Non so dirvi quanto fosse indicibilmente indescrivibile!
Si dà il caso che esistano alcune espressioni d’uso comune da cui emana un simile sentore di autoinsidia. Prendiamo l’aggettivo «indescrivibile», per esempio. Se dico: «La loro casa è così indescrivibile», dalla mia frase ricaverete certamente un qualche tipo di immagine visiva - anche se (o meglio, proprio perché) il mio aggettivo suggerisce che nessuna descrizione è veramente adatta a definirla. Dire «Le gomme di quel camion sono indescrivibilmente grandi» oppure «Non so dirvi quanto io apprezzi la vostra gentilezza» è ancora più bizzarro. Curiosamente, questa caratteristica di autoinsidia è cruciale per la comunicazione.
Esiste anche una specie di «versione ristretta» del paradosso di Berry, che è stata inventata alcuni decenni più tardi e che suona più o meno così. Alcuni interi sono interessanti. 0 è interessante perché 0 volte un qualunque numero fa 0.1 è interessante perché 1 volta un qualunque numero lascia quel numero immutato. 2 è interessante perché è il più piccolo numero pari, e 3 è interessante perché è il numero di lati del più piccolo poligono bidimensionale (un triangolo). 4 è interessante perché è il primo numero composto. 5 è interessante perché (tra molte altre cose) è il numero dei poliedri regolari possibili nello spazio tridimensionale. 6 è interessante perché è il fattoriale di 3 (3 x 2 x 1) e anche il terzo numero triangolare (3 + 2 + 1). Potrei andare avanti con questa enumerazione, ma ne avete colto il senso. La domanda è: quando arriveremo al primo numero non interessante? Forse è 62? Oppure 1729? Be’, qualunque esso sia, quella è certamente una proprietà interessante per un numero! Dunque 62 (o qualunque fosse stato il vostro numero candidato) risulta essere interessante, dopotutto - interessante proprio perché non interessante. E così l’idea del «più piccolo intero non interessante» si ritorce contro sé stessa a mo’ di boomerang, in un modo che chiaramente riecheggia il ritorcersi a mo’ di boomerang della definizione di b data da Berry.
Questo è il tipo di rivolgimento del linguaggio su sé stesso che rivoltava lo stomaco delicato di Bertrand Russell, come ben sappiamo; eppure, gli va dato merito, non è stato altri che B. Russell a pubblicizzare per primo il numero paradossale b di G.G. Berry. Nel suo articolo al riguardo del 1906, l’anno in cui nacque Godel, Russell fece del suo meglio per deflettere il pungiglione del paradosso asserendo che si trattava di un’illusione risultante da un uso improprio e naif della parola «descrivibile» nel contesto della matematica. Tale nozione, asserì Russell, doveva essere divisa in un’infinita gerarchia di diversi tipi di descrivibilità: descrizioni
a livello 0, che potevano riferirsi solo alle nozioni di aritmetica pura; descrizioni a livello 1, che potevano usare l’aritmetica ma anche riferirsi alle descrizioni a livello 0; descrizioni a livello 2, che potevano riferirsi all’aritmetica e anche alle descrizioni di livello 0 e 1; e così via. Dunque, l’idea di «descrivibilità», senza una sua restrizione a un livello gerarchico specifico, era una chimera, dichiarò Russell, credendo di avere scoperto una profonda nuova verità. E con questo tipo di teoria nuova di zecca (la nuova di zecca teoria dei tipi) sostenne di avere reso immune il prezioso e delicato mondo del ragionamento rigoroso contro il pericoloso e stomachevole flagello del Berry-Berry.