Le gemme del mar Caspio: un’allegoria
La successione di Leonardo da Pisa trabocca di pattern sorprendenti, ma sfortunatamente addentrarvisi ci porterebbe troppo fuori rotta. Non posso tuttavia resistere alla tentazione di menzionare che 144 salta subito agli occhi in questo elenco dei primi sedici numeri F, perché è un vistoso quadrato perfetto. A parte 8, che è un cubo, e 1, che è un caso piuttosto degenere, all’interno delle prime centinaia di numeri della successione F non compare nessun altro quadrato perfetto, cubo o una qualunque altra potenza esatta.
Parecchi decenni orsono ci si cominciò a chiedere se la presenza di 8 e 144 nella serie F fosse dovuta a una ragione o fosse soltanto un «accidente casuale». Perciò, via via che gli strumenti computazionali diventavano sempre più potenti, si intrapresero varie ricerche. Curiosamente, anche con l’avvento dei supercomputer, che permettevano di sfornare milioni o addirittura miliardi di numeri F, a nessuno capitò mai di imbattersi in una qualunque altra potenza perfetta nella serie di Fibonacci. La possibilità che una qualche potenza si sarebbe presentata di lì a poco nella successione F sembrava davvero remota, ma perché mai avrebbe dovuto esserci un così perfetto evitamento reciproco? Cosa hanno a che fare le potenze n-esime per un n qualunque con la somma di coppie di numeri nel caratteristico modo ricorsivo di Fibonacci? Non poteva essere che 8 e 144 fossero semplicemente piccole anomalie casuali? E perché non avrebbero potuto verificarsi altre piccole anomalie?
Per vedere tutto questo sotto una luce allegorica, immaginate che a qualcuno capiti un giorno di pescare un gigantesco diamante, un magnifico rubino e una piccola perla dal fondo del vasto e verde mar Caspio, nell’Asia centrale, e che altri cercatori di fortuna, spronati da questi sbalorditivi ritrovamenti, inizino a dragare come matti il fondo del più grande lago del mondo per cercare altri diamanti, rubini, perle, smeraldi, topazi, ecc., ma che, malgrado tutto questo lavoro, non salti fuori nulla. Sarebbe naturale domandarsi se altre gemme possano nascondersi laggiù, ma come sarebbe mai possibile saperlo? (Un avvertimento: la mia allegoria è leggermente difettosa, perché possiamo immaginare, almeno in linea di principio, una spedizione scientifica ben finanziata che un giorno riuscisse a dragare completamente il fondo del lago, visto che, per quanto enorme, è comunque finito. Perché la mia analogia sia «perfetta», dovremmo pensare il mar Caspio infinito. Spaziate un po’ con l’immaginazione, lettori!)
E ora, ecco la svolta. Supponiamo che un geologo con mentalità matematica si prefigga di dimostrare che le due mirabili gemme del
Caspio e la piccola perla rotonda fossero sui generis - ovvero che ci fosse una ragione ben precisa per cui nessun’altra pietra preziosa o perla di qualunque tipo o dimensione si possa, o si potrebbe mai trovare nel mar Caspio. Avrebbe senso cercare una simile dimostrazione? Come potrebbe esserci una ragione scientifica inconfutabile che vieti nel modo più assoluto la possibilità di trovare una qualunque gemma - tranne che una singola perla, un singolo rubino e un singolo diamante - sul fondo del mar Caspio? La cosa sembra assurda.
Ciò è tipico del modo in cui concepiamo il mondo fisico - ovvero pieno di eventi contingenti, fatti che potrebbero essere diversi, situazioni che non hanno alcuna ragione essenziale per essere come sono. Ma lasciatemi ricordare che i matematici vedono il loro mondo immacolato e astratto come l’antitesi del mondo fisico casuale e pieno di fatti accidentali che noi tutti abitiamo. Per loro, le cose che accadono nel mondo matematico accadono, senza eccezioni, per ragioni enunciabili e comprensibili.
Questa - il Credo del Matematico - è la mentalità da adottare e far propria se si vuole capire il modo di pensare dei matematici. E, in questo caso particolare, il mistero della mancanza di potenze nella successione di Fibonacci, benché non così rilevante agli occhi della maggior parte dei matematici, era davvero sconcertante perché non sembrava offrire alcuna naturale via di accesso alla sua soluzione. I due fenomeni coinvolti - potenze di interi con esponenti arbitrariamente grandi da un lato, numeri di Fibonacci dall’altro - sembravano semplicemente essere (come le pietre preziose e il mar Caspio) troppo distanti l’uno dall’altro sul piano concettuale per avere una qualsivoglia correlazione profonda, sistematica e inevitabile.
Si fece avanti allora una nutrita squadra di matematici che aveva nel mirino la «caccia grossa» all’Ultimo Teorema di Fermat (la nota asserzione, fatta in origine da Pierre de Fermat alla metà del diciassettesimo secolo, che non esistono interi positivi a, b, e tali che a” + b” sia uguale a e”, ove l’esponente n sia un intero maggiore di 2).43 Questa prestigiosa staffetta internazionale, che venne coronata da trionfale successo grazie al magnifico sprint di Andrew Wiles (sprint che gli richiese circa otto anni), fu alla fine in grado di provare la secolare affermazione di Fermat mediante l’impiego di tecniche sorprendenti che combinavano idee provenienti da tutto il vasto panorama della matematica contemporanea.
Sulla scia del rivoluzionario lavoro di questa squadra, vennero aperte nuove strade che sembravano lasciare intravedere spiragli in molte famose vecchie porte, compresa quella saldamente sprangata del piccolo ma affascinante mistero delle potenze nella successione di Fibonacci. E infatti, circa dieci anni dopo la dimostrazione dell’Ultimo Teorema di Fermat, un trio di matematici, sfruttando le tecniche di Wiles e di altri, riuscì a individuare l’esatta ragione per cui nella successione ricorsiva di Leonardo da Pisa il cubo 8 e il quadrato 144 non saranno mai affiancati da nessun’altra potenza perfetta (a eccezione di l).44 Benché assai recondita, la ragione di questa danza di infinito evitamento reciproco era stata messa in evidenza. Questo è solo l’ennesimo trionfo del Credo del Matematico - una ragione in più per dar credito all’idea che in matematica dove c’è un pattern, là c’è una ragione.