Dipendenza
Sembra che io, il Vicolo delle Teste, sia l’unico ad accorgermi della crescente debolezza di Nasser, che diventa sempre più dipendente da Aisha. Ha preso l’abitudine di sedersi al caffè e di restarci per ore a leggere le sue e-mail.
Io non mi sono mai curato di quelle e-mail, che la maestra ha farcito di sentimenti ripugnanti; in tutta la mia storia non mi sono mai preoccupato di contraddire una donna, perché so che le donne sono state create per sottomettersi alla realtà di fatto, la mia realtà! Ma ora quelle sue parole si stanno riproducendo come cellule cancerogene, contagiando, oltre a Nasser, anche le altre teste del vicolo.
E-mail n. 7
Mio caro *,
hai notato che oggi, chiudendo la conversazione, ti ho chiamato sidi?
L’unico nome con cui sentivo chiamare mio padre era sidi, “mio signore”. Così lo chiamava mia madre, con un tono che faceva di lei la sultana e di lui il suo suddito amato e unico.
Sidi, signor mio!
Se la mia voce avesse lo stesso timbro vellutato e suadente della voce di mia madre, riuscirei a farti giungere fino a me con una semplice invocazione.
Stanotte, nel mio letto, ho ripreso a leggere Donne innamorate di Lawrence; ho ancora la gola secca e tremo. Come oso infilare un estraneo nel mio letto?
Mi soffermo a pensare alla traduzione del titolo inglese Women in Love. Cos’è meglio? Donne innamorate o Donne che si innamorano?
Mosche ronzano intorno al mio tè con il latte. E se qualcuna ci finisse dentro e annegasse?
Penso: chi mi berrà?
Sento gli occhi di mio padre ormai morto trapassarmi la nuca.
Lascio la casa alle sue tenebre, e con la torcia elettrica mi infilo sotto la pesante coperta per leggere di nascosto qualche riga.
«Dopo la prima guerra mondiale Lawrence cominciò il suo pellegrinaggio selvaggio in cerca di una vita più appagante di quella che la civiltà industriale europea poteva offrirgli.»
Non mi sento ancora così sicura da leggere Donne innamorate dall’inizio alla fine, senza interruzioni. Rubo furtivamente una parola qui e una parola lì. Alla luce della torcia memorizzo l’introduzione dell’edizione Penguin, che sembra scritta per me.
«Dopo la sua morte, nel 1933, la sua amante Frieda scrisse: “Tutto ciò che ha visto, sentito e conosciuto, Lawrence lo ha trasmesso nei suoi scritti al suo prossimo: lo splendore del vivere, la speranza di sempre più vita, un dono eroico e incommensurabile.”»
Il mio corpo si agita a quelle parole: splendore del vivere e più vita.
Spengo la torcia, e allontano da me la coperta e tutto il resto, incapace di dormire per l’intensità di quelle parole... troppo lievi persino per sognare!
Sempre più vita: dove e quando possiamo raggiungere questo più, questa più vita?
Ripenso alla mia vita cercando una goccia di questo più.
Allegato: foto.
Questo è il palmo della mano di zia Halìma... è spaventosamente piccolo, eppure ha un’infinità di linee.
Qui da noi è di moda un bracciale d’oro chiamato “palmo ferito”, due catenine legate da una parte a un anello e dall’altra a un bracciale, che vanno dal dito al polso, formando un triangolo. Dato che Halìma non può permetterselo, se lo è disegnato con la henna sulla mano.
P.S.
«Perché non comprate asciugamani rossi?» mi ha chiesto il feto che ho abortito la notte scorsa nel sogno (e che si ripresenta tutte le notti).
Per due anni ho pregato e implorato: «O Dio, lascia che mio marito Ahmad dorma con me almeno una volta per vanificare il senso di quella parola che tiene sospesa sulla mia testa come una spada: ripudiata. Per darmi un’altra occasione nella vita grazie a un figlio.»
E ora Ahmad mi implora di tornare con lui. Cosa spinge un uomo a reclamare una preda che ha lasciato marcire per due anni?
Aisha
Nasser si sentiva sfidato da quelle parole. Ogni volta che alzava lo sguardo per osservare la finestra di Aisha bloccata dal condizionatore, avvertiva un senso di sgomento per il desiderio di quella donna. Splendore del vivere. Più vita. A cosa si riferiva? Era combattuto tra Aisha e Azza: a chi delle due apparteneva il cadavere? Si sentiva osservato dalle case fatiscenti che aveva intorno, gli sembrava che volessero sfidarlo con la loro miseria. Ma anche lui, a sua volta, trapassava con sguardi penetranti le mie teste, le teste di Aburrùs, approfittando della loro distrazione.
Al calar della sera, seduti davanti ai teleschermi, immobili come manichini nelle vetrine dei negozi, gli abitanti del vicolo facevano il confronto tra lui e la squadra di investigatori della serie televisiva americana Csi, che con le sue indagini scientifiche aveva letteralmente irretito tutto il vicolo. Lui, Nasser, si sentiva frustrato, insignificante e incompetente rispetto a quei detective di fantasia.
Nonostante lo sgomento che il fiume di parole rivolto da Aisha a quel tedesco suscitava in lui, Nasser pensava che avrebbe potuto chiudere gli occhi e infilare il proprio nome al posto dell’asterisco al quale Aisha indirizzava le sue e-mail. Quello stupido simbolo poteva indicare qualunque uomo, e perché non lui allora? Non poteva essere lui l’oggetto di quella passione travolgente? Sognava di sfiorare con la propria testa quella di lei.
«Possa Dio far battere la tua testa contro quella di lui.» Era la frase preferita di zia Halìma; quando la pronunciava, intendeva augurare a una ragazza di trovare un compagno con il quale Dio le avrebbe fatto condividere gli stessi pensieri.