XLIII
Apro gli occhi.
Lei è seduta sulla sedia davanti al letto e mi guarda come se avesse sempre saputo che ero sveglio. È molto più giovane di quanto la sua voce faccia pensare. Guardo il mio corpo, vedo le suture e le bende, ma non sento nessun dolore. Le dita dei piedi si tendono a dovere e sento le ginocchia che sfregano l’una contro l’altra. Non sono paralitico, né anestetizzato. Lei si alza e mi porge un bicchiere con una cannuccia.
«Andrà tutto bene».
Lo dice come se fosse un’ovvietà. Mi verrebbe quasi da sorridere, ma mi limito a scuotere la testa. Subito lei fa la stessa cosa, ma la sua espressione è una strana mescolanza di tristezza e rabbia.
«È stato difficile trovarti».
Io non dico niente.
«Sarebbe ora di fare ciò che devi».
Chi è questa donna?
«Sei pronto a decidere per la fine?»