Capitolo XIII
Colpevole o non colpevole
Purtroppo per Mr Furnival l’intrusa era la moglie - gli piacesse o meno. Eccola nel suo studio legale, presente in carne e ossa, spiacevole vista per il marito come per la cliente del marito. Aveva bussato alla porta d’ingresso, aperta da Mr Crabwitz in assenza del galoppino, e aveva attraversato in un lampo il corridoio in direzione della stanza del legale, dicendosi al corrente della presenza di Mr Furnival al suo interno. Mr Crabwitz si era battuto con tutte le sue forze per bloccarne l’avanzata, ma si scoprì incapace di frenarla anche per un momento.
I vantaggi coniugali sono tanti e grandi, così tanti e così grandi che tutti gli uomini, senza dubbio, dovrebbero sposarsi. Però anche la vita coniugale ha i suoi inconvenienti; tra i quali la gelosia manifesta e immeritata di una moglie non sarà il meno sgradevole. Cosa deve fare un uomo accusato di fronte al mondo intero, di fronte a un angolo di mondo, di corteggiare una certa signora di sua conoscenza? Cosa deve dire? Quale atteggiamento deve assumere? «Amore, no. Non l’ho mai fatto, neppure ci penso, per tutto l’oro del mondo. Te lo giuro con la mano sul cuore. Ecco Mrs Jones, faccio appello proprio a lei». A questo si è ridotto! Ma è così che un innocente deve essere ridotto dalla sua diletta moglie ?
Parlo di gelosia immeritata, perciò si penserà che i miei commenti non valgano per Mrs Furnival. Invece valgono per lei come per qualunque donna. L’idea generale sulle strane dee era poco più di un sospetto: e tutte quelle che tormentano così se stesse e i mariti non hanno più argomenti di Mrs Furnival. Quanto a Lady Mason, un’idea del genere era del tutto infondata. Lady Mason avrà avuto le sue colpe, ma finora non la propensione a strapparle l’affetto del marito. Mr Furnival era un legale intelligente e lei aveva un gran bisogno della sua assistenza; per questo si era recata presso lo studio, per questo aveva lasciato che le prendesse la mano. Sarà anche vero che a Mr Furnival piaceva la sua cliente perché era una bella donna. Il mio cavallo, il mio quadro, il panorama della finestra della mia camera mi piacciono per la stessa ragione. Mi vien fatto di pensare che non vi fosse altro.
«Cara!» disse Mr Furnival, indietreggiando un pochino e lasciando ricadere le mani lungo i fianchi. Anche Lady Mason indietreggiò di un passo, poi si riprese con notevole presenza di spirito e tese la mano per salutare Mrs Furnival.
«Piacere, Lady Mason», disse Mrs Furnival, senza alcuna presenza di spirito. «Spero di trovarvi bene. Ho sentito che sareste venuta in città… a far spese; mai e poi mai mi sarei aspettata… la soddisfazione di trovarvi qui».Ogni parola di quella cara, buona, sconsolata donna, ne rivelava la gelosia come se si fosse avventata sulla cuffia di Lady Mason con tutta l’energia gagliarda e schietta di Spitalfields o di St. Giles.
« Sono venuta apposta per consultare Mr Furnival in merito a certe sfortunate questioni legali», disse Lady Mason.
«Oh, ma davvero! Invece vostro figlio Lucius ha parlato di… spese».
«Sì, gliel’ho detto io. Quando una è sfortunata al punto di dover ricorrere ai consigli di un legale, non vuole farlo sapere. Mi spiacerebbe molto se il mio caro ragazzo indovinasse questo mio nuovo guaio; o, per la verità, se venisse a saperlo chicchessia. Ma sono certa che con voi sarò al sicuro, cara Mrs Furnival, né più né meno che con vostro marito». E si accostò all’arrabbiata massaia guardandola dritta in faccia.
Davanti al racconto sincero di una donna in pena il cuore di Mrs Furnival sapeva sciogliersi come neve al sole di mezzogiorno. Se Lady Mason si fosse rivolta a lei, raccontandole tutti i suoi timori e i suoi guai, sollecitando il suo parere e il suo aiuto, appellandosi ai suoi sentimenti materni, Mrs Furnival avrebbe insistito giorno e notte affinché il marito si occupasse del suo caso. Gli avrebbe ingiunto di farsi in quattro senza onorario né compenso, lei stessa indicando a Lady Mason la strada per Old Square, Lincoln’s Inn. Sarebbe stata anche discreta, senza lasciarsi andare a vani pettegolezzi con chicchessia. Quando lui, ai tempi della loro felicità, le aveva raccontato i suoi segreti professionali, mai aveva spettegolato, mai si era lasciata andare al vaniloquio. Sarebbe stata fedele all’amica, consolandola mentre si trovava nei guai come una donna sa consolare un’altra. Per un momento le si affacciò il pensiero che tutto questo sarebbe potuto accadere, poiché negli occhi di Lady Mason leggeva l’innocenza. Ma poi guardò il viso del marito senza trovarla; il suo cuore tornò a indurirsi. Il viso della donna poteva mentire: «I visi di certe donne sono mentitori», si disse; ma in sua presenza quello del marito era stato costretto a confessare.
«Oh, per carità, no; non dirò nulla, s’intende», disse. «Mi dispiace tanto di essermi intromessa. Mr Furnival, dato che mi trovavo a Holborn - da Mudie14 per certi libri - ho pensato di venirvi a chiedere se oggi contavate di pranzare a casa. Non ne avete parlato né ieri sera né stamattina; e di questi tempi una non sa proprio come giostrarsi in faccende del genere».
«Ti ho detto che dovevo tornare a Birmingham nel pomeriggio; pranzerò là», disse Mr Furnival, in maniera assai scontrosa.
«Ah, benissimo. Infatti sapevo che sareste andato fuori città. Non mi aspettavo certo che rimaneste a casa; ma credevo che, magari, vi avrebbe fatto piacere pranzare prima della partenza. Buona giornata, Lady Mason; spero che vi arrida il successo davanti alla… corte». Poi, facendo la riverenza alla cliente del marito, si apprestò a ritirarsi.
«Credo di avervi detto tutto il necessario, Mr Furnival», disse Lady Mason; «quindi se Mrs Furnival vuole… », e anche lei si ricompose come fosse sul punto di lasciare la stanza.
«Non ho ben capito cosa voglia mia moglie», disse il marito.
«Quello che voglio io non conta», disse Mrs Furnival, «e mi dispiace davvero tanto di essere entrata». Poi se ne andò, lasciando ancora una volta soli suo marito e la donna della quale era gelosa. Tutto sommato credo che Mr Furnival facesse bene a non pranzare a casa quel giorno.
Mentre la porta si chiudeva in maniera alquanto fragorosa alle spalle dell’arrabbiata signora - con Mr Crabwitz che si precipitava fuori giusto in tempo per attenuare la violenza del colpo - Lady Mason e il suo presunto amante rimasero a guardarsi. Fu una vera scortesia verso Lady Mason, e lei la prese come tale. Mr Furnival aveva cinquantacinque anni e il naso livido; lei più di quaranta e aveva vissuto da vedova per vent’anni senza incorrere nel minimo scandalo.
«Spero di non aver fatto nulla di riprovevole», disse Lady Mason con voce triste e suadente; «ma forse Mrs Furnival voleva proprio trovarvi da solo».
«No, no, figuriamoci».
«Mi piange il cuore al pensiero di esservi stata d’intralcio. Se vostra moglie voleva parlarvi in privato, la sua rabbia non mi sorprende, sapendo che di solito gli avvocati non permettono ai clienti di andarli a disturbare in studio».
«Neppure alle mogli», avrebbe potuto aggiungere Mr Furnival, ma non lo fece.
«Non importa», disse, «non è nulla. Ha un carattere d’oro; a volte però è impossibile rispondere persino dei caratteri d’oro».
«Conto su di voi per riappacificarmi con vostra moglie».
« Sì, naturalmente; domani non ci penserà più. E neanche voi dovete, Lady Mason».
«Oh, no; è che non vorrei creare seccature agli amici per tutto l’oro del mondo. A volte sono tentata di non disturbare più nessuno con i miei dispiaceri, lasciando che le cose vadano come devono andare. Se non fosse per il povero Lucius… ».
Mr Furnival, scrutandola in volto, si avvide dei suoi occhi pieni di lacrime. La loro realtà era indubitabile. Erano pieni di autentiche lacrime, traboccanti e copiose; e il cuore dell’avvocato si sciolse. «Ma perché dovete parlare in questo modo», disse. «Non credo che i vostri amici ve ne vorranno se qualche volta li disturbate. Lo posso dire con certezza, almeno per quanto mi riguarda».
«Siete troppo gentile; ciò nonostante so benissimo quanto vi sto chiedendo».
«La fatica che dona piacere è medicina per la pena che se ne sopporta»,15 disse Mr Furnival con galanteria. «Ma, a onor del vero, Lady Mason, non capisco perché dobbiate scoraggiarvi così. Ricordo bene il vostro coraggio e la vostra costanza di vent’anni fa, quando davvero c’era di che tremare».
«Ah, ero più giovane allora».
«Lo dice il calendario; altrimenti non lo saprei mai. Siamo tutti più vecchi, naturalmente. Vent’anni non passano senza lasciare il segno, anch’io me ne rendo conto».
«Gli uomini non invecchiano come le donne, che vivono sole e arrugginiscono nutrendosi dei loro pensieri».
« Non conosco nessuno come voi, Lady Mason, appena sfiorato dal tempo; ma se posso parlarvi da amico… ».
«Se non potete voi, Mr Furnival, chi altri potrebbe?».
«Vi direi che è da deboli essere così abbattuti, anzi così infelici».
«Credo che un’altra causa mi ucciderebbe. Avete parlato del mio coraggio, della mia costanza di allora, ma non potete capire quanto ho sofferto. Mi facevo animo per sopportarlo, dicendomi che era un dovere primario verso il bimbo che tenevo in braccio. E quando ero lì in piedi davanti alla corte, attorniata da quella tremenda giuria, con tutti gli occhi puntati su di me, gli occhi di coloro che mi credevano colpevole di un crimine così tremendo, per amore di quel figlio così debole sapevo essere coraggiosa. Ma mi ha quasi ucciso. Mr Furnival, non potrei affrontarlo di nuovo; no, neppure per il suo bene. Se potete risparmiarmelo, quand’anche si trattasse di pagare sottobanco quell’ingrato… ».
«Non dovete pensarlo».
«Non devo? Ahimè!».
«Racconterete tutto a Lucius e lo lascerete venire qui?».
«No, neanche per tutto l’oro del mondo. Sfiderebbe chiunque, gloriandosi della battaglia; ma, in fin dei conti, tocca a me sostenerne il peso maggiore. No, non lo saprà; a meno che non diventi di dominio pubblico».
Poi Mr Furnival, stringendole ancora un po’ la mano e dicendole ancora qualche parola di incoraggiamento, un po’ tenera perché parlava l’uomo, un po’ forense perché parlava l’avvocato, la lasciò andare e, come d’accordo, Lady Mason trovò suo figlio nel negozio del chimico di Holborn. Il suo volto non recava tracce di lacrime né di dispiacere mentre sorrideva a Lucius porgendogli la mano, poi quando furono insieme in carrozza gli chiese come fosse andata a Liverpool.
«Sono molto contento d’esserci stato», disse, «proprio contento. I commercianti che ho visto sono i migliori importatori dell’articolo e ho preso accordi con loro».
«Quindi sarà a poco prezzo, Lucius?».
«A poco prezzo! Non è quel che le donne in genere definiscono poco prezzo. Se c’è una cosa che odio su questa terra è un buon affare. Chi va in cerca di buoni affari o è un babbeo o un imbroglione, probabilmente è tutt’e due le cose».
«Tutt’e due le cose, Lucius. Quindi è doppiamente sfortunato».
« È un imbroglione perché vuole le cose per meno di quanto valgono; e un babbeo perché, automaticamente, non ottiene quel che vuole. Non ho fatto nessun buon affare a Liverpool, perlomeno nessun buon affare a poco prezzo; però ho preso accordi per la congrua fornitura di un articolo genuino, di prima scelta, al giusto prezzo di mercato, e ho ragione di credere che i risultati saranno redditizi». Poi, sul vagone ferroviario diretto verso casa, la madre parlò col figlio dei suoi progetti come avesse dimenticato l’altra sua proccupazione e gli spiegò del pranzo fissato con Sir Peregrine.
«Sarò lietissimo di pranzare con lui», disse Lucius, «e mi fa un immenso piacere potergli parlare di come gestisce la sua terra; ma, mamma, non ti prometto di farmi guidare da un professore tanto all’antica».
Mr Furnival, rimasto solo, rifletteva sul colloquio di prima. All’inizio, come è ovvio, si rammentò di sua moglie; e mi rincresce dire che l’amore che le portava, la gratitudine che le doveva e il ricordo di tutte le loro gioie e le loro sofferenze non gli riempirono il cuore di pensieri teneri quanto doverosi nei suoi riguardi. La sua fronte assunse una piega corrucciata mentre meditava sull’ultima intrusione ed egli decise, per così dire, che certe cose in futuro andavano impedite. Non stabilì come impedirle, un punto a volte trascurato dai mariti nelle loro scelte coniugali. Poi, fece il conto delle proprie virtù, anziché delle sue. Non le aveva dato tutto? Una casa che mai si era sognata in gioventù ? Domestici, carrozze, denaro, comodità e lussi d’ogni sorta? Nulla le era mancato, l’aveva lasciata godere abbondantemente dei frutti del suo duro lavoro; eppure si comportava da ingrata, riempiendosi la testa di capricci e di fantasie come una ragazzina, seccandolo e imbarazzandolo non poco. L’avrebbe informata che il suo studio, il suo studio legale, era interdetto persino a lei. Non sarebbe diventato lo zimbello degli impiegati e dei colleghi a causa della follia impertinente di una donna che gli doveva tutto; e chi più ne ha più ne metta! Mi rincresce dire che neppure una volta pensò a quelle serate di solitudine in Harley Street, a quelle interminabili giornate che la poveretta era condannata a passare senza l’unica compagnia a lei cara. Mai pensò a quel voto da entrambi pronunciato sull’altare, da lei osservato con tanta lealtà, che esigeva da lui un amore sentito, confortante, perenne. Mai gli venne in mente che negandoglielo aveva rotto la sua promessa come se veramente si fosse preso cura di qualche strana dea, lasciando la moglie legittima con una fredda cerimonia di alimenti o roba del genere. Era stato generoso con lei quanto al denaro, perciò non doveva infastidirlo! Il suo dovere l’aveva fatto, perciò non le avrebbe permesso di infastidirlo! Furono questi, mi rincresce dirlo, i suoi pensieri e le sue decisioni allorché rimase a pensare e a decidere della moglie.
Poi, poco alla volta, la sua mente corse all’altra e i pensieri divennero ben più teneri. Certo Lady Mason, così in pena, era interessante quanto seducente. Il suo colorito si ravvivava ancora, la mano era ancora morbida e piccola, i capelli erano ancora castani e lisci. Nessuna ruga le solcava la fronte ad onta delle preoccupazioni che l’avevano traversata; il suo incedere era ancora leggero, malgrado il pesante fardello del dispiacere. Fece un perfido confronto, temo, perfido seppur inconsapevole.
Ma, poco alla volta, smise di pensare alla donna e cominciò a pensare alla cliente, dal momento che il suo dovere glielo imponeva. Qual era la reale verità di tutto questo ? Possibile che si allarmasse in quel modo perché un avvocaticchio di campagna aveva raccontato alla moglie del ritrovamento di una vecchia carta, partendo poi per lo Yorkshire ? La sua ansia era più che normale, immaginandola al corrente di qualche segreto che, qualora scoperto, l’avrebbe condannata; ma più che anormale se tale segreto era inesistente. Lei sapeva! Solo lei, se non altri, sapeva in cuor suo se quel testamento fosse valido. Se lo era, possibile che ora tremasse con tale violenza, visto che lo avevano sostanzialmente provato in varie aule di tribunale ? E invece - se si trattava di un falso, un falso ad opera sua o di qualcuno di sua conoscenza - se ora questa verità fosse venuta a galla! Sarebbe stato tremendo! Ma tremendo non è la parola che meglio descrive l’idea che s’affacciò alla mente di Mr Furnival. Stupefacente, sarebbe stato tutto stupefacente! Ma allora quale mano aveva tracciato quelle firme ? Possibile che fosse stata lei, soave, bellissima, leggiadra com’era ancora, quasi una fanciulla qual era un tempo, senza aiuto - da sola? - che avesse potuto sedersi nella quiete notturna, con quel vecchio da un lato e il bambino nella culla dall’altro, e falsificare quel testamento, firme e tutto, in maniera tale da farla franca per vent’anni, che fosse stata abile al punto da disorientare avvocati e giuria e resistere alla smaniosa avidità del parente truffato ? Ma allora, non era tutto stupefacente ? Non era donna di cui stupirsi ?
Poi la mente di Mr Furnival, acuta e pressoché infallibile nel cogliere gli aspetti legali, si mise alacremente al lavoro, considerando quali altre prove potessero saltar fuori. Subito ricordò i particolari circa i due testimoni principali, l’impiegato così pasticcione e la servetta che era stata chiarissima. Avevano senz’altro sottoscritto qualche atto, proprio quel giorno. Se c’era di mezzo una frode, un falso, meritava quasi protezione, ingegnosa com’era! Ma se c’era di mezzo una frode l’avvocato, benché ignaro dei particolari, subito ravvisò la natura degli strumenti per individuarla, molto prima di Mr Mason che di particolari ne conosceva ormai in quantità.
Ma era impossibile. Se lo disse a voce alta; a voce alta per potersi convincere. Impossibile, ripetè; ma non si convinse. Doveva chiederglielo? No, non era detto che dovesse farlo. Fosse saltato fuori un nuovo processo, meglio per lei tenerlo all’oscuro. Poi, avendo di nuovo dichiarato che era impossibile, suonò il campanello. «Crabwitz», disse, senza guardarlo, «fate un salto a Bedford Row, porgete i miei rispetti e fatevi dare l’indirizzo di Mr Round; parlo del vecchio Mr Round».
Mr Crabwitz sostò un momento o due sulla porta mentre Mr Furnival, tornato ai suoi pensieri, ne attendeva la partenza. «Beh», disse, alzando gli occhi, visto che il suo sgherro ancora non si muoveva.
Mr Crabwitz non era di ottimo umore e aveva una mezza intenzione di informarne il padrone. Tenuto conto della sua generale importanza nell’ambiente legale nonché degli inestimabili servigi resi a Mr Furnival, riteneva di non essere trattato bene. Lo aveva convocato nel suo tetro studio quasi senza una spiegazione e, adesso che era a Londra, non gli permetteva di unirsi ai saggi giureconsulti riuniti nel grande congresso neppure per ventiquattr’ore. Da quattro giorni sospirava per andare a Birmingham, ma invano; e adesso il padrone lo spediva in giro per la città come fosse un fattorino.
«Debbo fare un salto fino alla guardiola e mandare il portinaio da Round e Crook?» chiese Mr Crabwitz.
«Il portinaio! No, andateci voi; non avete nulla da fare. Perché dovrei mandare il portinaio per gli affari miei?». Probabilmente Mr Furnival dimenticava l’età e il grado del suo impiegato. Crabwitz sarebbe corso ovunque la prima volta che il suo datore di lavoro lo conobbe e a Mr Furnival era sfuggito il cambiamento.
«Benissimo, signore; certo che ci vado io se lo desiderate; ossia, per questa volta. Ma spero, signore, voi mi scuserete se dico… ».
«Cosa?».
«Che non sono esattamente un messaggero, signore. Ora vado naturalmente, dal momento che l’altro impiegato non c’è».
«Oh, siete troppo importante per fare una scappata a Bedford Row, vero? Datemi il cappello, ci vado io».
«Oh, no, Mr Furnival, non intendevo questo. Naturale che farò un salto a Bedford Row… solo che ho pensato…».
«Cosa?».
«Che magari avrei diritto a un pochino più di rispetto, Mr Furnival. Parlo per il vostro bene come per il mio, signore; se quelli di Chancery Lane vedono che mi spedite in giro come un ragazzotto di vent’anni, signore, penseranno…».
«Cosa?».
«Non saprei, però so che mi urterebbe non poco, signore; urterebbe non poco la mia sensibilità. Pensavo, signore, che magari…».
« Statemi a sentire, Crabwitz, se il vostro posto di lavoro non vi va siete libero di andarvene domani stesso. Non mi sarà affatto difficile trovare un sostituto».
«Mi spiace sentirvi parlare in questo modo, Mr Furnival. Mi spiace tanto… dopo quindici anni, signore… ».
«Vi ritenete troppo superiore per andare a piedi a Bedford Row!».
«Oh, no. Ora ci vado, naturalmente, Mr Furnival». E così Mr Crabwitz andò, meditando su diverse cose. Conosceva il proprio valore, o almeno pensava di conoscerlo; chissà che non fosse possibile trovare un principale più giusto di Mr Furnival nel riconoscere i suoi meriti?