VIII

Dalla montagna sono scesi degli spiriti.

I loro corpi bianchi e trasparenti si estendono verso il basso come lunghi serpenti, si posano sulla regione come foglie sull’acqua.

Maedoc dice che dobbiamo parlare con loro, scoprire perché si sono turbati. Ci conduce dentro essi, dice che dobbiamo respirarli in modo che possano spiegarci che cosa vogliono. Io non sento altro che un freddo appiccicoso.

Mangiamo insieme.

La bevanda ha un sapore amaro. Voglio andare a casa, ma lui dice che dobbiamo restare. Mi chiede di bere ancora, dice che è la bevanda degli spiriti. I suoi occhi si spalancano, la sua risata mi spaventa. Cerca di afferrare qualcosa a mezz’aria, parla con spiriti che io non vedo né sento, racconta loro che cos’è successo, parla di me, risponde a domande che non odo. Voglio andare via, ma non ho il coraggio di allontanarmi da solo.

Lui si alza e urla: «Gli dei hanno sete!»

«Di cosa?» chiedo io.

Lui non risponde, ma tende le braccia verso il cielo e lancia un grido. Torniamo nella luce del dio del cielo. Lui mi tiene una mano su una spalla, mentre mi spiega che cosa vogliono gli dei.

Maedoc chiama a raccolta gli anziani.

Mi siedo al suo fianco e capisco che sanno già che cosa verrà detto. Parlano l’uno sopra l’altro, cantano e gemono. Discutono dell’onore da rendere, della sete da placare, ma io leggo nei loro volti la paura: il canto non riesce a celarla, solo a mascherarla. Volti senza luce, urla soffocate.

Non c’è nulla di nascosto nelle grida dei miei genitori, mentre loro li portano via.