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Il piano piaceva, era evidente. Gaspard era il re delle imboscate ai margini delle strade, e Fournier aveva trovato un modo di usare il plastico che dal D-Day gli aveva permesso di eliminare una decina di ponticelli e due grosse fabbriche, ma a tutti piaceva l’idea di una vera e propria battaglia.
Però ce l’avevano ancora con lei per via di Anna e di Denden, quindi cercavano di non manifestare la loro approvazione. Era come avere a che fare con degli scolari. Anna arrivò con i panini. Era riuscita a rubacchiare del burro al negozio di alimentari. Il profumo era divino. Fu un assalto. Mateo non perse nemmeno tempo a imburrare il suo, lo addentò alzando gli occhi al cielo con espressione beata. Già, adesso avrebbero perdonato qualsiasi cosa. Ah, gli uomini!
Nancy spalmò lentamente il burro sul suo panino, preparandosi ad assaporarlo.
Tardivat ignorò il suo, indicando invece la cartina.
«Qui dovremmo trovare una strada, e conosco un cacciatore di cui mi fido. Potremmo arrivare più in alto e da lì aprire il fuoco. Trasformeremo quel tratto di strada in un cimitero.»
L’idea era buona. Lei posò il panino per un secondo. «Di quanti uomini avremo bisogno?»
Mateo grugnì. Lo guardò, chiedendosi se avesse obiezioni riguardo al piano. Si teneva una mano sulla gola e la pelle era rossa e livida.
«Mateo, cazzo, ti stai strangolando? Sei un bastardo ingordo. Dagli una pacca sulla schiena, Gaspard, e un po’ d’acqua.»
Gaspard rise, e gli diede una pacca sulla schiena. La tosse aumentò e all’angolo della bocca di Mateo si formò della bava. Ricominciò a grattarsi la gola, poi tossì di nuovo e sulla cartina schizzò del sangue.
«Cazzo!» gridò Gaspard, e afferrò il bicchiere d’acqua, cercando di forzarglielo tra le labbra, ma Mateo lo respinse, si alzò in piedi barcollando, scese dall’autobus e crollò a terra.
«Veleno!» gridò Fournier, e andò a inginocchiarsi vicino allo spagnolo.
Si udirono dei passi provenire dal sentiero, e spuntò un gruppetto che comprendeva anche i fratelli di Mateo, ad armi spianate. Il ragazzo aveva le convulsioni.
«Giratelo sul fianco!» disse Nancy. Si accovacciò vicino per sostenergli la testa con la mano.
Lui la fissava terrorizzato; il sangue che gli usciva dalla bocca si riversava sul polso di Nancy. Lei gli accarezzò i capelli, cercando di incontrare il suo sguardo, ma i suoi occhi guizzavano impazziti. Non si capiva neppure se la riconoscesse. Continuò a chiamarlo per nome, con voce pacata e chiara.
Dopo un’altra convulsione Mateo si irrigidì, i muscoli del collo sporgevano come funi; emise un debole rantolo. Aveva uno sguardo vacuo. Impossibile. Invece era vero.
Nancy si alzò. Anna era rimasta a guardare la scena dietro i ragazzi spagnoli e gli altri. Nancy si lanciò. La ragazza corse verso ovest, sul pendio che portava al promontorio. Nancy aumentò l’andatura senza pensare. Anna piangeva, correndo gridava e Nancy riuscì a guadagnare terreno, il cuore che le batteva forte, ma l’avrebbe presa, non aveva dubbi al riguardo. Anna non aveva via di scampo.
Corse tra gli alberi sul promontorio e riuscì a fermarsi sul bordo della parete rocciosa, agitando le braccia come un mulino a vento. Inciampò all’indietro sulle erbacce, poi si girò dall’altra parte e vide che Nancy le bloccava la fuga. Strisciò sulla pancia di nuovo verso l’orlo del precipizio.
«Non voglio farti del male, Anna.»
Quando Nancy avanzò, Anna indietreggiò. Dio, il terrore sul suo viso. Era il terrore di un animale selvatico. Nancy respirò a fondo. «Tu non volevi farci del male, vero? Ti hanno obbligato?»
La ragazza batté le palpebre, a Nancy parve di cogliere un piccolo cenno di assenso.
«Capisco... capisco. Adesso, allontanati da lì. Parliamo, tu e io. Non ti farò niente.»
Gli occhi folli di Anna guizzavano da sinistra a destra.
«Anna, non permetterò nemmeno agli altri di farti del male. Ti do la mia parola.»
Le si avvicinò e tese la mano. E questa volta Anna la prese.
Il pane avvelenato stava bruciando in un fuoco di bivacco coperto. Al campo tutti guardarono Nancy che riportava indietro Anna, dirigendosi verso l’autobus. Passando, Nancy incrociò lo sguardo di Tardivat. Le faceva una domanda di cui lei non conosceva ancora la risposta.
La cartina macchiata di sangue era rimasta sul tavolo. La lasciò dov’era.
«Raccontami tutto.»
La ragazza tremava forte come se avesse la febbre.
«Forza, Anna, il buon senso mi dice che possiamo risolvere i nostri problemi parlando, perciò parla.»
«L’uomo della Gestapo... ha detto che era mio dovere. Che ero speciale.»
Böhm, naturalmente.
«Quando?» chiese Nancy.
Anna si guardò intorno come se si aspettasse che il tedesco saltasse fuori da dietro i sedili.
«Quando te l’ha detto? Ieri sera?»
«È entrato nel caffè non molto dopo che tu eri uscita. Dopo che il tuo amico ti ha portato al fienile. Sapevamo tutti che lo aveva affittato dal signor Boutelle. Mi ricordo che stavo ancora piangendo. Lui si è interessato a me, gli ho detto come mi chiamavo, e che noi due avevamo parlato. Era gentile. I tedeschi stanno cercando di costruire un mondo migliore. Gli ebrei e gli stranieri vogliono impedirglielo. Ha detto che è colpa delle donne come te... siete voi che costringete i tedeschi a fare cose che non vorrebbero fare. Come distruggere le fattorie con il fuoco. Ha detto che se tu e i tuoi uomini ve ne andavate, ci sarebbe stata la pace. Ha detto tante cose. Mi ha dato la roba da mettervi nel cibo. E mi ha detto di venire da te.»
Qualcuno doveva aver visto Nancy ancora prima che entrasse al bar. Ebbe un’immagine fugace dell’uomo che per strada li aveva superati.
«Ha detto che avrebbe protetto la mia famiglia. Che dovevo essere coraggiosa per loro. Che avrebbe protetto anche me.»
Nancy sentiva la rabbia ribollirle nelle vene. Si era rivista in quella ragazzina.
«Lui non può proteggerti. Solo io posso. Gli hai riferito quello che ti ho detto a proposito del libro?» Anna scosse la testa, confusa. Böhm lo sapeva già qual era il libro preferito di Nancy. «Ed è stato lui a dirti che dovevi raccontarmi che volevi scappare via da tua madre?»
Un cenno affermativo.
«Sai da chi ha avuto quelle informazioni?» chiese Nancy. «Le ha avute torturando mio marito, brutta stronza di una nazista.»
Afferrò Anna per il braccio e la trascinò giù dall’autobus.
La ragazza cercò di opporsi, piangendo e strillando, aggrappandosi ai vecchi sedili, allo stipite della porta, ma era debole, mentre Nancy era di nuovo forte.
«Hai detto che non mi avresti fatto del male!» gridò mentre Nancy la gettava a terra ai piedi di Tardivat.
Lui la obbligò a rialzarsi e le afferrò il braccio destro. Rodrigo le prese il sinistro.
«Vorrà dire che sono una merda bugiarda come te» ribatté Nancy con violenza.
In che modo Böhm era riuscito a strappare a Henri tutti quei piccoli segreti del suo passato? La storia familiare, il libro preferito. Risentì il caldo secco del vecchio nascondiglio nel vespaio sotto il portico a Sydney, dove leggeva alla luce che filtrava fra le tavole del pavimento. Sopra la testa i passi minacciosi di sua madre.
Nancy tirò fuori la pistola dalla fondina e la porse a Juan. «Ha ucciso tuo fratello.»
Lui fece di no con la testa. «È una ragazzina.»
Anna si accasciò tra i due uomini che la tenevano per le braccia. «Lasciatemi andare. Mi dispiace, mi dispiace... non mi rivedrete più...»
«Tardi?»
«Non me la sento.»
«Va bene.»
Nancy puntò la pistola. Anna alzò di scatto la testa e la fissò negli occhi.
«È morto! Tuo marito è morto. Il maggiore Böhm ha detto al suo capitano che era un peccato che non avesse resistito di più, perché gli era stato utile.»
Nancy appoggiò il dito sul grilletto e la faccia della ragazza si contorse in una smorfia feroce. «Heil Hit...»
Due colpi, e il corpo ebbe uno spasmo. Tardi e Rodrigo lo lasciarono cadere. Nancy infilò la pistola nella fondina e si avviò a grandi passi verso il bosco, lasciando agli uomini il compito di ripulire.
Puntò dritto al promontorio, si avvicinò all’orlo e cadde in ginocchio. Le stavano tremando di nuovo le mani. Le serviva un momento, solo un momento. La mente si rifiutava di registrarlo. Henri, morto. Tardi aveva ragione, Böhm aveva mentito. Risentì il rantolo nella gola di Mateo, il polso sottile di Anna nella sua mano, rivide l’ultima espressione di rabbia omicida della ragazza.
Adesso non poteva più esserci pace, per lei. Buckmaster e quelli come lui pensavano che la pace fosse la fine dei combattimenti, l’esercito tedesco che se ne andava ordinatamente, i francesi liberi e grati. La fine è vicina, Nancy! Che stupido. Erano tutti stupidi. Questo inferno non aveva fine, soltanto colori e toni diversi.
La corda usata da Denden per mostrarle come restare appesi sopra la scogliera era ancora al suo posto. Una corda normale, come quelle che i tedeschi avevano usato per fare un cappio per l’agricoltore mutilato e sua moglie. Nancy si alzò e la afferrò. Un’estremità era ancora attaccata saldamente all’albero. Adesso loro erano in pace. Quella era la pace. Non in paradiso, non all’inferno, ma in un luogo silenzioso dove non dovevi pensare né ricordare.
Fece un cappio.
Né amore, né odio. Nessun prepotente, nessuna propaganda, niente bambini disperati che volevano vendicarsi. Niente rabbia, niente senso di colpa. Niente Henri.
Si mise la corda intorno alla vita.
Doveva essere in ordine. L’istinto è qualcosa di potente. Prese dalla tasca il portacipria, lo aprì e si guardò, pulendosi l’angolo della bocca.
La rabbia e il disgusto la sollevarono come un’onda, e gettò il dolce regalo d’addio di Buckmaster con l’augurio sottinteso, spero non ti torturino o lascino morire di fame, oltre l’orlo della scogliera... poi si lanciò nel vuoto.
E rimase bloccata.
La roccia le si sgretolò sotto i piedi, le braccia tese in avanti come una paracadutista acrobatica; la corda tesa intorno alla vita cedette leggermente e lei avanzò di un paio di centimetri. Sorrise. Forse avrebbe ceduto. Dio, se ci sei, forza, dai. Sono una preda facile. Forse lei e quel suo improvviso talento per la morte sarebbero scomparsi nell’aria limpida del Cantal e la sua carne avrebbe nutrito gli alberi e marcendo avrebbe lavato via il suo peccato.
Invece la corda tenne. Nancy guardò la valle sotto, e il cielo davanti. Pensò a Böhm. A quel suo strano sorriso gentile che esprimeva soddisfazione. In quel momento era a Montluçon, seduto alla sua scrivania a firmare mandati. Questo prigioniero deve morire, quel villaggio va distrutto con il fuoco, questi uomini devono essere picchiati finché nemmeno la madre li riconoscerà, questi vanno stipati in un carro bestiame e portati in Germania. Böhm non era all’inferno. Com’era possibile? Spostò il peso del corpo e alzò le braccia.
Padrona del vuoto. Pronta a portare l’inferno da lui.