12

 

Le stazioni ferroviarie erano troppo rischiose, però ai pullman e alle corriere la Gestapo pensava sempre in ritardo, e siccome erano mezzi di trasporto usati principalmente dai più poveri e dai franco-italiani, era improbabile che andassero a cercare Madame Fiocca proprio lì.

Mentre comperava il biglietto e prendeva posto in fondo vicino al finestrino – accanto a una donna molto anziana avvolta in dieci scialli e a sua nipote, una bella bambina di circa sei anni con i boccoli – Nancy aveva la sgradevole sensazione di essere nuda e fragile come un neonato.

Per fortuna i posti sulla corriera erano tutti occupati, quindi non poteva mancare molto alla partenza. Guardò l’ora e la signora anziana, che se ne era accorta, scrollò le spalle.

«Martedì questa tratta la fa il vecchio. È sempre in ritardo. Scommetto che si sta facendo l’ultimo cognacchino al bar della stazione. E poi dovrà andare a pisciare.»

«Vorrei tanto partire» mormorò Nancy.

L’anziana donna la scrutò con una lunga occhiata. «Ah sì? Viaggia da sola?» Poi guardò alle spalle di Nancy il movimento di gente al di là del finestrino. «Brutte facce di merda!»

Nancy sbirciò. Due uomini con le uniformi delle SS stavano interrogando la bigliettaia al cancello, e intanto guardavano la fila di automezzi pronti a partire. Al diavolo. Non aveva neanche la possibilità di scendere e mettersi a correre. Ormai la corriera era strapiena di gente. L’anziana donna si rivolse alla nipote.

«Julie!» La bambina smise di giocare a contare sulle dita. «Siedi in braccio a questa bella signora e cantale una canzoncina, mentre aspettiamo di partire.»

Con un piccolo sospiro, come se si trattasse di una richiesta un po’ fastidiosa ma tutto sommato normale, Julie andò a sedersi in braccio a Nancy e si mise a canticchiarle una versione un po’ approssimativa di Alouette. Nancy era stata sul punto di protestare e far scendere la bambina, ma poi capì che la vecchia le stava offrendo un ottimo travestimento. Se la Gestapo stava cercando una donna sola, non avrebbe badato a una madre con in braccio la sua piccola.

Vide con la coda dell’occhio i due tedeschi salire sui gradini della corriera insieme a un uomo che portava la divisa della compagnia di autotrasporti; era rosso in faccia e ansimava. I tre si misero a discutere animatamente, poi i tedeschi fecero su e giù sulla banchina, cercando di guardare i passeggeri dai finestrini. Nancy chinò la testa sulla bambina. Quando bussarono sul suo finestrino, nascondendo il viso dietro la testa di Julie, guardò negli occhi un SS. Era lo stesso con cui aveva avuto a che fare all’ingresso del loro quartier generale? Lui sembrava confuso.

La vecchia si protese, e picchiando un pugno sul finestrino gridò: «Va’ a quel paese! Mia figlia è stata sveglia tutta la notte per la bambina e adesso che può chiudere gli occhi cinque minuti vieni tu a svegliarla! Va’ a quel paese, ti dico!»

Non fu chiaro se il tedesco avesse compreso parola per parola, però colse il senso generale e borbottando qualche scusa si allontanò. Un istante dopo il motore partì scoppiettando, e la corriera si mise in moto.

«Rimettiti giù, Julie» disse la nonna, e la bambina scivolò giù dalle ginocchia di Nancy.

«Grazie, è stata geniale» disse Nancy.

Aprì la borsetta e prese una banconota, ma la vecchia si ritrasse.

«Hai fatto qualche danno a quei pezzi di merda?»

«Sì.»

«E gliene farai ancora?»

«Sicuro come l’oro» rispose Nancy.

«Allora non mi devi niente. Tieni d’occhio la bambina, adesso, che mi faccio un pisolino.»

 

 

Marie Dissard, la donna che metteva a disposizione la sua casa come rifugio, la accolse calorosamente. Era un piccolo appartamento composto di quattro stanzette quadrate, tre delle quali senza finestre, e si trovava in uno dei vicoletti del centro di Tolosa. Nancy conosceva bene sia la casa sia la sua ospite. Marie aveva una sessantina d’anni, viveva di caffè e sigarette, possedeva un grosso gatto nero che si chiamava Mifouf e nervi d’acciaio. Andavano d’accordo, e quella sera chine sulla radio per sentire la BBC si scambiarono tutte le informazioni di cui erano a conoscenza. Marie non chiese di Henri, non si soffermò a riflettere con lei sul destino di suo marito, e Nancy non fece domande sul nipote di Marie, che si trovava in un campo di prigionia da tre anni. Parlarono della guerra, di quando gli inglesi si sarebbero dati una mossa per invadere la Francia. Ormai poteva succedere da un giorno all’altro. Doveva succedere.

Per tre volte Nancy salutò Marie e prese il treno per Perpignan. Andava in un piccolo caffè alle porte della città, e guardando le cime lontane dei Pirenei si sforzava di scacciare con la forza del pensiero le nubi che vedeva addensarsi. Albert, il suo contatto a Perpignan, avrebbe esposto un vaso di gerani al davanzale della finestra per farle sapere che si poteva partire. Purtroppo non compariva mai nessun fiore.

Dopo tre tentativi inutili, invece del segnale da Perpignan Nancy ricevette un messaggio da Marsiglia portato da una ragazzina con le lentiggini e le ciglia bionde che disse di chiamarsi Mathilde. Albert era stato arrestato dalla Gestapo, le disse, e lo stesso Philippe.

«Quando?» chiese Nancy sentendosi improvvisamente gelare nella cucina calda di Marie. «Come?»

La ragazza sorseggiava lentamente il caffè, come se volesse farlo durare il più a lungo possibile. «Il giorno dopo la sua partenza, Madame.»

Mathilde aveva gli occhi grandi e un’aria molto ingenua e semplice. Non stupiva che avessero scelto lei come staffetta. I soldati tedeschi l’avrebbero fermata e scrutata, ma non gli sarebbe mai passato per la testa che potesse essere una spia. Il miglior travestimento di cui disponiamo è l’idea che gli altri si fanno di noi. E Nancy lo sapeva bene.

Grazie al Cielo. Per un atroce momento aveva temuto che Henri... no, impossibile. Gli arresti erano stati eseguiti troppo presto.

«Chi l’ha tradito? Sai cos’è successo?»

«Io ero lì.» Vedendo Nancy aggrottare la fronte la ragazza provò a spiegarsi. «Ero seduta nello stesso bar. Dovevo consegnargli i dettagli di un’evasione, ma Philippe deve aver capito che stava succedendo qualcosa di strano e non mi ha fatto segno di avvicinarmi. Poi è entrato un uomo e si è seduto al suo tavolo. Un francese, Philippe lo ha chiamato Michel. Hanno parlato per un paio di minuti e poi degli uomini seduti dietro si sono alzati e minacciandolo con la pistola lo hanno portato via.»

«Solo Philippe?» chiese Nancy.

«Sì, quel bastardo di Michel è rimasto lì a finire di bere il suo vino. Conosco la ragazza del bar. È una brava francese. Gli sputerà nel piatto tutte le volte che andrà a mangiare lì.»

Nancy scosse la testa. Era poco, ma meglio di niente. «So chi è» disse. «Lavorava nella fabbrica di mio marito.»

Mathilde annuì tristemente.

Marie spense la sigaretta nel posacenere e ne accese subito un’altra. «Altri arresti, dopo di allora?» volle sapere.

«Soltanto Albert, lo stesso giorno.»

Nancy guardò Marie e non le sfuggì il suo breve cenno di soddisfazione. Sapevano che cosa significava. Che né Philippe né Henri avevano parlato ancora. Nancy sentì lo stomaco capovolgersi al ricordo delle mani martoriate di Gregory. Gesù. Che cosa stavano facendo a Henri? Distolse lo sguardo e finì il caffè.

Marie si schiarì la gola. «E il piano di evasione, Mathilde?»

La ragazza le sorrise. «Si fa stanotte. Per questo sono qui. Arriveranno e poi verranno in Spagna con lei, Madame Fiocca.»

«Il mio contatto a Perpignan era Albert, Antoine è morto» rispose Nancy. «Chi sarà il mulo?»

Mathilde si strofinò gli occhi, e sbadigliando assonnata rispose: «Le darò un appuntamento in un bar in periferia».

«Un’alternativa?»

La ragazza fece di no con la testa. «Le alternative le abbiamo finite tutte.»

Mifouf le saltò in braccio e si mise a sbadigliare con lei. Mathilde lo accarezzò e il gatto cominciò a fare le fusa.

«Ho lavorato con uno scozzese, si chiamava Garrow» disse Marie. «È scappato il mese scorso, ma una volta eravamo andati insieme a Perpignan. Ho un indirizzo. Niente parole d’ordine né nomi, soltanto un indirizzo. Come piano d’emergenza ti deve bastare, Nancy.» Bevve un altro sorso di caffè e tamburellò le dita sul tavolo. «Se non c’è più Philippe dobbiamo usare un altro per i documenti. Non è altrettanto bravo, però.»

Nancy pensò a tutti i prigionieri che aveva aiutato a scappare.

«Bisognerà lavargli i vestiti» disse. «Perlomeno avremo qualcosa da fare.»

 

 

I sette uomini arrivarono intorno alle due e mezzo di notte. Nancy si chiese come diavolo avessero fatto ad attraversare Tolosa nello stato in cui si trovavano. Erano coperti di stracci, con le facce scavate, e puzzavano. Per fortuna c’era l’odore di sigarette di Marie, che un po’ copriva gli altri odori.

Quando ebbero raccontato le modalità della fuga – i sonniferi nel vino, una guardia corrotta, un carro di fieno e cinque chilometri a piedi seguendo una cartina disegnata sul retro di un pacchetto di sigarette – lei gli ordinò di spogliarsi, di lasciare tutti gli indumenti nel bagno e di lavarsi per bene. Tornarono in cucina avvolti in coperte e vecchie lenzuola, ripuliti dalla testa ai piedi. Le sirene partirono all’alba. I gendarmi, la milizia e i tedeschi stavano rastrellando tutta la città in cerca di quegli uomini in toga rannicchiati in silenzio nella cucina di Marie.

«Signora, mi scusi» disse a Nancy un alto aviatore inglese sentendo i soldati pattugliare la strada sotto di loro senza sosta. «Non posso affrontare la Gestapo avvolto in un lenzuolo. Posso riavere indietro i calzoni?»

«No, Bruto» rispose lei. «Prima bisogna lavarli. E poi ci vorrà almeno un giorno per farli asciugare, perché non li possiamo mettere alla finestra, dico bene?»

«Bruto, io?» ripeté lui.

«Sì. Proprio lui.»

E stringendosi intorno al corpo la sua toga l’uomo si trascinò goffamente in cucina.

 

 

Sul treno si separarono. Solo quattro di loro parlavano bene francese. Nancy organizzò i gruppi, li informò sul luogo di ritrovo a Perpignan e insegnò loro gesti, atteggiamenti e parole utili per non dare nell’occhio agli eventuali posti di blocco. I loro documenti falsi non avrebbero mai superato un esame accurato.

Seduta in un’affollata carrozza di seconda classe, con la borsa sulle ginocchia, si augurò che in montagna facesse bel tempo. Con lei c’erano due inglesi, quello che avrebbe voluto riavere indietro subito i suoi pantaloni e un rosso nei cui confronti Nancy provava un’istintiva antipatia. Aveva fatto lo schizzinoso davanti al cibo di Marie e si era lamentato perché lei non era riuscita a togliere tutte le macchie dalla sua camicia. L’avrebbe usata volentieri per strangolarlo. Avevano preso un treno della sera. Ciò significava che all’arrivo a Perpignan le strade sarebbero state deserte, ma ci sarebbero state comunque ancora un paio d’ore prima del coprifuoco, per arrivare a destinazione. Con un po’ di fortuna.

Ma la fortuna non li aiutò.

Liberazione
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