Capitolo XXII
Natale a Noningsby
Il giorno di Natale Noningsby era stracolma, pur non essendo affatto una casa piccola. C’era Mrs Arbuthnot, la figlia sposata del giudice, con i suoi tre figli; c’era Mr Furnival, che aveva superato come meglio poteva le difficoltà domestiche con le quali l’abbiamo visto alle prese; e c’era Lucius Mason, che Lady Staveley aveva espressamente invitato quando seppe che sua madre avrebbe soggiornato a Cleeve. Non c’era residenza di campagna più comoda di Noningsby; graziosa, a suo modo, sebbene sostanzialmente diversa da Cleeve. Era nuova da cima a fondo, il che era tutto di guadagnato per una casa. Resa comoda dalle più moderne apparecchiature, ogni sua stanza era delle debite proporzioni. Nondimeno mancava di quel certo non so cosa, in apparenza piuttosto che in realtà, che solo la vecchiaia conferisce alla dimora di un gentiluomo di campagna. Anche i giardini erano nuovi, e i terreni circostanti lindi, quadrati e ordinati. Noningsby era una casa deliziosa; nessuno con soldi e gusto a disposizione se ne sarebbe creata una più deliziosa; d’altronde vi sono delizie che nemmeno i soldi e il gusto sanno creare.
Era un piacevole spettacolo vedere la lunga, spaziosa, ricca tavola della prima colazione, attorniata da tutta quella gente. Ora si erano radunate all’incirca diciotto, venti persone, tra le quali spiccava il giudice, che campeggiava in poltrona, con un doppio spazio in dotazione - all’incirca diciotto, venti persone, bambini compresi. In fondo alla tavola sedeva Lady Staveley, che ancora gradiva sovrintendere alle sue tazze da tè come si conviene a una signora; accanto a lei sedeva sua figlia Madeline, che l’assisteva in tali fatiche. Più vicino a loro erano raggruppati i bambini, mentre il resto si era diviso in piccoli gruppi, ciascuno dei quali conosceva già bene il proprio posto alla mensa. Quanto poco tempo si impiega a calarsi nella piacevole usanza di sedere al solito posto! Ma qui a Noningsby, fra le usanze già consolidate della prima colazione, vi era quella che accordava ad Augustus Staveley il privilegio di sedere sempre accanto a Sophia Furnival. Senza dubbio il suo obiettivo iniziale era rimasto immutato. Un’unione fra Sophia e l’amico Graham era ancora auspicabile, e perseverando forse poteva indurre Felix a svegliarsi. Ma finora Felix Graham non si era svegliato, e nel gruppo un paio di persone erano inclini a fraintendere le intenzioni del giovane Staveley.
«Insomma, Gus», gli aveva detto sua sorella la sera prima, «secondo me hai intenzione di corteggiare Sophia Furnival».
«Ah sì?» aveva replicato. «Di norma ti considero la persona che più rispetto al mondo quanto ad acume. Ma, in questo caso, sbagli perfino tu».
«Ah, è logico che tu dica così».
«Se non mi credi, chiedilo a lei. Che altro posso dire?».
«Nemmeno per idea, dato che non la conosco abbastanza».
«È una ragazza intelligentissima; lasciatelo dire, a prescindere da chi se ne innamora».
«Ne sono certa, ed è anche avvenente, molto; malgrado ciò non si merita il nostro Gus».
«Naturalmente, perciò non ci penso. E ora vai a letto e sogna di esser diventata la cognata della Regina delle Isole Fortunate».24
Ma Staveley, pur essendo del tutto indifferente alle grazie di Miss Furnival, stentava a dominare la sua antipatia per Lucius Mason, che, a suo avviso, tendeva ad ammirare la signorina in questione. Parlando di Lucius con i propri familiari e con il caro amico Graham, lo aveva definito presuntuoso, pedante, grossolano, esterofilo e odioso. La sua famiglia, ossia la madre e la sorella, di rado lo contraddicevano; ma Graham non ci andava tanto cauto, e di solito lo contraddiceva su tutto. Per la verità, non esisteva segno di autentico pregio nel carattere di Staveley più spiccato della sua piena convinzione della superiorità dell’amico Felix.
«Ti sbagli di grosso sul suo conto», aveva detto Felix. «Lucius Mason non è stato in una scuola, né in un’università inglese, perciò è diverso dagli altri giovani di tua conoscenza; ma secondo me è istruito e intelligente. Quanto alla presunzione, se uno non è presuntuoso come vuoi che faccia del bene ? Nessuno tiene in gran conto una persona con una cattiva opinione di sé».
«Fatto sta, caro mio, che Lucius Mason non mi piace».
«Mentre il Dr Fell,25 hai presente ? Non piaceva a qualcun altro».
«E ora, brava gente, come siete messi per andare in chiesa?» disse Augustus, mentre erano tutti ancora alle prese con uova e panini.
«Io andrò a piedi», fece il giudice.
«E io in carrozza», fece sua moglie.
«Due sono a posto; adesso ci vorrà mezz’ora per sistemare gli altri. Miss Furnival, voi senza dubbio accompagnerete mia madre. Poiché sarò tra coloro che andranno a piedi, vedrete quanto sacrificio mi costa il suggerimento».
La chiesa era a un miglio di distanza, e Miss Furnival era conscia del vantaggio di apparire al banco in forma, sottraendosi al vento, al fango o alla pioggia. «Debbo confessare che, comunque sia, preferisco la compagnia di Lady Staveley alla vostra»; dopo di che Augustus, ultimando la disposizione dei posti in carrozza, ne assegnò il resto alle signore sposate.
«Ma ho preso il posto in carrozza di vostra sorella Madeline», protestò Sophia costernata.
«In genere mia sorella va a piedi».
«Vorrà dire che andrò a piedi con lei»; ma quando venne il momento Miss Furnival andò in carrozza mentre Miss Staveley camminò.
E così, al momento di mettersi in marcia, Graham finì per ritrovarsi a fianco di Miss Staveley, senza dubbio con sommo disgusto di una dozzina di altri aspiranti a tale onore.
«Non posso impedirmi di pensare», disse, mentre procedevano di buon passo sulla gelida brina, «che questo nostro Natale sia un grosso errore».
«Oh, Mr Graham!» esclamò Madeline.
« Non occorre guardarmi con orrore, almeno non in questo caso».
«Ma quel che dite è più che orrendo».
«Sembra così, m’illudo, solo perché non ho ancora finito il discorso. La parte della giornata in qualche modo riservata al sacro non è certo un errore».
«Sono contenta che la pensiate così».
«O, meglio, non è un errore nella misura in cui viene resa sacra. Ma la caratteristica convivialità di quella giornata è di un pesante! Un carnoso arrostimento che ci opprime fino al midollo dall’istante stesso del risveglio fino all’ultimo inane sforzo per ingerire un po’ di budino fritto a cena!».
«Ma non occorre mangiare il budino fritto per cena. Per la verità, temo che qui non vi offriranno alcuna cena».
«No, non a me personalmente, sotto quel nome. Troverei anche il modo di guardarmi da tali offerte. Ma nell’aria vi è sempre un sentore di canditi, canditi d’ogni sorta, commestibili e non».
«Volete negare ai bambini il loro zibibbo.26 Ecco dove volevate andare a parare, Mr Graham».
«No, per carità; se non c’è premeditazione, lo zibibbo arroventato è un gioco caro alla mia anima; potrei anche produrmi nella mosca cieca».
«Allora lo farete, dopo pranzo; naturalmente saprete che pranziamo presto».
«Però la mosca cieca alle tre, con i giochi natalizi alle quattro meno un quarto… le sciarade alle cinque, più il vino e i pasticcini alle sei e mezza, diventa pesante. Qui sta l’errore. Un grosso tacchino va benone, è uno spasso vederne uno che è grosso il doppio del normale! Ma un grosso tacchino, più una montagna di arrosto più un budino che pesa come il piombo, opprimono lo spirito per via della loro pesantezza combinata. E poi infondono un ricordo d’indigestione, un alone come di apoplessia perfino alle funzioni religiose».
«Non sono per niente d’accordo».
«Vi chiedo una risposta imparziale. L’uomo comune inglese non pensa comunemente che il giorno di Natale consista in un pasto ininterrotto?».
«Sono soltanto una comune donna inglese, perciò non saprei. Io non lo penso».
« Sono convinto che a perpetuare la cerimonia, per come la celebriamo noi, siano i macellai e i venditori di birra, spalleggiati dai droghieri. Si tratta in sostanza di una festività materiale; ciò nonostante non sarei contrario se non fosse tanto esagerata da esser deplorevole. Accipicchia, il sole sta squagliando la brina per terra: al ritorno la strada sarà un pantano».
«Ma allora saremo sulla via di casa e non ce ne cureremo. Ricordate, Mr Graham, mi aspetto che vi facciate avanti per la mosca cieca». Mentre le faceva la promessa richiesta, pensò che persino i passatempi natalizi sarebbero stati sopportabili, se anche lei vi avesse preso parte; poi entrarono in chiesa.
Non conosco nulla di più piacevole allo sguardo di una graziosa chiesa di campagna, decorata per il giorno di Natale. In città l’effetto è totalmente diverso. Non dirò che sia inutile decorare le chiese di città, ma la questione al confronto lascia indifferenti. Nessuno sa chi se ne occupa. La singolare munificenza del signorotto che ha sacrificato i suoi cespugli di agrifoglio non viene apprezzata. L’opera delle dita che sono state adoperate non viene riconosciuta. Gli sforzi fatti per appendere le ghirlande a ogni capitello non destano particolare interesse in un folto numero di fedeli. Probabilmente è avvenuto per contratto e sebbene sia fatto a regola d’arte manca della grazia della collaborazione. Mentre qui, alla chiesa di Noningsby, Madeline e il giardiniere hanno reciso i fiori invernali, e le loro mani hanno radunato le bacche rosse. Insieme alla moglie del vicario, Madeline si è arrampicata con perigliosa audacia sullo scrittoio del religioso per fissare i rami sotto il pulvino dell’antiquata torretta, dalla quale si predicavano i sermoni.
E naturalmente di tutto questo se ne era parlato a casa; e alcuni erano andati a vedere, compresa Sophia Furnival, la quale aveva dichiarato che nulla era tanto delizioso, pur non rischiando le dita prendendo in qualche modo parte all’opera. E i bambini avevano considerato l’operazione un meraviglioso trionfo decorativo che aveva fatto la felicità di molti di loro.
Al momento di tornare dalla chiesa, Miss Furnival insistette per andare a piedi, affinché, disse, tutta la fatica non toccasse a Miss Staveley; ma anche quest’ultima voleva andare a piedi, e la carrozza, dopo un po’ di rimostranze e di ritardo, si avviò con il carico incompleto.
«Come la mettiamo per la parte dell’accordo riguardante il plum-puddingì» disse Felix Graham.
«Già, Mr Graham», fece Madeline «come la mettiamo… anche per la mosca cieca?».
«Avete mai visto qualcosa di più perfetto di quella chiesa, Mr Mason?» disse Sophia.
«Di più perfetto? No, di quel genere forse mai. Ho visto il coro di Colonia».
«Suvvia, non è giusto», disse Graham. «Non chiamate in causa Colonia per schiacciarci qui, nei nostri piccoli villaggi inglesi. Non avete mai visto il coro di Colonia allietato dalle bacche d’agrifoglio».
«No. Però ho visto le calze del cardinale e i paramenti del vescovo».
«Preferisco l’agrifoglio, credo» disse Miss Furnival. « Perché le nostre chiese non si presentano sempre così, cambiando solo i fiori e il fogliame a seconda delle stagioni? La funzione diventerebbe così suggestiva».
«Non mi pare il caso durante la quaresima», disse Madeline, in tono serio.
«Beh, forse non proprio durante la quaresima».
Peregrine e Augustus Staveley camminavano in testa, forse non tanto soddisfatti della giornata quanto gli altri. Augustus, all’uscita della chiesa, aveva dovuto lottare un tantino per occupare il solito posto accanto a Sophia ma Mason l’aveva preceduto. Siccome non voleva fare da terzo incomodo, era andato avanti con il giovane Orme. Non che Peregrine fosse più felice. Senza sapere il perché, provava una crescente avversione per Felix Graham. Quel Graham era un vagheggino, pensava, uno che parlava troppo; e poi, maledizione, era brutto come la fame e… e… e… non gli piaceva. Peregrine non era tipo da analizzare i propri sentimenti in certi frangenti. Non si chiese perché avrebbe gioito alla notizia che un affare urgente aveva trascinato Felix Graham fino a Hong Kong; però sapeva che avrebbe gioito. Sapeva anche che Madeline Staveley era… No, non sapeva com’era; ma quando era solo, intratteneva con lei ogni sorta di conversazioni immaginarie, anche se quando era in sua compagnia stentava a trovare qualcosa da dirle. Stando così le cose, fraternizzò con Augustus; ma neppure questo valse a soddisfarlo, visto che non poteva inveire contro Graham davanti al suo migliore amico, né sussurrare delle virtù di Madeline alle orecchie di suo fratello.
I bambini, ve n’erano tre o quattro riuniti oltre quelli di Mrs Arbuthnot, erano tutt’altro che inclini ad appoggiare le critiche di Mr Graham in fatto di passatempi natalizi. A loro pareva di non riuscire a tuffarsi con la dovuta sveltezza nel vortice di quei divertimenti. Il pranzo ebbe la sua rilevanza, specie per quanto riguarda certi dolci decorati che coronarono con gloria quel banchetto; ma andarono quasi per le spicce affinché il fazzoletto si stringesse intorno agli occhi del primo a essere bendato.
«E ora tutti nell’aula», disse Marian Arbuthnot, saltando in piedi e facendo strada. «Venite, Mr Felix», e Felix Graham la seguì.
Madeline aveva dichiarato che toccava a lui essere bendato per primo, e tale fu la sua fine. «Ora cercate di acchiapparmi, Mr Felix, vi prego», disse Marian, dopo averlo fatto sedere in un angolo dell’aula. Era una magnifica creaturina bionda, dai riccioli lunghi e morbidi, le labbra rosse come una rosa e i grandi occhi azzurri e vispi, tutta tenera felice e ridente, che amava i suoi amichetti con passione e che senza dubbio si aspettava altrettanta devozione da parte loro. È della stoffa di queste bambine che le nostre mogli e le nostre innamorate dovrebbero esser fatte.
«Ma come faccio a trovarti se sono bendato?».
«Beh, potete toccare. Potete mettermi la mano sulla testa. Io non devo parlare, sapete; però sono sicura che mi metterò a ridere; allora indovinerete per forza che sono io». Così si giocava a mosca cieca per lei, secondo le rigorose regole del gioco.
«Però mi darai un bacione?» disse Felix.
«Sì, quando avremo finito di giocare», promise lei con molta serietà.
Poi dallo spogliatoio del nonno fu portato un enorme fazzoletto di seta bianca, grosso quanto una piccola vela, affinché nessuno vedesse neppure «un puntolino», come Marian aveva osservato con molta energia, e si misero all’opera per bendarlo. «È troppo piccolo, non arriva dietro», disse Marian, che si era sforzata, ma invano. «Fallo tu, zia Madeline», e porse il fazzoletto a Miss Staveley che, tuttavia, non pareva molto ansiosa di assumersi quel compito.
«Sarò io il carnefice», disse la nonna, «tanto più che la mia partecipazione alla cerimonia finisce qui. Questo sarà il patibolo. Venite qui, Mr Graham, rimettetevi alla mia mercé». E così la prima vittima fu bendata. «Mi raccomando», gli disse all’orecchio Marian, sussurrando mentre lo portavano via. «Acqua fuoco terra e aria, ogni spirito scompaia», poi gli fecero fare una giravolta nell’aula e lo lasciarono intraprendere la sua ricerca come meglio poteva.
Marian Arbuthnot non era l’unico piccolo tesoro tenero e ridente desideroso di farsi acchiappare, e bendare, sicché vi fu un continuo strattonar di falde, un continuo tirarlo per le braccia tese prima che l’uomo bendato mettesse le mani sull’agognato oggetto. E Felix vagava per l’aula con destrezza, come sfiorato dal pensiero di tradire il patto con Marian, come immaginasse per un istante di poter acchiappare un’altra preda. In tal caso, l’altra preda badava a sfuggirgli e quando il gioco fu a buon punto, i morbidi riccioli di Marian gli vennero a portata di mano. «Davvero, non ho parlato, non ho detto niente», disse lei, quando corse
dalla nonna a farsi mettere il fazzoletto sugli occhi. «Vero, nonnina?».
«Ci sono tanti modi di parlare», disse Lady Staveley. «Tu e Mr Graham vi capite, credo».
«Oh, sono stata acchiappata senza imbrogli», disse Marian, «e ora fammi girare». Se non altro, lei si godette appieno le festività natalizie senza trovarle troppo pesanti.
Poi, alla fine, qualcuno acchiappò il giudice. Direi che fu Madeline; ma, a onor del vero, la sua ora era giunta, non aveva scampo. Tutti quanti gli davano la caccia, e sebbene si barricasse con le seggiole e i bambini, venne acciuffato e identificato. «È papà; lo riconosco dalla catena dell’orologio, dato che l’ho fatta io».
«Sciocchezze, cari», disse il giudice. «Non farò mai una cosa del genere. Non acchiapperei nessuno e rimarrei bendato in eterno».
«Ma nonnino, devi», disse Marian. «Se uno lo acchiappano viene bendato, è il gioco».
«E se invece il gioco dicesse che quando uno lo acchiappano le prende, e io acchiappassi te?» disse Augustus.
«Ma allora non ci giocherei», disse Marian.
«O, papà, dài», disse Madeline. «Così acchiapperai Mr Furnival».
«Sarebbe una tentazione», disse il giudice. «Ancora non mi è riuscito, anche se ci provo da diversi anni».
«La giustizia è bendata», fece Graham. «Perché un giudice dovrebbe vergognarsi di seguire l’esempio della sua dea?». E fu così che il detentore del mantello d’ermellino cedette, e l’inflessibile magistrato venne fatto girare, con la debita formula magica, e rilasciato nel caos in cerca di una nuova vittima.
A Noningsby, una delle regole prevedeva che non si giocasse a mosca cieca a lume di candela, regola assolutamente saggia, in virtù della quale si assicura una fine a qualcosa che altrimenti non l’avrebbe. Perciò quando nell’aula divenne talmente buio da non esserci una gran differenza tra chi era bendato e chi no, il fazzoletto venne fatto sparire e il gioco ebbe fine.
«E adesso il gioco di Natale con lo zibibbo», disse Marian.
«Proprio come avevate previsto, Mr Graham», disse Madeline. «Mosca cieca alle tre e un quarto, giochi natalizi alle cinque».
«Ritiro tutto quello che ho detto, perché non mi sono mai divertito tanto in vita mia».
« Quindi siete disposto a tollerare il vino e i pasticcini quando sarà il loro turno?».
«Disposto a tollerar di tutto, a superar qualunque cosa. Immagino che ora ci forniranno di candele».
«Oh, niente affatto. Un gioco simile a lume di candela! Dove si è mai sentito ? Rimarrebbe solo lo zibibbo, e il brandy non prenderebbe fuoco. Si deve per forza giocare al buio, o piuttosto alla sua luce fiammeggiante».
«Ah, davvero? Ci saranno delle fiamme?».
«Vedrete». Poi si allontanò per andarsi a preparare.
A Noningsby, per questo gioco occorreva sempre un fantasma, e la zia Madeline ne aveva vestito i panni da quando aveva dei nipoti ed era sorta la necessità di recitare quel ruolo. Ma negli anni precedenti gli spetta-
tori erano di meno, oltre che parenti stretti. «Stavolta penso che dovremmo lasciar perdere il fantasma» disse, avvicinandosi al fratello.
«Si faranno venire un attacco di bile, se lo fai», disse. «Le piccole Sebright sono venute apposta».
«Beh, allora fallo tu il fantasma».
«Io! No, non sono in grado. Miss Furnival, voi sareste un incantevole fantasma».
«Sarei felicissima di rendermi utile», disse Sophia.
«Oh, zia Madeline, sei tu il fantasma», disse Marian, tenendole dietro.
« Stupidina che non sei altro; avremo un fantasma magnifico, divino», disse lo zio Gus.
«Ma noi vogliamo Madeline», disse la grossa Miss Sebright, di dieci undici anni.
«Lo fa sempre lei il fantasma», disse Marian.
«Ma certo, sarebbe molto meglio», disse Miss Furnival. «Ho offerto i miei umili servigi nella speranza di rendermi utile. Non esiste un Banquo che si lascerebbe dietro un fantasma peggiore di quanto risulterei io».
Finì che i fantasmi furono due. Fu praticamente impossibile strappare a Miss Furnival la parte promessa, e Madeline non potè rifiutare di risolvere in tal modo la difficoltà senza aggravare la faccenda più di quanto meritasse. L’idea di due fantasmi mandò i bambini in brodo di giuggiole, soprattutto perché comportava due grandi piatti colmi di zibibbo, e due fuochi azzurri che divampavano dal brandy acceso. Così le fanciulle uscirono, non senza profferte d’aiuto da parte dei signori uomini, e dopo un lunghissimo intervallo di quindici venti minuti - giacché i capelli sulla nuca di Miss Furnival non volevano saperne di scendere e adattarsi a lunghezze spettrali con la stessa prontezza di quelli dell’amica - tornarono recando i piatti su due grandi vassoi. Entrambi contenevano il liquore acceso mentre le due varcavano la soglia dell’aula sicché, al loro ingresso, erano illuminate dalle fiamme azzurro scuro che portavano.
«Oh, non è splendido?» disse Marian, appellandosi a Felix Graham.
«Davvero splendido», replicò lui.
«Secondo voi qual è il fantasma più splendido? Vi dirò quale preferisco, è un segreto, sapete: preferisco la zia, è lei la più splendida».
«E ti dirò in segreto che anch’io la penso così. Per me è il fantasma più splendido che abbia visto in vita mia».
«Sul serio?» chiese Marian, con solennità, probabilmente al pensiero che l’esperienza del suo nuovo amico in fatto di fantasmi fosse approfondita. Comunque sia, Felix pensava che, per quanto riguardava la sua esperienza in fatto di donne, non aveva mai visto nulla di più incantevole di Madeline Staveley vestita di un lungo lenzuolo bianco, con un lungo drappo di mussola bianca che le incorniciava il volto.
Inoltre c’è da presumere che nel complesso l’abito non sia male se abbinato all’azzurro delle fiamme, giacché Augustus Staveley e Lucius Mason pensarono la stessa cosa di Miss Furnival, mentre Peregrine Orme contemplava Miss Staveley senza sapere se sognava o era desto. È possibile che Sophia ne avesse qualche sentore quando si offrì di assumersi quel compito, ma sostengo che per Madeline le cose non stavano affatto così. Non aveva secondi fini quando inizialmente rifiutò la parte del fantasma per poi assumerla. Nessuna voglia di apparire magnifica agli occhi di Felix Graham l’aveva colta, almeno per ora; quanto al giovane Orme, a malapena sapeva che esisteva. «Santi numi!» si disse Peregrine, «è la creatura più bella che abbia mai visto»; poi prese a far congetture su come avrebbero accolto l’idea a Cleeve.
Un’idea del tutto oscura a Felix Graham. Vedeva che Madeline Staveley era magnifica e inconsciamente sentiva che aveva un carattere dolcissimo. Magari avrebbe pensato di poterla amare, gli fosse stato permesso un amore così. Ma si trattava di una eventualità quantomai remota. La sorte di Felix Graham in questa vita, per quanto riguardava il cuore, era già segnata proprio da lui. La sua futura diletta moglie era già stata prescelta, e ora stava preparandosi ai doveri che l’attendevano. Era uno di quegli uomini che hanno stabilito di non prendersi una compagna a caso, ma di plasmare una mente e un carattere giovani verso interessi e modi di pensare che meglio predispongono la donna ai doveri da assolvere. Quel poco che occorre conoscere dei trascorsi di Mary Snow sarà raccontato più avanti. Qui occorre solo dire che era orfana, che al momento era poco più di una bambina, e che doveva il suo sostentamento e il beneficio della sua istruzione alla carità e all’amore del marito predestinato. Perciò, come ho detto, era palese che Felix Graham non potesse pensare di innamorarsi di Miss Staveley, quand’anche la sua umile posizione, dal punto di vista secolare, non avesse vanificato una tale passione. Ma per Peregrine era diverso. Non c’era una ragione plausibile che gli impedisse di conquistare la magnifica fanciulla che tanto ammirava.
Ma stiamo trattenendo i fantasmi a guardia delle fiamme, il liquore si sta esaurendo e lo zibibbo finirà per bruciarsi. Per giunta i fantasmi in questione avevano qualcosa da fare. La legge del gioco - legge sulla quale Marian avrebbe insistito se le fiamme non fossero state tanto bollenti - è questa: lo zibibbo spetterà soltanto agli audaci predoni che osano sfidare il fantasma, tuffando le mani tra le fiammate del piatto. Di norma ci pensano i maschietti a ghermire lo zibibbo, mentre le femminucce lo raccolgono e lo mangiano. Ma qui a Noningsby i maschietti erano troppo piccoli per fungere da pionieri sprezzanti del nemico, e lo zibibbo sarebbe rimasto fino a che le fiamme non si fossero estinte, se il fantasma dal cuore d’oro non avesse sparso in giro la ricchezza dei suoi tesori.
«Ora, Marian», disse Felix Graham, prendendola in braccio.
«Ma brucerà, Mr Felix. Ecco, visto? Da quella parte ce n’è un sacco. Prendetelo voi».
«Allora voglio un altro bacio».
«Sì, va bene; se prendete cinque uvette». Allora Felix infilò la mano tra le fiamme e trasse un pugno di sultanina, che gli lasciò sulle dita e sul polsino un odore di brandy per il resto della serata.
« Se ne prendete così tanto alla volta vi darò una cucchiaiata sulle nocche», disse il fantasma, mentre attizzava le fiamme per ravvivarle.
«Ma il fantasma non dovrebbe parlare», disse Marian, che evidentemente non aveva dimestichezza con i migliori fantasmi delle tragedie.
« Invece sì, quando certe manone vanno a intrufolarsi nel calderone»; così vi fu un’altra incursione e venne assestato il minacciato colpo. Se al mattino qualcuno fosse andato a dirle che avrebbe preso a cucchiaiate le nocche di Mr Graham, Madeline non gli avrebbe creduto; ma è così che un cuore si perde e viene conquistato.
E Peregrine seguitava a contemplarla da lontano, preso dai suoi pensieri. Persino lui si sorprendeva di essere ammutolito davanti alla bellezza di una fanciulla; poiché, giovane e quasi puerile di modi com’era, aveva sempre avuto il coraggio di parlar chiaro in presenza di chicchessia. Il docente del college lo riteneva un insolente senza pari; e il nonno, pur amandolo per la sua franchezza e per le sue parole semplici e schiette, a volte quasi se ne risentiva. Ma ora Peregrine se ne stava lì in contemplazione, a spasimare senza trovare il coraggio, neppure nel bel mezzo dei loro svaghi, di accostarsi a quella giovane per dirle due parole. Giorni prima aveva tentato due o tre volte, ma le sue parole erano suonate noiose e insulse, e gli erano parse infantili. Era pienamente cosciente della sua debolezza. Più d’una volta, durante quel gioco natalizio, si disse che sarebbe sceso in lizza per rompere la prima lancia in quel torneo; eppure non lo fece, e immota la sua lancia rimase senza gloria.
All’altro capo del lungo tavolo anche il secondo fantasma aveva i suoi cavalieri serventi, e nessuno dei due si asteneva dalla battaglia. Augustus Staveley, quand’anche avesse pensato che valesse la pena di entrare in lizza, non l’avrebbe traversata impunemente grazie alla pavidità del rivale. Lucius Mason era ben lungi dall’impersonare un innamorato timido, silenzioso e spasimante. Per lui era impossibile provare timore davanti alla fanciulla amata. Non poteva adorare colei che voleva aggiudicarsi. Si può dubitare della sua eventuale capacità di adorare alcunché nel vero senso della parola. Si adora colei o colui che ci appare, per intima e inespressa convinzione della mente, più grande, migliore, più elevato di noi stessi; ma era improbabile che Lucius la pensasse così in merito a qualunque donna incontrata.
Né, occorre dargli atto, era probabile che temesse un uomo con il quale per avventura avesse a misurarsi. Non temeva il talento, né il rango, né il denaro, né la bravura di un tal rivale. Ogni qual volta si dava alla conquista di un cuore femminile riteneva di avere le stesse possibilità di un altro concorrente. Augustus era il padrone a Noningsby, un giovanotto di bell’aspetto, intelligente, focoso e alla moda; ma Lucius mai si era sognato di ritirarsi davanti a simili forze. Parlava con la stessa naturalezza di chiunque altro, e si illudeva di saperlo fare senza essere da meno a nessuno.
Era grazioso vedere con quale tatto mirabile e con quali sorrisi accortamente gestiti Sophia ricevesse l’omaggio dei due giovani, rispondendo con agio ai complimenti di entrambi, comportandosi in modo che nessuno dei due la potesse accusare di favorire l’altro indebitamente. Ma col pensiero, Augustus di questo l’accusava, a torto. Perché mai tanto veleno, visto che non teneva in nessun conto la suddetta signorina ? Il suo obiettivo era ancora abbastanza limpido: l’unione fra l’amico bisognoso e l’ereditiera.
Intanto l’amico bisognoso trascorse la lunga serata a giocare con spensierata felicità; e Peregrine Orme, contemplando il gioco da lontano, vide quel colpo assestato sulle nocche favorite, con l’amarezza nel cuore e un segreto gemito nell’animo, che molti troveranno comprensibili.
«Mi piace tanto quel Mr Felix! » disse Marian nel suo lettino, mentre la zia Madeline la baciava augurandole la buona notte. «E a te, zietta… ?».
Fu così che trascorse il giorno di Natale a Noningsby.