XXVIII

A svegliarmi non è il suono, ma l’odore.

Il profumo dolce delle bacche che lui mangia sempre è mescolato a un odore che non conosco. Lei dorme accanto a me, con la mano contro la mia schiena. Lui è lì in piedi e ci guarda. Anzi, no, guarda lei. Io ho un occhio appena socchiuso, ma se anche li aprissi tutti e due non credo che lui se ne accorgerebbe.

Si infila una mano nei pantaloni e io sento ogni movimento. L’unica cosa che penso è che non riuscirà mai a toccarla. Mai.

D’un tratto lei si alza.

Si guarda intorno, confusa. Sento il respiro di lui cessare. Lei si stende di nuovo, ma è troppo tardi. Lo vedo avvicinarsi, vedo il viso di un mostro più reale, più spaventoso di quanto qualunque racconto possa descrivere. So che dovrei aspettare, ma non ci riesco.

Mi scaglio contro di lui. Urlo mentre cerco di cavargli gli occhi, voglio annientarlo una volta per tutte. Vedo il suo pugno un attimo prima che mi colpisca ed è come se il mondo si fermasse.

Ho il tempo di morire mille volte, prima che tutto diventi nero.