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Naturalmente a Tardivat l’idea non piacque. Il suo primo impulso fu di confortarla, di mostrarle solidarietà, perché capiva che cosa doveva aver provato nel sentirsi sbattere in faccia che Henri era morto. Quando poi Nancy gli disse che le sue intenzioni erano cambiate, ma senza rivelargli la meta, uscì a grandi passi, non prima di averle detto che era un’idiozia, un’idea suicida, uno spreco di risorse e di uomini.
«Verremo noi, mon colonel» disse Rodrigo. «Juan e io. Non lasceremo che tutto questo resti invendicato.»
«Esatto!» disse Denden dando un colpo al tavolo così forte che le tazze sporche sbatacchiarono. Anche la tazza da cui aveva bevuto Anna. «È soltanto una vendetta personale. Per Mateo, per tuo marito.»
«E che cosa ci sarebbe di sbagliato?» chiese Nancy aprendo una cassetta di granate e passando ai due spagnoli le cinture.
«La tua missione è per tutti» replicò Denden. «È la vendetta per ogni francese ucciso dai nazisti, per ogni vita che hanno stroncato. Tu, Nancy, sei stata addestrata per questo, e anche voi.»
René si grattò l’orecchio. «Non mi importa perché vuol farli fuori, ma se sono nazisti io sto con lei.»
Denden non si voleva dare per vinto. «Stai facendo il suo gioco, Nancy.»
«Basta!» Nancy gli lanciò un’occhiata cupa. «Signori, apprezzo la vostra preoccupazione; non siete tenuti a venire. Ma io no, non posso lasciar correre.» Si rivolse a Juan. «Pronto tra un’ora. Anche tu, René.»
«Posso portare i miei giocattoli?» René la guardò e ammiccò.
«Certo.»
«Sì! Forza, ragazzi. Troviamo altri volontari.»
Denden guardò dal finestrino René che si allontanava saltellando.
«È matto. Lo sai, no?»
Lei scrollò le spalle. «Ormai siamo tutti matti. Ecco le ultime istruzioni da Londra, Denden.» Gli passò gli appunti presi il giorno prima, in quelle ore delicate in cui aveva pensato di poter salvare Henri. «Qui c’è scritto che è per le famiglie dei combattenti. Le coordinate per i possibili lanci e i posti dove sono nascoste le armi. I codici sono i soliti. Sai che cosa fare, se non torno.»
Lui infilò il foglio nella tasca posteriore e si alzò lentamente, perché le botte prese il giorno prima lo costringevano a muoversi come un vecchio. «Lo so. Ma vedi di tornare.»
Quando Denden se ne fu andato Nancy prese il cuscino di raso rosso e usò le forbicine da unghie per strappare l’orlo sul retro, poi rovistò nell’imbottitura; una decina di pillole che nella penombra sembravano perle. Cianuro. Il suo piano era stato di cucirne una negli orli di tutte le sue camicie, una specie di polizza d’assicurazione contro la Gestapo. Naturalmente nessuno al SOE aveva richiesto esplicitamente il suicidio, in caso di cattura. Le pillole venivano presentate educatamente, come un’opzione possibile. Non riuscite a sopportare la tortura? Volete mettere fine agli stupri e alle percosse? Non ce la fate a vivere con la vergogna di aver tradito la vostra gente? Non volete rischiare di far arrestare i compagni? Prendete una delle specialità del dottor Buckmaster e non dovrete più preoccuparvi di niente.
A Beaulieu girava voce che in realtà non le prendesse nessuno, ma in qualche modo avere la scelta di mettere fine a tutto rendeva l’orrore più sopportabile. Nancy aveva capito che a questo punto il suicidio non faceva per lei, che non sarebbe mai stato un conforto, qualsiasi cosa accadesse. Rovistò nella borsa e ne tirò fuori mezza boccetta di acqua di Colonia. Un altro regalo da Baker Street. Stappò lo spruzzatore e vi infilò le pillole, poi guardò le compresse letali dissolversi e trasformare il costoso profumo in veleno.
Erano davvero a una svolta. Madame Juliette, la maîtresse di Montluçon, accettò di portare Nancy al quartier generale in cambio di mille franchi e della fede nuziale. Parlarono nella cucina della sua tranquilla casetta in una delle vie secondarie. Nancy si sorprese della facilità con cui le consegnò l’anello. Ormai era soltanto un ninnolo di poco valore. Lei voleva Henri, non quella fascetta d’oro.
«E un foglio» aggiunse la francese.
«Quale foglio, Juliette?» Nancy aveva insistito per avere anche un abito, e se lo stava provando, ammirandosi davanti al grande specchio. Lungo fin sotto al ginocchio, di cotone blu scuro, sottolineava abilmente le sue curve senza per questo dare troppo nell’occhio.
«Deve firmarlo. Con il suo vero nome.»
Nancy si voltò e vide che Juliette stava scrivendo qualcosa.
«Che cos’è?»
Juliette si raddrizzò sulla sedia. «Lascio la città per andare a stare da mia sorella a Clermont, appena avremo finito. I tedeschi saranno sconfitti presto. E dopo la gente dirà che ero una collaborazionista. Su questo foglio c’è scritto che sono stata molto amica della Resistenza.»
Nancy la guardò. Elegante e ben nutrita. Senza dubbio i clienti le avevano dato dei piccoli extra dal giorno che i tedeschi erano arrivati a Montluçon. Interessante. Secondo gli uomini di Fournier i combattenti arrivati da loro dopo il D-Day puzzavano di naftalina, e gli agricoltori che l’anno prima si erano rifiutati di aiutarli ora camminavano per ore per offrirgli le squisitezze dei loro campi. Sapevano che nonostante le ultime rappresaglie alla fine i tedeschi se ne sarebbero andati. E tutti sarebbero stati chiamati a rendere conto delle proprie azioni.
Nancy prese la penna e firmò, andando contro tutte le regole che le erano state inculcate a Beaulieu, «Nancy Fiocca, nata Wake.» Sentì il sospiro fremente di Juliette.
«L’accompagnerò alla casa del portinaio» le disse la francese. «Stasera le mie ragazze sono tutte fuori, però la mia non è l’unica casa di tolleranza della città. Potrebbero esserci altre ragazze a intrattenere gli ufficiali.»
«Per loro sfortuna» replicò Nancy, e restituì la penna. Avrebbe concesso la fuga a Madame Juliette, ma non per questo tutti i collaborazionisti locali l’avrebbero passata liscia. «Adesso ha il foglio firmato. Mi porti dove sa.»