XXIX

Mi sveglia il suono della sua voce.

Lei canta piano, lentamente, ma le note sono così pure, quasi divine. Per un istante mi sembra di essere altrove, ma il dolore non concede illusioni. Tento di dire qualcosa, ma sento un dolore bruciante, accecante. La mandibola è spezzata e faccio fatica a non svenire.

L’unica cosa su cui riesco a concentrarmi sono le note. Giro la testa e la guardo: è ancora distesa sulla paglia, ma è nuda. Ha un aspetto strano, è come se alcune parti di lei fossero scomparse.

Mi alzo e mi siedo accanto, faccio scivolare una mano su di lei e sento un liquido appiccicarsi alla pelle. Scompare anche la mano, come se il liquido l’avesse cancellata. Lei mi guarda con il volto tremante, gli occhi spalancati, denti che battono.

«Ti prego».

Non capisco. Cos’è questo liquido capace di rendere invisibile un corpo? «Che cosa vuoi?»

Mi lecco un dito e sento il sapore salato del sangue.

Il mio corpo trema.

Lei mi supplica di nuovo.

«Ti prego. Aiutami ad andare via».