Stranezza godeliana
Alla fine, Godel portò la sua analogia fino alla sua inevitabile, memorabile conclusione, che era l’esplicitare ai suoi lettori (non simbolo per simbolo, è ovvio, ma tramite un preciso insieme di «istruzioni di assemblaggio») una formula di lunghezza astronomica di PM che affermava in modo apparentemente innocente: «Un certo intero g non è un numero primato». Si dava il caso, però, che quel «certo intero g» di cui questa formula parlava, per una coincidenza niente affatto fortuita (qualcuno potrebbe dire diabolica), era il numero associato con (cioè che codificava) proprio quella formula (ed era quindi necessariamente un intero gargantuesco). Come vedremo tra poco, questa bizzarra formula di Godel può essere interpretata a due diversi livelli, e ha due significati molto diversi a seconda di come la si interpreti.
Al livello più diretto, la formula di Godel afferma soltanto che questo gargantuesco intero g non gode della proprietà di teoria dei numeri chiamata primaticità. Questa affermazione è molto simile a quella che dice «72900 non è un numero primo», anche se, beninteso, g è molto maggiore di 72900, e la primaticità è una proprietà molto più problematica della primalità. Tuttavia, dato che la primaticità era stata definita da Godel in modo tale da rispecchiare numericamente la dimostrabilità delle stringhe tramite le regole del sistema PM, la formula afferma anche:
La formula che si trova ad avere il numero codice g non è dimostrabile con le regole dei Principia Mathematica.
Ma, come ho già detto, la formula che «si trova proprio» ad avere il numero codice g è la formula che fa l’affermazione di cui sopra. In breve, la formula di Godel sta facendo un’affermazione su sé stessa - per la precisione la seguente:
Questa stessa formula non è dimostrabile con le regole dei PM.
A volte questa seconda formulazione è resa incisivamente come «Io non sono un teorema» o, in modo ancora più succinto, come
Io sono indimostrabile
(dove «nel sistema PM» è tacitamente sottinteso).
Godel mostrò inoltre che la sua formula, anche se a prima vista molto strana e frastornante, non era del tutto inusuale. In effetti, era soltanto un membro di un’infinita famiglia di formule che facevano affermazioni sul sistema PM, molte delle quali dicevano di sé stesse (alcune in modo veritiero, altre falso) cose altrettanto bizzarre e contorte (per esempio, «Né io né la mia negazione siamo un teorema di PM», «Se io ho una dimostrazione in PM, allora la mia negazione ha una dimostrazione ancora più breve della mia», ecc. ecc.).
Il giovane Kurt Godel - nel 1931 aveva solo 25 anni - aveva scoperto un vasto mare di formule assolutamente insospettate e bizzarramente contorte nascoste all’interno del mondo austero, formale, protetto dalla teoria dei tipi, e pertanto apparentemente immune da paradossi, definito da Russell e Whitehead nel loro grandioso opus in tre volumi Principia Mathematica, e d’allora in poi le numerose proprietà controintuitive dell’originaria formula di Godel e dei suoi innumerevoli cugini hanno impegnato matematici, logici e filosofi.