Delirio
Yusuf smise di leggere e passò la pergamena a Nasser, che, tutto eccitato, riprese dal punto in cui lui si era interrotto prima di allontanarsi zoppicando leggermente.
Era la voce della loro indovina quella che sentivo mentre ero in preda al delirio della febbre. Era venuta per confermarmi che ero incinta di te. A quella notizia mi lavarono, mi lasciarono immersa nelle sorgenti nascoste per giorni e, dopo che la mia pelle era tornata all’antico splendore, mi portarono all’ombra di quell’idolo nero come la pece.
Quando Ghatafàni mi comparve davanti, con i nostri cammelli sellati, io non battei ciglio, scambiandolo per un’altra allucinazione. Ma lui mi aiutò a montare sul mio cammello, e nessuno ci fermò mentre correvamo verso la parete rocciosa delle Corna del Diavolo, per tornare indietro.
«Ti hanno lasciata andare perché tu possa partorire tuo figlio nel letto dello sheikh di una tribù prestigiosa» spiegò Ghatafàni.
Non si poteva dire con certezza di chi fosse il seme che portavo in grembo!
Cani che si mordevano allegramente le code, ragazze con abiti rossi ricamati e tanta acqua scrosciante ci accolsero quando fummo in vista dell’accampamento della tribù Sabkha.
«Lo sheikh Saad è il capo della tribù più potente, in questo deserto» mi informò Ghatafàni. La vista delle palme riaccese in me la nostalgia per le oasi di Khaybar. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che quel verde mi aveva consolata!
Gli uomini dello sheikh Saad ci vennero incontro per accoglierci, e per assicurarsi che tutto andasse bene. Il Najd stava vivendo un momento di febbrile agitazione, si susseguivano notizie sui piani che i seguaci di Muhammad stavano approntando per espandersi nella penisola araba e assumere il controllo della via carovaniera che attraversava quella regione.
Io e Ghatafàni, attorniati dai guerrieri più coraggiosi di quella tribù, avanzammo fino alla porta dello sheikh, che restava sempre aperta per accogliere le richieste di tutti i viandanti. Lo sheikh Saad stava uscendo, quando i nostri occhi si incontrarono, e io vidi quel falco cadere nella trappola del mio sguardo. Figlio mio, per notti e notti usai tutta la magia dei miei occhi per scavare un trono, sul quale tu ti saresti assiso, nel petto di quell’invincibile cavaliere dal coraggio leggendario. E lui non mi deluse!
In pochi giorni furono accesi i falò e tutta la tribù si radunò per celebrare le mie nozze con lo sheikh. Dormii nel suo letto e gli donai il mio corpo, nascondendogli la tua presenza, e sette mesi dopo, su quello stesso letto, tu saresti venuto alla luce, legando il tuo destino a quello della tribù Sabkha.