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Il giorno dopo il disastro, Böhm abbandonò i resti del ponte di Eiffel, e le guardie che aveva interrogato, incerte sul da farsi, si affrettarono a seguirlo.

Avrebbero dovuto convocarlo prima. Altrettanto spregevole e proditorio era il fatto che i suoi superiori avessero ritardato tanto a inviarlo nell’Alvernia. Che metà dei sindaci del luogo e un buon numero di gendarmi stessero collaborando di pari passo con i maquis era ormai chiaro da mesi. Se lui fosse stato inviato nella zona durante l’inverno, quando la neve rendeva più facile seguire le tracce, quando gli alberi spogli permettevano agli aerei una visione dall’alto delle loro patetiche basi, poco più che accampamenti, allora tutto questo sarebbe stato evitato. Il Führer avrebbe potuto spostare i vari corpi dell’esercito a suo piacimento, e a quest’ora gli Alleati sarebbero stati oltreoceano, sconfitti e in lacrime a implorare un’alleanza con la Germania contro la Russia.

Si rivolse alla guardia più vicina. «L’ha vista, vero?»

«Solo per un momento, signore! Mentre respingevano l’attacco dal ponte.»

«Me la descriva.»

Il ragazzo sembrò confuso. «Non saprei... stava succedendo di tutto, è stato proprio mentre il treno...»

Entrambi abbassarono lo sguardo sull’acqua, dove ancora giaceva la carcassa contorta del treno e, dodici metri sotto, i corpi intrappolati tra i rottami ondeggiavano come erbacce mosse dalla corrente.

Böhm sospirò. «È comprensibile che la sua mente voglia cancellare un ricordo così doloroso. Conosco una tecnica che potrebbe aiutarla, se lei è disposto.»

La guardia sorrise, rassicurato. «Naturalmente, signore!»

Böhm gli si avvicinò. «Molto bene.»

Lo prese per i risvolti e lo spinse con forza sul bordo del ponte a pezzi, poi lo tenne in bilico, senza mollarlo. Gli stivali risuonarono forte sul ferro mentre la guardia si sforzava di tenersi in equilibrio su quelle fragili sbarre.

«Non la lascerò cadere. Deve sentire. Si sforzi, deve rivivere.» L’uomo aveva l’aria di chi è sul punto di vomitare. «L’ebreo Freud teorizza che è possibile rivivere un trauma rimosso provocando le stesse emozioni. Adesso si concentri.»

La guardia annuì e Böhm lo tirò indietro. Barcollò di lato e all’indietro fino a quando si ritrovò di nuovo su un terreno solido. Böhm lo seguì.

«Adesso chiuda gli occhi e ripensi all’attacco. Che cosa vede?»

Questa volta il giovane non lo deluse. La donna era lei. Non c’erano dubbi. Se lo era chiesto, quando aveva sentito parlare di una donna a capo dei maquisard che avevano sventato l’attacco al Mont Mouchet, adesso ne era certo. Madame Fiocca, il Topo Bianco, attualmente al centro di tutti i problemi nell’Alvernia. La Provvidenza si muoveva davvero in modi misteriosi. Se si fosse trattato di un altro agente gli sarebbe servito più tempo, troppo tempo, per imparare a conoscere la sua preda... scovarne i nascondigli, conoscerne le abitudini e i punti deboli. Invece, Nancy la conosceva bene. Non tutto era perduto, ancora.

Si incamminò verso l’automobile, dove Heller in attesa stava pulendo gli occhiali da vista. Il giovane si innervosì vedendo il capo sorridere.

Liberazione
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