13

 

Mezz’ora prima dell’arrivo a Perpignan, mentre il crepuscolo cominciava a velare la campagna, il controllore infilò la testa nello scompartimento.

«Svelti» disse, guardando Nancy. «I tedeschi ci hanno ordinato di fermarci. Perquisizione dalla prima all’ultima carrozza.»

Lei non ebbe neppure il tempo di ringraziarlo, o capire come avesse fatto a sapere che aveva bisogno di quell’avvertimento, che l’uomo era già sparito.

«Merda, e adesso?» chiese il rosso in inglese.

Una delle passeggere estranee al loro gruppetto si fece il segno della croce come se avesse sentito parlare il diavolo in persona.

Nancy abbassò il finestrino.

«I vostri documenti non reggerebbero» disse al rosso. «Dobbiamo scendere al volo, se non volete tornare dentro prima dell’alba. Sempre che non ci sparino subito qui.»

L’altro inglese, Bruto, guardava fuori insieme a lei. «Vedo una collina con in cima un boschetto, a un paio di chilometri, direi. Vediamoci lì.»

Indossati i pantaloni, era decisamente più autorevole.

Nancy abbassò la maniglia della porta più vicina mentre il treno frenava sbandando. La porta si spalancò e lei si sentì risucchiare in avanti, mentre il mondo diventava un rombo turbinoso. Rimase sospesa per miracolo i pochi istanti che bastarono per permetterle di aggrapparsi con la mano sinistra a un montante della porta. Riuscì a spingersi di nuovo dentro, senza fiato. Un vecchio francese fermo sulla piattaforma era riuscito ad afferrarle l’orlo del cappotto, salvandole la vita. Lei lo ringraziò con uno sguardo e cercò di riprendere a respirare normalmente. Il treno adesso procedeva quasi a passo d’uomo.

Non c’era tempo di aspettare che si fermasse del tutto. Non c’era tempo per pensare. Una benedizione, vista la scarpata che si apriva sotto le rotaie. Meno male che non era partita con i tacchi.

«Andiamo!» gridò ai due inglesi, e saltò giù.

 

 

Nancy era atterrata bene, ma poi scivolò sulla ghiaia della massicciata e venne inghiottita dal buio del terrapieno.

I due uomini saltarono e le loro sagome furono illuminate dalle luci della carrozza, mentre il treno si fermava del tutto. Nancy vide un’altra porta aprirsi qualche carrozza dopo la loro, e alcune altre sagome saltare giù e sparire nel buio. Poi si sentirono delle grida, e un’altra figura comparve sulla porta del vagone, armata di fucile. Lo sparo risuonò nella campagna silenziosa, mentre il metallo surriscaldato delle ruote raffreddandosi schioccava.

Dal treno scesero alcuni soldati. Bisognava fuggire a gran velocità.

Superò il muretto di pietra in fondo alla scarpata, che delimitava un vigneto. Un bel colpo di fortuna, perché c’erano sentieri da seguire e fogliame dietro il quale nascondersi. Se fossero finiti su un terreno di pascolo i tedeschi li avrebbero falciati come spighe di grano.

Meglio correre o precedere lentamente? Se avanzava lenta c’era la possibilità che la vedessero muoversi fra le ombre, e comunque se mandavano i soldati tra i filari non aveva scampo. Se si metteva a correre, d’altro canto, era ancora più probabile che si accorgessero di lei. Incerta sul da farsi e ferma tra due filari, sentì per la prima volta il crepitio mortale di una mitragliatrice leggera.

Meglio correre.

Partì decisa in linea retta, tenendosi quanto più vicino possibile alle zone più frondose. Le arrivarono le grida in tedesco, e sentì i cani abbaiare. I proiettili esplodevano sul suolo arido, sollevando spruzzi di terra che ricadendo sulle foglie delle viti facevano il rumore della pioggia.

Da est sentì altre urla, i cani che abbaiavano, eccitati. Avevano preso qualcuno. Figli di puttana. Più veloce, Nancy. Ecco la salita. Vedendo a occidente la luce delle torce, puntò dalla parte opposta, aprendosi un varco fra i filari, poi di nuovo verso nord. Stava sanguinando. Un graffio della vite o un proiettile? Non era importante. Corri, Nancy. Avrebbero giustiziato subito quelli che catturavano? Forse sì. Sicuramente avrebbero sparato a lei. Il dolore alle gambe dovuto all’acido lattico era insopportabile, ma non poteva fermarsi per riprendere fiato.

Corri, Nancy. Segui la salita.

In fondo al vigneto incespicò in una recinzione e cadde oltre la rete su un pendio erboso. Sollevandosi sui gomiti si voltò a guardare l’altro fianco della collina. Le luci delle torce danzavano come lucciole nella parte della vigna più vicina alla massicciata, ma non sembravano ancora imboccare la salita. Sopra di loro aspettava il treno.

Nancy rimase sdraiata a terra a fissare la luna e a riprendere fiato, poi non senza sforzo si alzò e seguì la recinzione verso est fino alla fine del prato. La recinzione piegava a nord e lei la seguì: era in salita, fiancheggiata dal bosco sulla sua destra.

Non le era mai piaciuto camminare in campagna. Amava le città, e quando gli amici le parlavano compiaciuti delle gioie delle passeggiate nella bellissima campagna francese, lei li considerava completamente matti. La campagna per Nancy era il posto da cui venivano il cibo e il vino, ma non c’erano negozi né caffè, e trovava noioso guardare lo stesso panorama per ore o per settimane. Non era certo dell’umore di cambiare idea proprio adesso.

Raggiunse la sommità della collina. Forse era il punto che aveva indicato l’inglese. Silenzio assoluto. Sedette ai margini del boschetto e guardò di nuovo in basso. Le luci danzavano ancora fra i filari del vigneto, ma dopo pochi minuti si riavvicinarono ai binari, poi si spensero, e finalmente il treno si rimise in moto. Mentre le carrozze illuminate si allontanavano in direzione di Perpignan, Nancy si concesse un lungo sospiro di sollievo.

Fu allora che si rese conto di avere perso la borsetta. Provò un’orribile sensazione di gelo, che dalla pancia risalì fino a chiuderle la gola. Nella borsa c’erano i documenti. I soldi. I gioielli. L’anello di fidanzamento. Lo aveva portato durante tutta l’occupazione, ma poiché era troppo vistoso per tenerlo al dito a casa di Marie, lo aveva infilato dentro la fodera della borsa. Oddio! Il biglietto di Henri. Aveva cautamente deciso di portare con sé pochissime cose, e adesso anche quel piccolo ricordo di suo marito era sparito.

Per la prima volta da quando i tedeschi erano arrivati in Francia pianse. Per il freddo, per la stanchezza. Per il suo anello. Per il biglietto. Come aveva fatto a non accorgersi di aver perso la borsetta?

Un fruscio la costrinse a riscuotersi, e girandosi vide Bruto e il rosso che si avvicinavano. Il rosso si fermò a una certa distanza, mentre Bruto si inginocchiò accanto a lei e le porse un fazzoletto.

«È ferita?»

Nancy fece segno di no con la testa. «No. Sto bene. Mi dispiace. È stupido ma ho perso la borsetta. C’era il mio anello di fidanzamento. Tutti i documenti.»

«Vuole che vada a cercarla?» le chiese l’inglese a bassa voce.

«Non dire idiozie» mormorò il rosso in tono furibondo. «I tedeschi avranno lasciato dei soldati, là sotto. Solo perché hanno spento le torce non significa che se ne sono andati tutti. Se questa scema vuole la sua borsa che se la vada a cercare lei.»

Bruto lo ignorò. «Vado volentieri.»

Nancy fece un cenno con la mano, poi scosse il capo. «No, è troppo pericoloso» disse. «Dobbiamo metterci in moto.»

Si asciugò gli occhi con il dorso della mano. «Sono solo più stanca di quel che pensavo. Tutto qui. Se stanotte camminiamo e troviamo un posto dove riposare di giorno, arriviamo a Perpignan domani, prima del buio.»

«Non abbiamo niente da mangiare! Non abbiamo acqua!» protestò il rosso.

«Se senti la mancanza del rancio della prigione ti puoi consegnare alla Gestapo» ribatté seccamente lei.

Bruto le diede una pacca sulla spalla. «Certo che possiamo viaggiare di notte. Ce la faremo.»

Liberazione
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