Di maiali e cani, e reali pantani
Se vogliamo capire cosa accade in una cellula, dobbiamo imparare a pensare a questo nuovo livello, di tipo informazionale. La fisica da sola, anche se sufficiente in teoria, ha il problema della fattibilità. Ovviamente le particelle elementari hanno cura di sé stesse, e non si curano affatto dei livelli informazionali delle biomolecole (per non parlare delle categorie percettive umane o delle convinzioni astratte o della «io-ità» o del patriottismo o del desiderio bruciante, da parte di un agglomerato particolarmente grande di biomolecole, di comporre un insieme di ventiquattro preludi e fughe). Da tutte queste particelle elementari che fanno le loro cose microscopiche emergono gli eventi macroscopici a cui una biocreatura va incontro.
Tuttavia, come già visto, se scegliete di focalizzarvi sul livello delle particelle, non potete tracciare una netta linea di demarcazione che separi un’entità come una cellula o un maiale dal resto del mondo in cui risiede. Nozioni quali «cellula» o «maiale» non sono rilevanti a quel livello così basso. Le leggi della fisica delle particelle non si curano di nozioni come «maiale», «cellula», «gene» o «codice genetico», o persino «aminoacido». Le leggi della fisica delle particelle riguardano solo le particelle, e i confini macroscopici più ampi tracciati a beneficio degli esseri pensanti non sono più rilevanti per esse di quanto lo siano per le farfalle i confini dei distretti elettorali. Elettroni, fotoni, neutrini e così via sfrecciano attraverso questi confini artificiali senza farsi il minimo scrupolo.
Se si segue la via delle particelle, allora si è costretti a farlo buttandocisi a capofitto, il che significherebbe di sicuro farsi venire molte fitte nel capo. Infatti, ciò comporterebbe, nel caso del maiale, prendere in considerazione tutte le particelle di tutti i componenti la famiglia del maiale, tutte le particelle della stalla in cui vive, del fango in cui si rotola, del contadino che gli dà da mangiare, dell’aria che respira, delle gocce di pioggia che cadono su di lui, dei cumulonembi da cui quelle gocce cadono, del tuono che fa vibrare i suoi timpani, dell’intera terra, dell’intero sole, della radiazione cosmica di fondo che pervade l’intero universo e si estende all’indietro nel tempo fino al Big Bang, ecc. ecc. Questo è un compito di gran lunga troppo vasto per gente limitata come noi, e quindi dobbiamo scendere a un compromesso, che è guardare le cose a un livello meno onnicomprensivo, meno dettagliato, ma che (per nostra fortuna) ci fornisce più possibilità di comprensione, vale a dire il livello informazionale.
A quel livello, i biologi parlano di - e pensano a - ciò che i geni rappresentano, piuttosto che concentrarsi sulle loro tradizionali proprietà fisico-chimiche. E accettano implicitamente il fatto che questo nuovo modo di parlare, più spiccio e spigliato, suggerisce che i geni, in virtù delle loro qualità informazionali, hanno proprietà causali - o, in altre parole, che è legittimo attribuire certi eventi o stati di cose di ampia portata ed estremamente astratti (per esempio, il fatto ricorrente di alto livello che i golden retriever tendono a essere molto gentili e amichevoli) ai significati delle molecole.
Da chi si occupa professionalmente di cani e non di biologia molecolare, questo genere di cose è dato per scontato. I cinofili parlano in continuazione delle inclinazioni mentali e caratteriali di questa o quella razza, come se tutto ciò fosse in qualche modo completamente avulso dalla fisica e dalla chimica del DNA (per non parlare dei livelli fisici ancora più fini di quello del DNA), e come se risiedesse esclusivamente al livello astratto di «tratti caratteriali delle razze canine». E la cosa meravigliosa è che i cinofili, non meno dei biologi molecolari, possono cavarsela benissimo pensando e parlando in questo modo. Funziona davvero! Anzi, se costoro (o i biologi molecolari) provassero a pensare e parlare in termini di fisica pura o di pura biologia molecolare, finirebbero dritto di filato nel pantano degli infiniti dettagli di un inimmaginabile numero di microentità interagenti che costituiscono i cani e i loro geni (per non parlare del resto dell’universo).
Il risultato di tutto questo è che il modo più reale di parlare di cani o maiali coinvolge, come diceva Roger Sperry, entità di alto livello che comandano impunemente di qua e di là entità di basso livello. Ricorderete che è la qualità astratta e intangibile della primalità dell’intero 641 ciò che rovescia molto concretamente le dure e solide tessere del domino localizzate nel «segmento del numero primo» del catenio. Tutto ciò non è altro che causalità verso il basso, e ci porta direttamente alla conclusione che la maniera più efficace di riflettere su cervelli dotati di simboli - e, per la maggior parte degli scopi, la maniera più aidentica per farlo - è pensare che la roba microscopica al loro interno sia comandata di qua e di là da idee e desideri, piuttosto che il contrario.