I sé di una zanzara
Dopo avere considerato i simboli di una zanzara, ci avviciniamo ora un altro po’ al nucleo centrale della nostra ricerca. Qual è la natura dell’interiorità di una zanzara? Detto in altro modo, che sensazione di essere un io, che «io-ità», ha una zanzara? Quanto è ricca la percezione di sé di cui una zanzara è dotata? Queste sono domande ambiziose, quindi proviamo con qualcosa di un po’ più semplice. Una zanzara ha un’immagine visuale del suo aspetto? Spero che voi condividiate il mio scetticismo al riguardo. Una zanzara sa di avere delle ali, delle zampe, una testa? Da dove mai potrebbero venirle idee come «ali» o «testa»? Sa di avere degli occhi o una proboscide? Il solo pensiero sembra ridicolo. Come potrebbe scoprirlo? Speculiamo invece un po’ sulla conoscenza che la nostra zanzara può avere del proprio stato interno. Sente di avere caldo o freddo? Di essere esausta o in piena forma? Di essere solo un po’ affamata o di stare morendo di fame? Felice o triste? Speranzosa o spaventata? Mi spiace, ma anche queste espressioni mi suonano decisamente assurde, per un essere modesto come una zanzara.
D’accordo, ma che dire di cose più basilari, come il «soffrire» e il «non soffrire»? Sono ancora scettico. D’altra parte, posso immaginare con facilità dei segnali inviati dall’occhio di una zanzara al suo cervello, che causano il rimbalzare di altri segnali verso le sue ali, il che equivale a un riflesso che può venire verbalizzato da noi umani come «Fuggire dalla minaccia a sinistra» o semplicemente «Via di qua!» - ma temo che anche espressioni telegrafiche di questo tipo facciano sembrare la zanzara ancora troppo consapevole. Potrei accettare di paragonare la vita interiore di una zanzara a quella di uno sciacquone o di un termostato, ma questo è più o meno il massimo a cui personalmente potrei arrivare. Il comportamento di una zanzara mi pare perfettamente comprensibile senza dover ricorrere a nulla che meriti il nome di «simbolo». In altre parole, è possibile che il comportamento senza parole né concetti di fuga-dal-pericolo di una zanzara sia meno simile alla percezione per come la conosciamo noi umani, e più simile al comportamento senza parole né concetti di fuga-dal-martello del nostro ginocchio quando il martelletto del dottore lo colpisce e noi di riflesso scalciamo. Una zanzara ha più vita interiore del nostro ginocchio?
Una zanzara ha un pur minimo barlume di sé stessa come di una parte che si muove in un vasto mondo? Ancora una volta sospetto di no, perché ciò richiederebbe che nel suo cervello microscopico risiedessero simboli astratti di ogni tipo - simboli per nozioni come «grande», «piccolo», «parte», «posto», «muoversi», e così via, per non parlare di «me stessa». Perché una zanzara dovrebbe avere bisogno di tali lussi? Come la aiuterebbero a trovare del sangue o una zanzara di sesso opposto in modo più efficiente? Un’ipotetica zanzara che avesse abbastanza capacità cerebrale per ospitare simboli stravaganti come questi sarebbe una «testa d’uovo» con molti più neuroni da portare in giro rispetto alle sue cugine meno avvedute ma più affusolate, e sarebbe quindi più pesante e lenta, con il risultato che non sarebbe in grado di competere con loro nella ricerca di sangue e di successo riproduttivo, per cui perderebbe terreno nella gara evolutiva.
Quello che il mio intuito mi dice, in ogni caso, è che il microscopico, minuscolo, eppure efficientissimo sistema nervoso di una zanzara manca completamente di categorie percettive (e, di conseguenza, di simboli). Se non vado errato, questo limita drasticamente il tipo di anelli autopercettivi che possono esistere nel cervello di una zanzara, rendendola così veramente «un uomo dall’anima molto piccola». Spero non sembri troppo blasfemo o assurdo il mio suggerire che l’«anima» di una zanzara potrebbe essere più o meno della stessa «dimensione» di quella della piccola macchia di luce rossa che rimbalza qua e là sul muro dell’Exploratorium - diciamo un decimiliardesimo di huneker (cioè circa un millimiliardesimo di un’anima umana).
E’ ovvio che non sto prendendo troppo sul serio questa stima numerica, ma parlo invece seriamente quando espongo la mia personale ipotesi sulla presenza o assenza di simboli nel cervello di una zanzara. Ciononostante, è solo un’ipotesi personale, e potete non essere d’accordo con me, ma non siamo qui per discutere dettagli così minuti. Il punto chiave è molto più semplice e basilare: banalmente, è che esiste un qualche tipo di creatura a cui si potrebbe applicare sostanzialmente questo livello di complessità, e non uno più elevato. Se non siete d’accordo con la mia valutazione, vi invito a scorrere in su o in giù la scala dei vari intelletti animali fino a che sentite di aver raggiunto il livello appropriato.
Un’ultima riflessione. Alcuni lettori, dando un’impressione di grande sincerità, potrebbero protestare, a proposito di tutte queste domande sulla visione del mondo «a occhio di zanzara»: «Come potremo mai saperlo? Non possiamo entrare nel cervello o nella mente di una zanzara - nessuno può farlo. Per quanto ne so, le zanzare potrebbero essere tanto coscienti quanto lo sono io!». Be’, suggerisco rispettosamente che queste pretese non possono essere sincere, perché scommetto dieci dollari che questi stessi lettori, vedendo una zanzara che si è posata sul loro braccio, la schiaccerebbero senza pensarci su due volte. Ora, se credono davvero che le zanzare siano esseri senzienti esattamente quanto loro stessi, com’è che non hanno alcun problema a sopprimerle all’istante? Non sono dunque queste persone dei mostri spregevoli se possono tranquillamente giustiziare delle creature viventi che, come loro sostengono, potrebbero ben disporre di tanta coscienza quanta ne abbiamo noi umani? Credo che occorra valutare le opinioni delle persone non da ciò che dicono, ma da ciò che fanno.