Mr Solomon Aram reputava assai preziose le prestazioni di Mr Chaffanbrass, e ne apprezzava grandemente il particolare carattere. 

Questa conversazione si svolse nella stanza personale di Mr Solomon Aram a Bucklesbury. In quella rinomata strada di città aveva affittato il primo piano di una casa sopra a una trattoria. Mr Aram non disponeva del gran corredo di libri, scaffali e scrivanie per impiegati, a quanto pare necessario ai procuratori legali in genere. Di impiegati ne aveva tre, che occupavano una stanza, mentre lui occupava quella successiva. Questa perlomeno era la disposizione quando si poteva trovarli presso la casa madre; ma il procuratore legale e il suo braccio destro svolgevano il grosso del lavoro nei tribunali. La stanza nella quale adesso sedeva Aram era arredata con più attenzione alle comodità di quanta sia in uso negli studi legali. Al momento Mr Chaffanbrass era disteso, con i piedi sollevati, su un divano addossato alla parete, in una comoda posizione che altrove non gli riusciva mai di raggiungere fin dopo pranzo; lo stesso Mr Aram occupava un’agrippina. C’era qualche incartamento sparso sul tavolo della biblioteca, ma non una di quelle cataste di polverosi documenti che comunicano a un profano, al suo ingresso nella classica stanza di un procuratore legale, l’idea così terribile della difficoltà e dello squallore della professione. Non c’erano contenitori di latta etichettati con vecchi nomi; né cataste di lettere, e nemmeno caselle zeppe di vecchi appunti. Nel complesso la stanza personale di Mr Aram era ricercata e attraente, pur avendo, come lui, un’aria di benessere preteso piuttosto che stabile e sicuro. 

Chaffanbrass and Mr Solomon Aram

Non sta tanto bene che un avvocato faccia visita a un procuratore legale, perciò non s’immagini che Mr Chaffanbrass si fosse recato da Mr Aram con l’intento di mettersi al lavoro; nondimeno, poiché i due si capivano, potevano dire quel che avevano da dire sulla causa, pur trovandosi in una posizione alquanto irregolare. Entrambi dovevano incontrare Mr Furnival e Felix Graham nello studio del primo in merito alla suddivisione delle fatiche che sarebbero iniziate ad Alston due giorni dopo, ed entrambi pensavano che tanto valeva scambiare due parole in proposito prima di andarci. 

«Immagino tu non sappia nulla della lista dei giurati di laggiù, eh?» disse Chaffanbrass. 

« Beh, ho fatto qualche indagine; ma non credo ci sia nulla di speciale da sapere, nulla di rilevante. Fossi in voi, Mr Chaffanbrass, non vorrei nemmeno un abitante di Hamworth fra i giurati, non per niente si dice che nessuno è profeta in patria». 

«Ma conosci gli abitanti di Hamworth?». 

«Oh, sì; potete star tranquillo. Ma non credo sarà importante chi figurerà o meno nella giuria». 

«E perché no?». 

«Se i due testimoni crollano - ossia, Kenneby e la Bolster ; nessuna giuria potrà dichiararla colpevole. Ma se non crollano…». 

«Nessuna giuria potrà assolverla. Ma lasciati dire, 

Aram, che non tutti i componenti di una giuria sono in grado di capire se un testimone è crollato o meno». 

«Ma per quanto ne so, Mr Chaffanbrass, non credo che quei due ce la faranno; sempre che finiscano entrambi nelle vostre mani». 

«Ma non ci finiranno», disse l’ansioso eroe dell’Old Bailey. 

«Ah! E questo il punto. E qui che ci andrà male. Mr l’urnival è un grand’uomo, senza dubbio…». 

«Grandissimo, a modo suo», disse Mr Chaffanbrass. 

« Se però se ne lascia scappare dalle mani uno abbiamo chiuso». 

«Conosci la mia opinione», disse Chaffanbrass. «Secondo me abbiamo già chiuso. Se hai ragione tu a dire che entrambi, durante la deposizione, sono pronti a giurare di aver firmato un solo atto quel giorno, dopo non ci sarà irresolutezza che tenga per il giudice. È solo possibile, sai, che la memoria li inganni». 

«Possibile? E vorrei vedere. Sapete cosa, Mr Chaffanbrass ? Se la faccenda fosse interamente nelle vostre mani non avrei nessun timore, letteralmente nessuno». 

«Ah, non sei obiettivo, Aram». 

«Non è che potremmo sbrigarcela così, Mr Chaffanbrass ? Sarebbe una gran cosa, proprio una gran cosa». Ma Mr Chaffanbrass rispose che secondo lui non si poteva. Il successo o la salvezza di un cliente sono una gran cosa da un punto di vista professionale, non c’è che dire. Ma vi è una faccenda di ben altra entità, dal punto di vista legale. L’etica professionale richiedeva che il controinterrogatorio dei due testimoni più importanti non fosse affidato allo stesso avvocato. 

Poi i due discussero delle particolari caratteristiche di Kenneby e della Bolster, e fu palese che Aram conosceva perfettamente di che pasta erano fatte le persone con cui avrebbe avuto a che fare. Diedero per scontato che a Kenneby si potesse far dire praticamente di tutto. Costui avrebbe offerto margini d’azione più che ampi al particolare talento del quale Mr Chaffanbrass era così stupendamente dotato. Non era improbabile che nelle sue mani, Kenneby avrebbe finito per giurare di aver firmato uno, tre, quattro - un numero imprecisato di documenti quel quattordici luglio, pur avendo giurato in precedenza di averne firmato solo uno. In effetti Mr Chaffanbrass poteva fargli dire quel che voleva. Se la testimonianza di Kenneby non fosse stata comprovata, si sarebbero assicurati la causa - così disse Solomon Aram - lasciando Kenneby nelle mani di Mr Chaffanbrass. 

D’altronde si presumeva che Bridget Bolster fosse una testimone di tutt’altra pasta. Indurla a dire l’esatto contrario di quanto intendeva dire era, senza dubbio, possibile. Secondo Mr Aram sarebbe stato alla portata di Mr Chaffanbrass. Tuttavia non era senz’altro alla portata di Mr Furnival; e quando il grand’uomo disteso sul divano fece il nome di Felix Graham, Mr Aram si limitò a sorridere. Per lui il problema era: quale sarebbe stata la via più sicura ? Garantirsi Kenneby lasciandolo a Chaffanbrass; o puntare il doppio passando Kenneby a Mr Furnival, per lasciare il compito più arduo al grande maestro ? 

«Quando la posta in gioco è così alta tutta questa etici e i diritti di precedenza, mi danno sui nervi», disse Aram con foga. «Nella fattispecie Mr Furnival non dovrebbe pensare a se stesso». 

«Caro Aram», disse Chaffanbrass, «gli uomini pensano sempre prima a se stessi. E qualora non seguissimo la solita prassi, credi che i signori della controparle non se ne accorgerebbero?». 

«Allora quale seguiremo?». 

«Per me è del tutto indifferente. Se la memoria di una di quelle due persone lascia a desiderare - e dopo vent’anni può succedere - Mr Furnival lo scoprirà». 

«Allora a conti fatti credo proprio che gli lascerò Kenneby». 

«Come ti pare, Aram. Sempre che anche lui sia soddisfatto». 

« Non voglio che la mia cliente vada incontro a una disfatta, sapete», disse Aram. «Poi prenderete anche Dockwrath, s’intende. Non credo che sarà vitale ai fini della causa, ma mi piacerebbe eccome vederlo nelle vostre mani». 

«Dubito che riuscirà a farmela». 

«Ah, ah, ah!» rise Aram, e ne aveva motivo; giacché quando mai qualcuno si era dimostrato capace di tener testa a Mr Chaffanbrass ? 

«Pare sia un tipo sveglio», disse Mr Chaffanbrass. «Beh, muoviamoci. Quando certi signori del West End entrano in Parlamento non sta bene farli attendere. Manda uno dei tuoi a chiamare una carrozza». Poi l’avvocato e il procuratore si misero in viaggio da Bucklesbury per il vertice delle forze che si sarebbe tenuto in Old Square, Lincoln’s Inn. 

Sappiamo già come mai Felix fosse stato indotto a diventar membro della falange legale impiegata per conto di Lady Mason. Ormai aveva lasciato Noningsby da alcuni giorni, giorni che lo avevano visto assai occupato. Finora non si era mai assunto la difesa di una persona in un tribunale penale, e aveva molto da apprendere - o magari era lui a figurarselo. Inoltre l’affare del nuovo innamorato di Mary Snow si era rivelato di risoluzione tutt’altro che facile. Quando affrontò nei dettagli i rapporti con le diverse parti in causa, ognuna pretese il doppio del denaro previsto. Il farmacista era più che disposto ad accettare un socio, d’altronde una società nel suo ramo era, secondo il suo punto di vista, un lusso particolarmente costoso. Come se non bastasse, Snow padre si fece avanti con pretese basate su svariate argomentazioni, che a Graham risultarono pressoché impossibili da contrastare. Dapprincipio, vale a dire immediatamente dopo il colloquio con l’affezionato cliente descritto in un precedente capitolo, Graham aveva ricevuto la visita di un avvocato oltremodo repellente che aveva declamato i crudeli torti subiti dal suo maltrattato cliente. Questa fase dell’affare sarebbe stata di gran lunga preferibile; ma è probabile che avvocato e cliente non andassero d’accordo. Snow pretendeva il denaro pronta cassa, e poiché tramite l’avvocato il denaro non era disponibile pronta cassa, si gettò contrito ai piedi di Graham, levandosi di torno con venti scellini. Ma i ravvedimenti, le necessità, le lacrime e l’ambizione frustrata del suo animo di genitore erano infiniti; e ovunque si voltasse il povero Felix se lo trovava davanti. Pareva probabile che di lì a poco ogni frequentatore delle aule di tribunale di Londra avrebbe ascoltato il triste racconto dei torti subiti da Mary Snow. Mrs Thomas, poi, pretendeva denaro, più denaro di quanto fosse autorizzata a pretendere in base ai termini del loto accordo. Le avevano dato tante di quelle grane, delle grane spaventose. Tre volte le era toccato cambiare la domestica. Nemmeno se lo sognavano che disturbo fosse stata quella Mary Snow. L’avevano costretta, quasi del tutto, a sacrificare la scuola. Povera donna! Credeva di dire la verità mentre fingeva di lagnarsi. Non voleva esser disonesta, ma è così facile diventarlo quando si è poverissimi! Da parte sua Mary Snow non rivendicò alcun diritto sul perduto amore, né pretese denaro o altro. Quando Felix si separò da lei senza un bacio, Mary Snow seppe che era tutto finito. Comunque sia egli riconobbe i suoi diritti: persino il cappellino che avrebbe indossato quando si fosse presentata all’altare con Fitzallen, andava pagato di tasca sua. Plasmare una signorina è forse il più costoso passatempo al quale un giovanotto si possa dedicare. 

E in quei giorni nessuna nuova gli giunse da Noningsby. Augustus Staveley era in città, e i due si videro un paio di volte. Ma, com’è facile immaginare, non scambiarono neppure una parola su Madeline. Come Augustus aveva dichiarato una volta, un uomo non discorre della sorella con un amico. Allora, in mancanza di nuove - e per la verità come avrebbero potuto giungere ? - Graham cercò di tranquillizzarsi sul fatto che era tutto finito. Le sue speranze erano volate alle stelle al momento del suo ultimo colloquio con il giudice; ma in fin dei conti cosa significava? Nemmeno aveva chiesto a Madeline di amarlo. Era stato talmente sciocco da non sfruttare le occasioni che il caso aveva posto sul suo cammino. Gli avevano detto che poteva tranquillamente aspirare alla mano di qualunque signorina. Eppure quando si era realmente innamorato, e la fanciulla amata era a un passo da lui, non aveva osato parlarle! E ora come poteva aspettarsi che, in sua assenza, tenesse a lui ? 

Assediato da tutti questi piccoli guai pose mano alla causa di Lady Mason, e sulle prime si sentì totalmente incline a prestarle tutto l’aiuto di cui fosse capace. Vide Mr Furnival diverse volte, e si prodigò per contagiarlo con il suo entusiasmo. Costui non riusciva più ad essere entusiasta come prima. Avrebbe ancora prestato la sua abilità di legale se necessario, ma l’ardore dell’amico devoto andava raffreddandosi di giorno in giorno. Non era meglio, se possibile, affidare tutto l’affare a Chaffanbrass che era energico senza crederci, e a Graham che era energico perché ci credeva ? soleva dirsi a più riprese. Sennonché ripensava a quel suo volto pallido e ammetteva che era impossibile. Doveva andare avanti fino all’ultimo. Nondimeno, se quel giovane riusciva a crederci, non era un bene fargli sostenere il peso maggiore della battaglia? Combattere una battaglia senza crederci è, secondo me, il compito più sgradevole che tocchi in sorte a qualunque uomo. 

Ma mentre il giorno si appressava, un’ombra di incredulità, una tenue sfuggente ombra - che svaniva, tornava, per poi tornare a svanire - guizzò anche nella mente di Felix Graham. La sua teoria era stata, ed era tuttora, che Dockwrath avesse subornato i due testimoni, Kenneby e la Bolster, affinché giurassero il falso. Aveva iniziato esaminando la faccenda con piena fiducia nell’innocenza della sua cliente, fiducia dettata dal mondo esterno, dalle sue convinzioni sociali e dalla consapevolezza della fiducia altrui. Poi gli era stato necessario conciliare la sua viva fiducia con le storie che Kenneby e la Bolster erano disposti a raccontare, e ci riuscì solo credendo che entrambi mentissero e che fossero stati subornati. Ma se non mentivano ? E se li stava giudicando ingiustamente ? Non dico che avesse smesso di credere in Lady Mason; ma di tanto in tanto un’ombra di dubbio gli attraversava la mente, e conferiva a tutto l’affare un aspetto per lui assai tragico. 

Quel giorno era giunto nello studio di Mr Furnival con qualche minuto di anticipo sui suoi nuovi alleati, e mentre era seduto lì a discutere della faccenda che ormai coinvolgeva tutti loro, se ne uscì con una domanda che per poco non gettò nel panico l’anziano avvocato. 

« Immagino non possa esserci alcun dubbio sulla sua innocenza, vero?». 

Cosa doveva rispondere Mr Furnival? Mr Chaffanbrass e Mr Aram non gli avevano posto una domanda del genere. E nemmeno Mr Round quando ne avevano ampiamente discusso in confidenza. Era una di quelle domande che non si fanno mai a un professionista, una che Felix Graham non avrebbe dovuto porre. Nondimeno esigeva una risposta. 

«Eh?» fece. 

«Immagino si possa dare per scontato che Lady Mason sia davvero innocente - ossia, esente da ogni falsità o frode, no ?». 

«Davvero innocente! Oh sì, presumo lo si possa dare per scontato, è ovvio». 

«Ma voi personalmente, Mr Furnival, ne siete certo? Siete stato coinvolto in questa faccenda sin dalle prime battute, perciò ve lo chiedo senza esitazioni». 

Appunto per questo avrebbe dovuto esitare! Perlomeno così pensava Mr Furnival. «Chi, io? No, non ho alcun dubbio, niente affatto», disse. E fu così che la bugia, che aveva tentato di evitare, venne da ultimo proferita. 

A parole la certezza fornita era totale; qualcosa però nel tono di voce di Mr Furnival non soddisfece appieno Felix Graham. Non credeva che Mr Furnival avesse mentito, ma col suo modo di rispondere non lo aveva tranquillizzato del tutto. Perché gli aveva risposto senza entusiasmo ? Perché, nell’interesse della vecchia amica, non era apparso come indignato dall’espressione di un simile dubbio ? A parole gli aveva dato certezza; ma, considerato l’argomento, il suo tono ne era privo. Sicché l’ombra del dubbio guizzò nella mente di Graham. 

Poi si tenne il vertice fra i quattro legali, e si stabilirono i vari piani per lo scontro imminente. Non vennero poste domande così impertinenti, né si scambiarono comunicazioni di natura confidenziale. Mr Chaffanbrass e Solomon Aram potevano confabulare, come pure Mr Furnival e Felix Graham; ma non quando erano tutti riuniti. Stabilito l’ordine di battaglia, si separarono con l’intesa di incontrarsi nuovamente al palazzo di giustizia di Alston. 

CapitoloLXIII  

La sera prima del processo 

La vigilia del processo era ormai giunta, e madre e figlio non si erano ancora scambiati alcuna confidenza. Nessuna parola gentile era stata proferita in merito al quel terribile evento così prossimo. Lucius era stato a suo modo cortese con la madre, e al contempo assai severo. Come ignorando i suoi dispiaceri, non le rivolgeva mai una di quelle parole concilianti che tutti amiamo sentire da coloro che ci circondano quando soffriamo. Perché doveva soffrire così? Se avesse scelto di far conto su di lui, egli avrebbe sopportato per amor suo tutti quei guai e quelle contrarietà. Quanto all’idea che la madre fosse colpevole - che dodici giurati inglesi la riconoscessero tale - non lo sfiorò mai. Ho detto che in molti erano nati dei sospetti; ma di tali sospetti non ebbe mai sentore. Chi, a parte Dockwrath, avrebbe messo la pulce nell’orecchio al figlio ? Dockwrath non si era limitato a questo; ma le parole di un uomo siffatto non valevano a ledere la reputazione della madre presso il figlio. 

Quel giorno Mrs Orme aveva trascorso qualche ora con Lady Mason, ed era ricorsa a tutta la sua eloquenza per indurla anche allora a mettere a parte il figlio del proprio segreto. Aveva suggerito che ci pensasse Sir Peregrine; si era offerta lei stessa; le aveva proposto di scrivere a Lucius. Ma non era valso a nulla. Lady Mason aveva ribattuto, non a torto, che ormai era troppo tardi per dirglielo con l’intento di ottenere il suo sostegno durante il processo. Se glielo avessero detto adesso, suo figlio non si sarebbe ripreso in tempo dal colpo iniziale per comparire in tribunale con la fronte sgombra dall’inquietudine. Il suo terribile dolore avrebbe svelato il segreto a tutti. «Quando sarà tutto finito», aveva sussurrato da ultimo, mentre Mrs Orme continuava a insistere che Lucius dovesse assolutamente cedere la proprietà, «quando sarà finito, lo farete». 

Più di questo Mrs Orme non ottenne. Non ebbe cuore di rammentare a Lady Mason che molto probabilmente tutti avrebbero appreso la verità nei successivi due o tre giorni; che un verdetto di colpevolezza avrebbe vanificato qualunque altra rivelazione. Non che fosse necessario. Lady Mason si rendeva pienamente conto della natura della sua presa di posizione. 

Mrs Orme si era trattenuta con lei tutto il pomeriggio, riservandosi solo il tempo di prepararsi per il pranzo con Sir Peregrine; uscendo, le promise di tornare l’indomani di buon’ora per accompagnarla in tribunale. Sarebbe venuto a prenderla anche Mr Aram, e per l’occasione era stata ordinata una carrozza chiusa alla locanda. 

«Non lascerete che ve lo impedisca?» furono le ultime parole di Lady Mason, mentre l’amica la lasciava. 

«Ma non è questo che vuole», disse Mrs Orme. «Mi ha già dato il suo permesso. Tiene sempre fede alla parola data, sapete». 

Alludevano a Sir Peregrine. La prima volta che Mrs Orme aveva proposto di accompagnare Lady Mason in tribunale e di sederle a fianco per tutto il processo, il baronetto era rimasto di stucco. E per un po’ non aveva voluto saperne di acconsentire a un simile passo. Il posto che sua nuora ora proponeva di occupare era quello che si era personalmente ripromesso; ma si era ripromesso di stare accanto a una donna innocente, offesa, non a colei che in piena notte aveva perpetrato un falso. Si era ripromesso di sostenere un essere immacolato, che in quel caso sarebbe stata sua moglie, non una persona che per anni aveva campato sui proventi di una frode e di un misfatto commesso con le proprie mani! 

«Edith», aveva detto, «sai che non mi va di metterti i bastoni fra le ruote; ma stavolta penso che i tuoi sentimenti ti stiano portando troppo in là». 

«No, padre», gli rispose, senza darsi per vinta, mostrandosi intenzionata a non ripensarci a causa di quanto poteva dirle. «Non pensatelo; pensate invece alla sua sofferenza. Come potrebbe sopportarla da sola?». 

«Pensa alla sua colpevolezza, Edith!». 

«Lascerò che ci pensino gli altri. Ma, padre, la sua colpa non mi macchierà. Forse che non siamo tenuti a ricordare quale danno ci avrebbe arrecato, che saremmo ancora all’oscuro di tutto, se lei stessa non avesse confessato per amor nostro, per amor nostro, padre?». 

Allora Sir Peregrine si diede per vinto. Davanti a quell’argomentazione, fu costretto ad arrendersi. Era vero infatti: se quella donna non fosse stata generosa quanto colpevole, ora sarebbe stato tenuto a condividerne la vergogna. Tutta quella storia, presa nell’insieme, lo aveva poco meno che fiaccato; ma a precipitarlo ancor più in quella rovina era la sensazione di dovere così tanto a Lady Mason. Per quanto riguardava il mondo esterno, avrebbe subito un danno ben più terribile sposandola; avrebbero dichiarato che per lui era la fine; ma per quanto riguardava il suo intimo, chissà se non lo avrebbe sopportato meglio. Gli era più facile far fronte a un danno che a un favore - il favore di un’amica che il suo giudizio gli imponeva di rinnegare. 

Ma si era dato per vinto, e a Cleeve restò inteso che durante il processo Mrs Orme sarebbe stata al fianco di Lady Mason. In casa nessuno ci trovò qualcosa di straordinario. Sapevano solo della vecchia amicizia. Per loro la colpevolezza di Lady Mason era una questione ancora aperta. Erano presi dai dubbi, al pari di altri; ma allora nessuno presumeva che Sir Peregrine e Mrs Orme ne nutrissero. Tutta Hamworth e dintorni era convinta che fossero sicuri della sua innocenza. 

«Tiene sempre fede alla parola data, sapete», aveva detto Mrs Orme; poi baciò Lady Mason e se ne andò. Non l’aveva mai lasciata senza un bacio, né salutata senza una calda stretta di mano, sin dal giorno in cui il segreto era stato rivelato nella biblioteca di Sir Peregrine. Sarebbe impossibile descrivere quanto prezioso fosse quell’affetto per Lady Mason; ma si può quasi dire che l’avesse tenuta in vita. Lei stessa era stata di poche parole, pronunziando solo qualche ringraziamento; ciò nonostante aveva riconosciuto il valore di quanto era stato fatto per lei. I suoi rapporti con Mrs Orme erano divenuti persino più disinvolti, i suoi discorsi più aperti, si era posta su un ulteriore piano di parità con l’amica, da quando non aveva più nulla da nasconderle. In precedenza Lady Mason aveva avuto, e di tanto in tanto espresso, la sensazione di non esser tanto degna di frequentare Mrs Orme da pari a pari; ma adesso - mentre sedevano insieme per ore e ore, parlavano, e discutevano, e vivevano insieme come da pari a pari - quella sensazione era svanita. Nondimeno, avesse potuto dimostrare il suo amore con un gesto grandioso, non c’era nulla che Lady Mason non avrebbe fatto per Mrs Orme. 

Ora l’avevano lasciata sola, e secondo le sue quotidiane abitudini così sarebbe rimasta finché la domestica non l’avesse avvertita che Mr Lucius l’attendeva in sala da pranzo. Al principio di questa storia ho cercato di descrivere come questa donna sedesse da sola, con il cuore gonfio di dispiacere e la mente carica di pensieri, quando apprese per la prima volta le cose terribili che stavano per capitarle. Tuttavia, l’idea che il lettore se ne sarà fatta mentre era così seduta, sarà stata frutto dell’abilità dell’artista, e non delle parole dello scrittore. Se ora quel quadro gli è ancora presente, torni a evocarlo. Lady Mason sedeva nella stessa stanza - quella piacevole stanza, a contemplare attraverso la veranda il prato digradante - e sulla stessa poltrona; una mano era di nuovo aperta sul bracciolo, l’altra le sorreggeva il volto mentre era poggiata al gomito; nel suo cuore albergava ancora il dispiacere, e la sua mente era ancora carica di pensieri. Ma le linee del volto erano mutate, lo spirito che ne traspariva cambiato. Era meno bello, meno affascinante, meno dolce; ma ad onta di tutte le vicissitudini, denotava più forza, più capacità di resistere a tutte le insidie di questo mondo. 

Sarebbe sbagliato darle in qualche modo dell’ipocrita. Un uomo che essendo solo adotta modi e portamento diversi da quando si trova in compagnia, non è più ipocrita di quanto lo sia indossando una vestaglia al mattino e infilandosi un soprabito scuro di sera. Nell’attuale crisi della sua vita Lady Mason cercava di comportarsi sinceramente con Mrs Orme; nondimeno quest’ultima non aveva ancora letto il suo carattere. Ora, mentre pensava a quanto le sarebbe capitato quel mattino - a tutto quanto le era capitato a causa della cattiveria di quel Dockwrath - decise che avrebbe ancora lottato a viso aperto. Era stata persuasa della necessità di rivelare a lui, suo figlio, l’essere per il quale aveva rischiato la propria anima, nonché distrutto ogni speranza a questo mondo, la sua colpa, la sua vergogna. E sia, glielo avrebbero rivelato, e lui, mentre l’angoscia e il senso di vergogna gli bruciavano ancora, l’avrebbe lasciata. Se finito il processo fosse stata ancora una donna libera, si sarebbe trasferita senza indugio, e allora, glielo avrebbero rivelato. Eppure sarebbe stato un bene - un bene per suo figlio, che la legge non la dichiarasse colpevole. Valeva ancora la pena di lottare. Il mondo era duro con lei, la feriva senza posa fin nell’anima, le toglieva ogni speranza, negando alla sua arsura un goccio di acqua fresca. Eppure a lui restava un avvenire; e forse non occorreva macchiare quell’avvenire annunciando pubblicamente la colpa materna. Avrebbe seguitato a combattere i propri avversari, a mostrare a quella corte, e a tutti coloro che allora avrebbero appuntato lo sguardo su di lei, un viso dove la colpa non sembrasse posare la sua orrenda, devastante mano. 

Quella donna era per molti versi stupefacente. Quando si trovava con chi le usava gentilezza sapeva essere tenera e femminile; poi, allorché sola, sapeva essere così dura e severa! E si può dire che di pietà per se stessa ne provasse ben poca. Pur constatando le proporzioni della propria sofferenza, non se ne lagnava. Di una cosa si doleva, persino nei suoi pensieri più riposti: che Lucius fosse condannato a soffrire così profondamente per il suo peccato! A volte si lamentava con l’altra madre perché suo figlio non la trattava con dolcezza; ma non per questo intendeva biasimare Lucius. Nel profondo del cuore sapeva che non aveva diritto ad aspettarsi tale dolcezza. Sapeva che era meglio che le cose andassero in quel modo. Fosse stato con lei da mattina a sera, a rivolgerle parole gentili, come sarebbe riuscita a tacere ? Da malati potremmo irritarci perché non ci lasciano bere la fresca bevanda che ci ristorerebbe; ma chi nel pieno possesso delle facoltà mentali sarebbe disposto a inghiottirla, se mettesse a repentaglio la sua stessa vita? Era così che pensava a suo figlio, a cosa avrebbe significato il suo amore. 

Sì, si sarebbe di nuovo fatta forza, come si era fatta forza durante l’altro processo. Si sarebbe abbigliala con cura, recandosi in tribunale con la fronte distesa. Gli uomini, guardandola, non avrebbero esclamato: «Ecco il volto di una donna colpevole! ». La battaglia non era ancora decisa, anche se le probabilità di successo erano tremendamente scarse. Forse poteva aspirare a ben poco anche nel caso di un verdetto favorevole da parte della giuria; ma le sembrava che mancasse così tanto tempo a tutto questo. Aveva promesso di raccontare a Lucius ogni cosa dopo il processo - ogni cosa, per poter restituire la proprietà al legittimo proprietario; ed era pienamente decisa a tener fede alla promessa. Ma mancava così tanto tempo. Non è che quella guerra, potendo fugare quel primo pericolo - potendo, grazie all’abilità dei suoi legali, sventare la pubblica dichiarazione della sua colpevolezza - si sarebbe decisa in suo favore ? E così, malgrado il volto pallido di sofferenza e smagrito dalle preoccupazioni, malgrado la consapevolezza che soltanto un miracolo poteva salvarla, ancora sperava nel miracolo. 

Ma la fatica fisica vera e propria che le toccava sopportare era così dura! Si sarebbe abbigliata, e avrebbe disteso la fronte per il processo; ma abbigliarsi e serbare una fronte distesa le avrebbe richiesto uno sforzo quasi superiore alle sue forze. Lettore, hai mai saputo cosa significhi destarsi e uscire ogni giorno per i propri impegni, quando il lavoro ripugna nell’intimo, quando pare che un giorno di riposo valga un anno di vita ? Il riposo ora le sarebbe valso molti anni di vita - una vita intera. Agognava il riposo, poter deporre la terribile stanchezza di essere sempre all’erta. Mai, da quando era stato commesso il crimine, le era stato risparmiato il fardello di quella necessità. Mai aveva conosciuto il vero riposo. Non una volta si era rifugiata nel sonno senza la sensazione che al risveglio, mentre l’assaliva il ricordo della sua situazione, il suo primo pensiero sarebbe stato d’orrore. Ogni volta che nella vita apriva bocca, che azzardava un passo, le occorreva chiedersi se avrebbe compromesso le sue possibilità di scampo. Aveva fatto di tutto per essere sincera e onesta, tranne nel caso di quell’azione. Un’azione che però le aveva avvelenato un’intera vita. Essere sincera e onesta - di una chiara, incontaminata sincerità e di una prodiga, intrepida onestà - non le era stato possibile. Doveva prima tornare sui suoi passi per purgarsi dal veleno di quell’azione. Non esiste altra via. Gli uomini hanno gravemente peccato quanto lei, dopodiché, lebbrosi com’erano, si sono purgati. Ma non è un compito facile; le acque di quel Giordano ove occorre immergersi sono bollenti. I freschi e vicini torrenti delle amene valli della vita non basteranno affatto. 

Da quando era tornata a Orley Farm badava a scendere in soggiorno a colazione e a pranzo per consumare i pasti con il figlio. Non aveva mai mancato di farlo, benché a volte il compito di sedere fino alla fine del pranzo la mettesse a dura prova. Stavolta, l’ultimo giorno che le rimaneva prima del processo - forse l’ultima sera in cui avrebbe osservato il sole tramontare da quelle finestre - pensò di sottrarsi. «Dite a Mr Lucius», disse alla domestica venuta a chiamarla, «che mi faccia la cortesia di pranzare senza di me. Non sono malata, ditegli, però preferirei non scendere per pranzo!». Ma aveva cambiato idea prima che la ragazza fosse sulle scale. Perché chiedere pietà? Cosa importava? Perciò si tirò su dalla poltrona e, uscendo dalla stanza, bloccò l’ambasciata prima che la recassero. Avrebbe sopportato fino alla fine. 

Finì il pranzo, e rispose alle solite domande che Lucius le poneva con la solita voce, poi mentre usciva dalla stanza, lo baciò in fronte, com’era sua abitudine. Non scordiamo che erano sempre madre e figlio e che non avevano mai litigato. Ora, mentre saliva di sopra, egli le tenne dietro in salotto. Era sua abitudine rimanere da basso, e sebbene di solito la rivedesse di sera, raramente fra i due erano corsi rapporti cordiali. Stavolta, tuttavia, egli la seguì, e chiudendole la porta mentre entrava nella stanza, si sedette sul divano, vicino alla sua poltrona. 

«Mamma», disse, allungando una mano e toccandole il braccio, «le cose fra noi non sono come dovrebbero essere». 

Rabbrividì, non al suo tocco, ma alle sue parole. Fra loro le cose non erano come dovevano essere. «No», disse. «Ma sono certa, Lucius, che hai sempre nutrito pensieri gentili nei miei confronti». 

« Sempre, mamma. Come potrebbe essere diversamente, con mia madre, che è stata così buona con me? Ma negli ultimi tre mesi ci siamo comportati quasi come due estranei». 

«Comunque sia, ci siamo sempre voluti bene», disse lei. 

«Ma nel momento del dispiacere l’amore dovrebbe dar vita a una stretta e cordiale intimità, e soprattutto a una stretta confidenza. Tra noi non è mai esistita». 

Cosa poteva dirgli? Le venne a fior di labbra la promessa che l’amore sarebbe tornato a regnare subito dopo la fine del processo; ma le parole le si strozzarono in gola. Non osava dargli una certezza così falsa. «Caro Lucius», disse, «se è stata colpa mia, ne ho sofferto». 

«Non dico che sia colpa tua; né dirò che sia stata mia. Se ti sono parso aspro, ti domando scusa». 

«No, Lucius, no; non sei stato aspro. Ti ho sempre capito». 

«Ero addolorato perché mi pareva che non ti fidassi di me; ma lasciamo correre, adesso. Mamma, non voglio che fra noi esistano rancori quando domani ti accingerai alla prova». 

«Non esistono, e non esisterà nessun rancore». 

«Nessuno patisce più di me - come me davanti alla crudeltà con cui ti trattano. La vista del tuo dispiacere mi ha gettato nello sconforto». 

«Oh, Lucius!». 

«So quanto sei pura e innocente…». 

«No, Lucius, no». 

«E invece sì. E, sapendolo, mi ha toccato nel vivo vederli darsi da fare per difenderti a furia di stratagemmi e cavilli, come se stessero lottando per dar modo a una criminale di farla franca». 

«Lucius!». E levò in alto le mani, implorando pietà, pur non potendo spiegargli perché le sue parole erano lauto terribili e severe. 

«Un momento, mamma. Per me uomini quali Mr Chaffanbrass e compari sono odiosi. Non posso credere, e non crederò, che ti occorrano i loro servigi…». 

«Ma, Lucius, Mr FurnivaL..». 

«Già, Mr Furnival! È tutta opera sua. Come vorrei che non lo avessi mai conosciuto, in veste di avvocato, intendo», soggiunse, pensando a quanto amava sua figlia. 

«Ora non sgridarmi, Lucius. Aspetta che sia finito». 

«Sgridarti? No. Sono venuto da te perché voglio che siamo amici. Giunti a questo punto, il piano di difesa va portato avanti, naturalmente. Non tornerò più in argomento. Ma, mamma, domani verrò in tribunale con te. Se non altro posso sostenerti in questo modo, così vedranno che non abbiamo litigato». 

Ma Lady Mason non voleva. Fosse stato possibile, avrebbe desiderato che il figlio si trovasse a miglia di distanza dal tribunale. «Con me ci sarà Mrs Orme», disse. 

Allora Lucius si rabbuiò, come spesso accadeva negli ultimi tempi. «Vuoi dire che la sua presenza renderebbe inopportuna la partecipazione di tuo figlio?». 

«Oh, no; certo che no. Hai capito male, Lucius». 

«Non ti piace avermi vicino?» le chiese, e nel mentre si levò in piedi, e prendendole la mano le si parò davanti. 

Lo fissò per un attimo con gli occhi pieni di lacrime, poi levandosi dalla poltrona, gli si gettò al petto e lo strinse fra le braccia. «Figlio mio! Figlio mio!» disse. «Oh, se potessi star vicino a me, e lontano da tutto questo, lontano da tutto questo!». 

Con ciò non aveva inteso darsi per vinta, ma la tentazione era stata troppo forte. Quando aveva visto Mrs Orme e Peregrine insieme, quando aveva udito la madre di Peregrine fingere in tono gioioso di lagnarsi delle intrusioni del figlio, le aveva invidiato quella gioia. «Oh, magari anch’io potessi!» pensava sempre; e lo aveva detto più di una volta. Ora che alla fine, nell’ultimo momento, forse, della sua vita in casa, le si era rivolto con voce gentile, non seppe soffocare lo struggimento. 

«Lucius», disse, «carissimo Lucius! Figlio mio!». Allora le lacrime della madre caddero calde sul suo petto. 

«Mamma», disse, «è deciso. Ci sarò». 

Ma adesso lei pensava a qualcos’altro - a ben altro. Era possibile dirglielo ora ? Mentre lo teneva tra le braccia, nascondendo il volto sul suo petto, lottò strenuamente per parlare. Poi, in piena lotta, mentre perdurava in lei come una speranza di potercela fare, levò il capo e lo guardò. Non era un volto, il suo, piacevole a guardarsi come quello di Peregrine Orme. Duro nei tratti, era forse troppo virile per la sua età. Ma era quello di suo figlio, e lo amava moltissimo. Lo guardò, e levò le mani ad accarezzargli le guance. Poi lo baciò ripetutamente, con calore, con trasporto. Si aggrappò a lui, tenendolo stretto, mentre i singhiozzi a lungo soffocati proruppero con una violenza che lo terrorizzò. Poi tornò a guardarlo, con un lungo sguardo anelante; infine si lasciò cadere sul divano e nascose il volto tra le mani. Aveva lottato, ma invano. Non riusciva a dirglielo con la propria voce. 

«Mamma», disse, «cosa significa? Perché tanto dolore?». Ma per un po’ fu del tutto incapace di rispondere. Aveva dato libero corso ai suoi sentimenti, senza poter frenare i suoi torrenziali singhiozzi. 

«Non puoi capire quanto debole sa essere una donna», disse infine. 

Ma in verità egli non ne capiva affatto la forza. Le sedette accanto, ogni tanto prendendole la mano allorché gliela lasciava, e cercò a modo suo di darle conforto. Di confortarla, si può dire che non c’era verso; ma poco alla volta si calmò. «Domani, come vuoi tu. Hai qualcosa in contrario se con me ci sarà anche lei?». 

Sì, ma non poteva dirlo. Avrebbe preferito essere l’unico amico a starle vicino, ma sentì di non poterle negare la consolazione che una donna dona con la sua assistenza e col suo appoggio. «Oh, no», disse, «se lo desideri». Neppure a se stesso sarebbe riuscito a chiarire il perché della sua avversione verso qualunque aiuto proveniente dalla famiglia Orme; eppure era quello che provava, vivamente, in cuor suo. 

«E quando finirà, mamma, ce ne andremo via», disse. «Se volessi abitare altrove, venderò la proprietà. Forse sarà meglio dopo tutto quel che è successo. Andremo all’estero per un po’». 

Non riuscì a rispondere se non stringendogli la mano. Ah, se glielo avessero detto - se avesse lasciato fare a Mrs Orme quella gentilezza per lei, come sarebbe stato meglio! Vendere la proprietà! Ah, povera me! Non era terrificante il suono di quelle parole - il significato di quelle parole ? 

«Sì, va bene», rispose, accantonando quell’ultimo proposito. «Domattina andremo insieme. Mr Aram ha detto che si sarebbe seduto al mio fianco, ma non avrà nulla in contrario se ti siederai fra noi». Quel nome suonava odioso a Lucius. Odiosa sarebbe stata la sua vicinanza. Ma sentì di non potersi ribellare alla sistemazione ormai stabilita. Mr Aram era stato assunto, con tutti i suoi cavilli, e il processo andava portato a termine con le sue manovre tattiche. 

Dopodiché Lucius lasciò la madre, e uscì nella notte oscura, passeggiando su e giù in strada dalla casa al cancello principale, cercando di capire perché mai sua madre fosse così avvilita. Di sicuro, pensava, temeva l’esito del processo, un timore che personalmente non riusciva a nutrire. Quanto al sospetto che fosse colpevole: neppure per un attimo un’idea del genere offuscò la sua serenità d’animo. 

Orley Farm
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