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Nancy salì velocissima i gradini arrotondati della bella villa di Rue Paradis, facendo risuonare i tacchi sul marmo. Aveva preso la rincorsa assecondando la furia che le stava crescendo dentro. Da quando aveva cominciato a lavorare per la Resistenza aveva imparato che persino gli ufficiali della Gestapo ci pensavano due volte, prima di affrontare una moglie francese infuriata.
Cosa sanno? Cosa mai sapranno? Forse hanno sentito voci sui soldi che escono dai conti di Henri, e vedendo che i partigiani sembrano ben forniti hanno fatto due più due. Quando le aveva telefonato per dirle dell’arresto, la signorina Boyer le aveva parlato di un operaio che qualche settimana prima era stato licenziato, un alcolizzato che parlava troppo e giurava vendetta. Poi aveva aggiunto che i libri contabili erano «perfettamente in ordine, Madame» e nella sua voce Nancy aveva avvertito insieme all’orgoglio anche un certo nervosismo. Se Henri Fiocca, uno degli uomini d’affari più importanti e rispettati della città, era stato portato via dai tedeschi solo per le chiacchiere di un alcolizzato rancoroso, poteva convincere quei maledetti bastardi a rilasciarlo. E se invece sapevano di più? La peggiore delle ipotesi era che avessero scoperto che lei era il Topo Bianco, e stessero usando lui come esca. D’accordo. Si sarebbe consegnata con un bell’inchino, se fosse servito a liberare Henri. Ma fino a quando avesse scoperto la verità avrebbe interpretato la parte della gran dama oltraggiata.
Spalancò le porte e attraversò a lunghi passi il grande atrio senza guardare né a destra né a sinistra. Scorse a stento sulle panche disposte contro i muri delle persone sedute, tutte con l’aria spaventata o preoccupata, e davanti a una porta vide due tedeschi in uniforme. La ricca, arrogante e innocente moglie di un potente li avrebbe ignorati, e così fece lei. Quando raggiunse il lungo bancone che sembrava la reception di un bell’albergo, si era ormai autoconvinta di essere esattamente quella donna.
Si chinò sull’impiegato biondo che stava deridendo un francese sulla sessantina, un uomo tozzo e agitato che portava una tuta da manovale e teneva con delicatezza fra le grosse mani la fotografia di un ragazzino. La cura con cui reggeva quella foto quasi la fece tentennare. Il ragazzo non era più tornato a casa? Era stato spedito a lavorare in Germania, o buttato in prigione, o tenuto in ostaggio? Probabile che fosse stato fermato con un volantino antifascista in tasca e fatto sparire.
Basta, Nancy. L’indignata signora dell’alta società non si preoccupa del destino del figlio di un operaio. Concentrati.
Appoggiò sul banco con un tonfo la costosa borsetta e l’operaio francese si scostò docilmente per farle posto.
«Come osate arrestare mio marito?» chiese con la sua voce più squillante. «Siete impazziti? Vi avverto: è amico intimo del sindaco! Voglio che venga rilasciato immediatamente ed esigo delle scuse scritte.»
L’impiegato le lanciò una rapida occhiata, poi tornò a guardare il modulo che stava compilando. «Signora, prenda un numero dall’addetto vicino all’entrata» disse in un francese passabile ma dal forte accento tedesco.
L’addetto in questione aveva cercato di seguirla e ora le stava porgendo con aria ossequiosa una contromarca numerata. Nancy lo guardò come se le stesse offrendo il suo fazzoletto sporco.
«Neanche per sogno! Avete idea di chi sono?»
Si protese oltre il piano lucido del bancone, premendo le mani sul palissandro.
«Lei prenda il numerino, e quando arriverà il momento lo scopriremo» ribatté l’impiegato senza smettere di scrivere.
Nancy gli strappò la penna dalle dita e la gettò dietro di sé. La penna rotolò su se stessa come una trottola. «Mi guardi in faccia, quando parlo, ha capito?» Lui obbedì. «Sono la signora Fiocca e esigo di vedere mio marito immediatamente. Non me lo faccia chiedere un’altra volta.»
A dire il vero l’uomo non era poi così giovane, ma l’atteggiamento aggressivo funzionò.
«È impossibile, suo marito in questo momento è sotto interrogatorio...»
«Interrogatorio? Come vi permettete!» gridò Nancy.
«Signora!»
«Henri!» Aveva urlato il suo nome così forte da far tremare i vetri alle finestre.
L’impiegato si guardò alle spalle e lei sentì avvicinarsi dei passi rumorosi. Forse aveva esagerato, ma tanto valeva rischiare il tutto per tutto. Se l’avessero scaraventata fuori dalla villa avrebbe potuto mostrare a tutti i notabili della città le sue calze smagliate e la sua virtù oltraggiata. Per la Gestapo sarebbe stato un incubo, e sarebbero stati costretti a rilasciare Henri. Perfetto. Prese fiato, pronta a lanciarsi in un’altra scenata.
La porta sulla destra si aprì e un ufficiale si incamminò lentamente verso di lei. Nancy non aveva ancora imparato a distinguere i gradi, ma aveva riconosciuto in lui un pezzo grosso. I passi si fermarono e l’impiegato scattò in piedi, sull’attenti. L’ufficiale allontanò tutti con un gesto, indicò con un cenno all’impiegato di tornare a sedersi; quest’ultimo prese una nuova penna da un cassettino.
«L’isteria non è necessaria, Madame Fiocca» disse l’ufficiale. «Sono il maggiore Böhm, a sua disposizione.»
Nancy batté le palpebre. Era un uomo di quarant’anni o poco più, dalla corporatura snella. Se non avesse indossato quella ributtante uniforme lo avrebbe giudicato di bell’aspetto. E le aveva appena rovinato la scena.
«Dov’è mio marito?» gli chiese, guardandolo con aria altezzosa.
Lui accennò un inchino. «La accompagno subito da lui. Mi segua.»
Ritornò da dove era venuto e le tenne aperta la porta. Nancy prese la borsetta, drizzò le spalle e lo seguì. Aveva perduto il suo pubblico. Peccato. Böhm la precedette lungo il corridoio con passo sicuro. La gonna di Nancy era stretta come voleva la moda, e complici anche i tacchi alti, doveva procedere a piccoli passi, trotterellandogli dietro come un cagnolino. Era arrivato il momento di riprendere in mano la situazione.
«Maggiore Böhm, come avete potuto fare una cosa tanto riprovevole come trascinare Henri qui come un volgare criminale? Già immagino la reazione del sindaco.»
Il tedesco non rispose, e arrivato davanti a una porta anonima si fermò, l’aprì e invitò Nancy a precederlo.
Lei si ritrovò in una stanzetta pulita e ordinata. Prima che i nazisti lo requisissero, doveva essere l’ufficio di un funzionario di alto livello. La luce del pomeriggio filtrava dalle imposte chiuse. Le pareti erano tinteggiate di verde chiaro, e vi erano appese alcune stampe di carte geografiche della costa, dentro sobrie cornici nere. I mobili originali dovevano essere stati eliminati, e ora in mezzo alla stanza c’erano un tavolo di legno grezzo e un paio di malandate sedie pieghevoli. Su una delle seggiole, con la schiena alla finestra, sedeva Henri.
Alzò la testa e le rivolse un sorriso benevolo e triste. Per la prima volta da quando lo conosceva, Nancy gli vide in faccia tutti i suoi anni. Una morsa le strizzava il cuore, ma alla presenza del maggiore alle sue spalle, si impose di recitare la parte di prima.
«Henri, cosa diavolo è quest’assurdità? Mi ha telefonato Mademoiselle Boyer, e con una voce da moribonda mi ha detto che questi mostri ti avevano prelevato. È uno scandalo!»
Henri sollevò una mano e scosse la testa. «Non ti preoccupare, tesoro. I miei avvocati stanno arrivando, e come sai sono i migliori. Tutti in rapporti più che ottimi con il governo di Vichy.»
«Ma di cosa ti stanno accusando?» Così andava meglio. Era tornata perfettamente padrona di sé.
«Sono sicuro che si tratta di un equivoco. Non ti preoccupare.» Benché il suo tono fosse quasi normale, la guardava con una strana fissità e questo la spaventò.
Nancy si girò verso Böhm, che nel frattempo si era chiuso la porta alle spalle. «Maggiore, quali sono le imputazioni contro mio marito?»
Böhm annuì, e prima di risponderle con un tono calmo e pacato, la costrinse ad aspettare qualche istante di troppo.
«Uno dei dipendenti di suo marito ci ha avvertito di una cospirazione fra il personale delle banchine di carico Fiocca, giù al porto. A quanto pare è venuta a mancare una grossa somma.»
Nancy sollevò il mento. «Sono certa che Henri non ha niente a che fare con questa storia.»
Böhm assunse un’aria di cortese curiosità. «Questo significa che lei, signora, è al corrente degli affari di suo marito?»
«Il suo tono non mi piace» gli rispose Nancy imitando la sua cognata snob, ringraziandola fra sé per la sua esistenza.
«Poiché abbiamo motivo di credere che questa somma sia stata consegnata a membri della Resistenza locale...»
«Che assurdità» lo interruppe Nancy.
Böhm la osservava con la testa inclinata, come se quell’interruzione lo avesse divertito.
«L’unica cosa che mia moglie sa del mio denaro è come spenderlo per i suoi costosi acquisti» aggiunse Henri con un sospiro.
Nancy si voltò a guardarlo negli occhi.
«Vai a casa, cara» continuò lui. «Lascia che il maggiore ed io chiariamo la questione da gentiluomini.»
Se era così che Henri aveva deciso di giocare, lei non poteva che adeguarsi. Lui le stava chiedendo di non interpretare la gran dama furente bensì la frivola mogliettina, bella e sciocca, e troppo spendacciona per interessarsi a una cosa seria come gli affari del consorte. Nancy riuscì a simulare un piccolo broncio.
«Come vuoi tu, Henri.»
Il maggiore si schiarì la gola. «Soltanto una cosa ancora, Madame Fiocca. La pregherei di non lasciare Marsiglia... potrei aver bisogno di rivolgere qualche domanda anche a lei.»
E così dicendo riaprì la porta, pronto a liberarsi di lei. No, era troppo presto. Non poteva lasciare Henri in quel modo.
«Lei crede che io sia il tipo di donna che se ne va in vacanza mentre il marito è nelle mani della Gestapo? Henri, lo sai che non andrei da nessuna parte, senza di te.»
Uno scambio di battute le avrebbe dato l’opportunità di guardarlo ancora una volta. Il suo sostegno e la sua guida. Il suo rifugio. Suo marito. Henri le rivolse un caloroso sorriso incoraggiante. «Certo che no, tesoro.»
Okay. Lui sapeva cosa stava facendo. Lei si era agitata inutilmente. Avevano una decina di avvocati e soldi a palate per corrompere chiunque anche nel quartier generale della Gestapo. Si avviò verso la porta.
«Nancy?»
Si voltò. Il suo adorato compagno. Quella sera gli avrebbe preparato la cena con le sue mani. E in cantina avevano ancora del vino decente.
«Di’ a mia madre di non preoccuparsi.»
No. Oh no! Quella era la frase in codice che avevano stabilito insieme per comunicarsi che la situazione non era buona... Che era grave. Anzi, gravissima. Fu presa dal panico e non riuscì a muoversi. Pensò di mettersi a urlare, di confessare, di sputare in faccia a quei bastardi... ma sapeva che Henri sarebbe morto di dolore vedendola trascinata via dai mostri nazisti. Dopo tutto quello che gli aveva combinato, non poteva fargli anche questo. La scelta toccava a lui. Ma no, no, no. Non può succedere, non può essere vero. La voce, quando le uscì, suonò roca.
«Le trasmetterò il tuo affetto.»
Si guardarono per uno, due, tre battiti del cuore, cercando di dirsi tutto quello che poteva condensare la loro felice vita insieme, e ricordare le promesse che si erano fatti e che avrebbero mantenuto. Uno, due, tre.
«Madame Fiocca?» Böhm le stava ancora tenendo l’uscio aperto.
Nancy gli passò davanti e si trovò nel corridoio. Lui la seguì, chiudendosi ancora una volta la porta alle spalle. Mentre la riaccompagnava all’ingresso le disse qualcosa, ma lei non lo sentì.