28

 

Nancy ebbe una nottata pessima. Interessante, vincente, gloriosa, eppure decisamente pessima. Il pendio sotto l’altopiano era perfetto per i lanci, e a furia di urla e minacce era riuscita a costringere Fournier e i suoi ad accendere i fuochi segnaletici. Le segnalazioni fra le torce a terra e l’aereo avevano funzionato e il cielo rischiarato dalla luna si era riempito di un gran numero di paracadute. Con tutta quella seta Tardivat avrebbe confezionato per sua moglie molti abiti da sera. Fournier era impressionato. Sorpreso, colpito e addirittura un po’ scosso dal successo dell’operazione, il che era esattamente quanto Nancy aveva desiderato. Però doveva comunque dimostrare di essere sempre il capobranco di ragazzi che guardavano il cielo come quei pastori la stella cometa.

Nancy coordinava le operazioni: separare i pesanti contenitori dai paracadute e trasportarli fino ai due carri che aspettavano. Fournier entrò nel punto di atterraggio proprio mentre l’ultimo paracadute veniva schiacciato e ripiegato, e aprì uno dei contenitori. Tirò fuori un pacchetto di sigarette che agitò per aria, poi prese una sigaretta e la accese. Nancy attraversò di corsa il prato pur sapendo che non sarebbe riuscita a staccarli da quel ben di Dio. Maledizione. Avevano trovato le bottiglie di brandy e stavano già armeggiando per aprirle.

«Sei morto, Fournier» disse. Lui si voltò e si ritrovò a guardare dentro la canna della pistola di Nancy.

Un ex membro della brigata spagnola che ora combatteva al fianco di Fournier si avvicinò per vedere la scena e tese la bottiglia al suo capo. Fournier la prese e bevve, poi fece un tiro di sigaretta. Aspirò e buttò fuori lentamente il fumo.

«Almeno morirò felice.»

Nancy faticava a tenere fermo il dito sul grilletto. «Secondo voi i tedeschi non li vedono arrivare i nostri aerei? Non sono tonti come te, Fournier. Abbiamo un’ora, due al massimo per portare via tutto e coprire ogni traccia dei falò. E state fumando in mezzo a un campo, porca miseria!»

Lui fece un altro tiro, le soffiò il fumo in faccia e sbadigliò. «Stavo festeggiando la nostra amicizia, capitano.» Poi si rivolse ai suoi. «D’accordo, ragazzi. Portiamoci a casa questa roba.»

Era finita... stavano prendendo di nuovo gli ordini da lui. A Nancy tornarono in mente le parole che le aveva detto un giorno a Beaulieu uno degli istruttori. Non tirare mai fuori la pistola se non sei sicura di voler sparare. Rimise l’arma nella fondina e infilò le mani sotto il grosso fusto metallico: era lungo più di un metro e pesava come un accidente. Lo spagnolo la guardò smarrito: un ragazzo ben educato non avrebbe mai permesso a una donna di sollevare un oggetto così pesante da sola, però non riusciva a capire quali giochi di potere ci fossero in atto. Al cenno di Fournier, lui afferrò l’estremità opposta del fusto. Nancy non lo diede a vedere ma era furente. Quegli uomini erano ingestibili. Forse faceva una figura migliore dando una mano, invece di stare a guardare mentre Fournier impartiva gli ordini. Quel round lo aveva vinto lui senza il minimo sforzo, mentre lei doveva essere sempre impeccabile, se non voleva precipitare al grado più basso dell’autorevolezza.

 

 

Poco prima dell’alba, mentre fissava il fuoco nel posto che si era scelta in fondo alla base, Denden le portò il pacchetto. Si avvicinò a lei con una cautela esagerata, e un’espressione che in un altro momento l’avrebbe fatta ridere. Invece niente. Gli altri si erano radunati tutti sotto una fila di alberi a bere e a fumare. Per fortuna le armi, gli esplosivi e le munizioni erano stati messi al sicuro, e Tardivat aveva requisito tutta la seta dei paracadute. Alcuni di quelli che si stavano sbronzando ogni tanto le lanciavano un’occhiata. Dalle risatine soffocate era chiaro che stavano parlando di lei. Denden intercettò il suo sguardo alla luce delle fiamme che le avevano arrossato le guance, e interruppe la pantomima.

«Un regalo per te da Baker Street» le disse.

Il pacchetto era avvolto nella juta e legato con lo spago; sul biglietto rettangolare c’era il suo nome in codice, Hélène. Denden le si sedette accanto e estrasse da sotto il cappotto una bottiglia di brandy; ne bevve un lungo sorso e poi gliela offrì. Era un ottimo brandy, ma in gola bruciava, e anziché riscaldarla le fece sentire ancora più freddo.

«Apri il regalo e poi sbronziamoci» le disse Denden.

Nancy non si sforzò di sorridere, ma tagliò lo spago e aprì l’involto. Infilò il biglietto in tasca perché era troppo buio per leggere, però il regalo le strappò un sorriso. Una crema detergente francese della costosa marca che aveva sempre usato per struccarsi dopo le serate trascorse con Henri nei locali di Marsiglia. Svitò il coperchio e avvicinò il barattolo al naso: note di rosa e lavanda. Per un istante fu di nuovo nella loro camera da letto: la vestaglia di seta che le frusciava intorno alle gambe quando si allontanava dalla toeletta per raggiungere Henri, il loro letto morbido e caldo, lo sguardo di lui, colmo di amore e di desiderio. Sentì un nodo in gola e per un attimo temette di scoppiare a piangere.

«Comincio a pensare» disse Denden, strascicando le vocali, «che Buckmaster abbia fatto un passo falso mandando qui una donna e un omosessuale per raddrizzare questi energumeni.» Gli era venuto il singhiozzo. «Non che mi dispiacerebbe provarci, sia ben chiaro...»

«Come mai tra loro ridono, si incazzano e vengono alle mani, e possono persino piangere insieme, invece con me niente di niente? Qualsiasi cosa faccio, non va bene...»

Afferrò la bottiglia e annegò in un lungo sorso dispiacere e autocommiserazione.

«Ridammela, strega» disse Denden, e le riportò via il brandy.

«Non sanno manco loro se vogliono ammazzarmi, scoparmi, proteggermi o venerarmi.»

«Scusa ma non funziona sempre così tra maschi e femmine? Vogliono il tuo corpo e allo stesso tempo ne hanno paura.» Le ripassò la bottiglia. «Dovresti riuscire, non so bene come, a diventare una sorella per questi ragazzi. Qualsiasi altro ruolo è inaccettabile.»

«Perché dovrei interpretare un ruolo?»

«Guarda, ho passato tutta la vita a recitare. È sempre una questione di ruoli. Siamo talmente occupati a nasconderci dietro una maschera che non ci rendiamo conto di quanto recitino male gli altri.»

Nancy si alzò. Odiava tutti. «Vado a farmi una nuotata.»

«Così mi piaci» disse Denden in tono assonnato. «Sono talmente sbronzo che forse sverrò qui e ora.» Si avvolse nella giacca e si sdraiò. «Grazie, Buckmaster, per una notte di riposo, finalmente.»

 

 

La base di Fournier era una radura fredda e umida nel bosco, e fino a quella notte anche mal equipaggiata, ma offriva un grande vantaggio. In fondo a un pendio percorribile a piedi in dieci minuti, c’era una piscina naturale alimentata da una delle sorgenti d’acqua calda che avevano dato il nome a Chaudes-Aigues. Le luci dell’alba cominciavano a colorare la vallata quando Nancy si sfilò i pantaloni militari e slacciò la camicia. Poi si liberò delle mutandine e del reggiseno. Erano tutti indumenti di fabbricazione francese, e le etichette lasciate dalle lavanderie inglesi erano state accuratamente eliminate dal personale femminile di Baker Street. Entrò in acqua con cautela. In superficie era fredda, ma sotto passava una piacevole corrente calda.

L’acqua le rilassò i muscoli, quei nuovi muscoli che aveva sviluppato durante le settimane di addestramento. Quando il 3 settembre del 1939 Francia e Inghilterra avevano dichiarato guerra alla Germania, Nancy, che si trovava alloggiata al Savoy di Londra, stava per partire per un centro benessere nell’Hampshire con l’intenzione di perdere i chili che aveva accumulato mangiando aragoste con salsa al burro e bevendo champagne in compagnia di Henri.

L’avrebbe riconosciuta, adesso? Magari gli sarebbe piaciuta con quel nuovo fisico asciutto. Aveva ancora un bel seno ma i fianchi erano più sottili, il cuscinetto morbido del ventre era sparito lasciando una muscolatura dura al tatto, come duri e ben scolpiti erano i muscoli delle braccia. Vestita da casalinga francese sembrava una giovane donna vissuta per quattro anni con le misere razioni consentite, nuda era un’amazzone.

Si tuffò, affidando il proprio peso all’acqua, e sentì che la tensione se ne andava anche dalle ossa. Rifletté sullo scambio di battute avuto con Denden poco prima. Che cosa doveva rappresentare, agli occhi di quegli uomini, per poterli guidare? Una sorella da prendere in giro e proteggere, un’amante da difendere o una dea da venerare? Una dea proprio no. Era un’idea troppo lontana da loro. Aveva bisogno di fidarsi di loro e che loro si fidassero di lei. Un’amante? Cosa sarebbe successo se si fosse portata uno di quei ragazzi nel bosco? Magari fra gli uomini di Fournier c’era un potenziale leone da sedurre e far diventare suo paladino. Si rituffò cercando di resistere sott’acqua il più a lungo possibile. No. In quel modo si sarebbe procurata un alleato ma avrebbe perso tutti gli altri. E l’idea che un uomo che non era Henri la toccasse... Proprio no.

Riemerse in superficie e riempì i polmoni di aria. Avvolta dalle luci dell’alba, Nancy si guardò intorno stupita: le fiancate ripide delle montagne, il cielo sempre più chiaro e le foglie che tremavano sui rami. A lente e pigre bracciate raggiunse la roccia sulla quale aveva lasciato gli indumenti e notò che gli arbusti bassi, dove non poteva arrivare il vento, si muovevano. Un animale? Nei boschi si aggiravano i cinghiali, però non ne aveva visto traccia nei dintorni della piscina naturale, e non c’era nient’altro abbastanza grande da scuotere la vegetazione in quel modo. Eccetto gli esseri umani. Che una pattuglia tedesca si fosse spinta fin lì? Qualcuno del villaggio? Eppure non c’erano né fattorie né borghi abitati nel raggio di due chilometri.

Ancora immersa nell’acqua, allungò un braccio per afferrare la pistola che aveva nascosto sotto l’asciugamano, e la puntò in direzione del movimento, mentre con la mano libera si aiutava a uscire.

«Chi va là?» I cespugli tornarono immobili. Si erano mossi davvero o lo aveva solo immaginato? Forse dopo due notti quasi senza sonno cominciava ad avere le allucinazioni? Poi ripensò alle risatine sciocche intorno al fuoco e a un tratto capì. «Fuori, pezzi di merda, se no vi sparo!»

Sparò in alto e il proiettile colpì il tronco di una giovane quercia con un suono soddisfacente.

Dai cespugli spuntarono tre uomini. Gli spagnoli, gli unici tre che avessero qualche esperienza di lotta armata. Li aveva giudicati migliori di quel che erano, evidentemente. Tenevano le mani alzate sopra la testa.

«Rodrigo, Mateo e Juan» disse scandendo i loro nomi. «Idioti, bastardi. Fatemi capire bene: siete sopravvissuti alla guerra civile, siete venuti qui a combattere i nazifascisti e ora vi fate quasi ammazzare da me... per cosa?»

Nancy uscì completamente dall’acqua muovendosi con lentezza, e tenendoli sempre sotto tiro. Questa volta sarebbe stata all’altezza della situazione. I tre fissarono il suo corpo arrossendo: le braccia muscolose, i seni prorompenti, i peli scuri dell’inguine. Nancy lasciò che guardassero ogni particolare, che se la divorassero con gli occhi. Poi, vedendo che rimaneva immobile, in silenzio e con la pistola sempre puntata su di loro, i tre spagnoli andarono in confusione. La guardarono negli occhi, e sulle facce lei lesse tutta la loro vergogna.

«Sì, ho la figa. Pensate che per questo sia un essere più debole? Sono una bambinetta che scappa alla vista del sangue? Juan!» Puntò l’arma sul più vecchio dei tre. «È questo che pensi, Juan?»

«No, señora

Senza abbassare la pistola, la mano salda come una roccia, ordinò: «Mateo, passami l’asciugamano».

Mateo corse a prenderlo e glielò porse sforzandosi di non guardarla, poi tornò dagli altri e alzò di nuovo le mani. Nancy dovette sforzarsi di non sorridere.

«No, señora» ripeté. «Esatto. Perché sono una donna adulta, dico bene, Rodrigo?»

Rodrigo teneva gli occhi fissi su un punto imprecisato al di sopra di Nancy.

«Sì, señora

«E tu sai, Mateo, che cosa significa questo?»

Il ragazzo fece di no con la testa.

«Significa, brutti cretini, che per metà della mia vita ho sanguinato.» Li scrutò, a uno a uno, ma tutti e tre guardavano le nuvole.

Nancy tolse il dito dal grilletto e abbassò il braccio, mentre con l’altra mano si asciugò i capelli senza fare alcun tentativo di coprirsi. I tre erano rimasti nella stessa posizione: mani in alto.

«D’ora in avanti quando vi rivolgete a me usate il mio grado. Per voi sono il capitano Wake. Intesi?»

«Sì, capitano» risposero in coro gli spagnoli. Nancy non li degnò di un’altra occhiata.

«Bene, adesso fuori dai piedi.»

I tre si lanciarono di corsa per i campi mentre lei, che ormai sentiva i brividi del freddo del primo mattino, si rivestiva.

 

 

Tornò alla base con calma. Qualcuno si era addormentato, altri finivano quel che restava del brandy mentre facevano bollire l’acqua per la mistura d’avena fermentata che consumavano abitualmente a colazione. Nancy notò i tre spagnoli seduti in disparte con l’aria cupa e avvilita. Fournier stava ancora bevendo seduto accanto alle braci. Vedendola arrivare le diede un’occhiata maliziosa.

«L’hai fatta vedere ai ragazzi?» le chiese.

Nancy non lo aveva programmato. Non ci pensò neanche in quel momento. Coprì la distanza che li separava con un balzo e gli arrivò così vicino da dargli un manrovescio; la sigaretta tra le labbra di Fournier e la bottiglia finirono tra le braci. Lui saltò in piedi, ed era almeno quindici centimetri più alto, e strinse un pugno. Poi esitò. Lei gli sputò in faccia. Lui la colpì, gettandola a terra, e si voltò per allontanarsi, ma Nancy gli sferrò un calcio su uno stinco con lo scarpone, strappandogli un grido di dolore. Allora le fu addosso tempestandola di pugni, mentre lei alzava le braccia per proteggere la testa. Non emise un lamento.

Con un grugnito rabbioso Fournier si rimise in piedi. Nancy non sentiva ancora il dolore, solo il sapore del sangue. Si rialzò, raccolse la sigaretta accesa, gli saltò addosso facendolo cadere a terra, e gli premette la punta rovente del mozzicone sulla guancia, poi lo afferrò al collo in una morsa soffocante. Lui le strinse una mano intorno a un polso, ma per quanto scalciasse non riusciva a liberarsi del corpo di lei che lo schiacciava giù. Nancy si rese conto che Fournier stava per cedere.

«Capitano...» disse uno dei giovani francesi tenendosi a rispettosa distanza. Aveva parlato a voce bassa, quasi in tono implorante.

Nancy lasciò la presa e si alzò, poi si avviò lungo il sentiero più alto. Dietro di lei Fournier ansimava e imprecava. Quelli che lo aiutavano a rialzarsi mormoravano parole incomprensibili.

Bene, a quel punto nessuno aveva più voglia di ridere.

Liberazione
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