10.
– E allora? Che si fa adesso? – chiese Pellecchia, quando si furono allontanati dal negozio di Ambrosini.
– La prima questione è se dobbiamo parlarne subito al capitano oppure se conviene prenderci un po’ di tempo.
– Se ne parliamo al capitano, due minuti dopo lui ne parla al colonnello…
– Lo so. Savicchio lavora al nucleo comando, la stanza accanto a quella del colonnello, è un figlio di puttana intelligente e non abbiamo nessuna garanzia del fatto che non intuisca qualcosa se la notizia comincia a girare.
– Appunto. Aspettiamo qualche giorno, Pietro. Facciamo noi qualche verifica, poi decidiamo quando parlarne al capitano. Di sicuro tu trovi il modo giusto per dirglielo.
– Questo Ruotolo io non so chi è. Dove lavora?
– Sta alla sezione di polizia giudiziaria della procura del lungomare. È stato al radiomobile molti anni, poi al nucleo operativo della compagnia Bari Centro. Un tipo manesco, per quello che mi ricordo. Deve essere stato campione di qualche cazzata orientale, karate, judo, una roba del genere. Lo chiamano Bruce Lee.
Pellecchia che definiva qualcuno «un tipo manesco» era davvero una cosa molto bizzarra, pensò Fenoglio di sfuggita.
– Comunque Ambrosini ha ragione, – proseguí l’altro, – se dobbiamo andare addosso a qualcuno, deve essere Bruce Lee.
– Su Savicchio ha detto le stesse cose tue. Il ritratto di uno psicopatico.
– Deve essere addirittura peggiorato da quando me la facevo con lui.
– Il problema è che anche su Ruotolo, ammesso che sia fragile come dice Ambrosini, non abbiamo niente di concreto. Niente da contestargli, nessun punto di leva. Che facciamo, andiamo da lui e gli diciamo: senti Ruotolo, pensiamo che tu sia coinvolto nel sequestro del figlio di Grimaldi. Che dici di cantartela e di buttare nella merda la tua carriera, la tua libertà e insomma, tutto?
– Dobbiamo lavorarci un po’ su. Trovare qualcosa da sbattergli in faccia.
– Il problema è che senza riferire al capitano non possiamo riferire alla procura. E senza un provvedimento del magistrato non possiamo acquisire nulla. Niente tabulati telefonici, niente documentazione bancaria. Neanche a parlare di intercettazioni: nessun giudice ci autorizzerebbe sulla base di informazioni confidenziali. E al momento abbiamo solo quelle.
– Dammi mezza giornata per fare un po’ di domande in giro. Vedo se riesco a trovare qualcosa e ne riparliamo. Domani mattina mi considero libero, va bene?
Fenoglio disse che sí, andava bene e provò uno strano senso di sollievo.
Pellecchia ricomparve nel primo pomeriggio del giorno dopo. Fenoglio tornava dal pranzo e lo trovò ad aspettarlo davanti all’ufficio.
– Possiamo parlare?
Entrarono, Fenoglio chiuse la porta.
– Allora?
– Primo: Ruotolo si è messo in malattia da maggio. I referti medici dicono: cefalea a grappolo. Sai cos’è?
– Credo sia un mal di testa particolarmente doloroso.
– Appunto. Ho studiato: la chiamano cefalea da suicidio. Il problema è che non c’è un modo oggettivo per accertarla. In pratica il medico si basa su quello che dice il paziente. In ogni caso il primo certificato è di sei giorni dopo il ritrovamento del bambino.
– Se è una coincidenza, non è male.
– No, non è male. Secondo: tutti e due hanno un cellulare. Ma non come me, che lo uso solo per ricevere. Savicchio e Ruotolo spendono un sacco di soldi, anche quattrocentomila lire al mese, l’uno e l’altro. Telefonano in continuazione, a tutte le ore.
– Tu hai un cellulare?
– Non mi guardare cosí. Te l’ho detto, lo uso solo per ricevere. Quello che ti ammazza è se chiami. Dovresti prendertene uno anche tu, cosí dalla caserma possono romperti i coglioni pure quando sei in giro.
– Ci penserò, – rispose Fenoglio liquidando l’argomento. – Come hai avuto queste informazioni sulle bollette di quei due?
– Un amico alla Sip mi doveva un piacere.
Fenoglio omise di precisare che quel piacere era, né piú né meno, un reato. Non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo di quell’indagine. Erano nel pieno della zona grigia.
– Sai qual è la cosa piú interessante? – riprese Pellecchia.
– Quale?
– Prima i due si sentivano quattro, cinque volte al giorno. Dopo il sequestro del bambino, le comunicazioni si diradano fino quasi a interrompersi. Da quel giorno in poi, fra loro, ci sono appena nove telefonate, sempre partite dal telefono di Savicchio. E tutte brevissime, meno di un minuto.
– Hai trovato altro?
– Ambrosini ha fatto una buona descrizione di Ruotolo. Persone che l’hanno visto qualche giorno fa dicono che se ne va in giro come un barbone. Non era cosí. Un po’ faccia di cazzo, ma un bel ragazzo, sempre ben vestito, anche con roba costosa.
– Quello che…
– Aspetta, adesso viene la parte piú interessante. Sai cosa mi ha raccontato un collega della sezione di polizia giudiziaria?
– Cosa?
– Ruotolo è stato visto piú volte al cimitero, nelle ultime settimane.
Fenoglio ci mise qualche secondo per elaborare l’informazione.
– Il cimitero dove è sepolto il piccolo Grimaldi?
– Già.
– Come lo ha saputo, questo collega?
– Glielo hanno detto quelli della polizia.
– La polizia?
– La squadra mobile sta facendo un servizio di osservazione al cimitero per una banda di tizi che spacciano fra le tombe. Hanno visto Ruotolo piú volte, qualcuno lo conosceva e si sono chiesti cosa ci facesse lí. Voglio dire, piú volte. Un ispettore della mobile ha parlato con un maresciallo della sezione… mi stai seguendo?
– Sí.
– Insomma hanno chiesto come mai questo Ruotolo andasse ripetutamente al cimitero. Volevano sapere se ci fosse un’indagine della sezione e se lui andasse lí per questo. Erano preoccupati che qualcuno degli spacciatori lo notasse e questo rovinasse il loro lavoro o, peggio, che la cosa finisse in sparatoria, come due anni fa.
Fenoglio se lo ricordava bene. Polizia e carabinieri erano arrivati insieme a individuare gli autori di un tentativo di estorsione. Il problema era che ci erano arrivati insieme senza che gli uni sapessero degli altri. E gli uni all’insaputa degli altri si erano appostati per eseguire l’arresto in flagranza, al momento del pagamento. Ci fu un conflitto a fuoco; uno degli estortori e un carabiniere rimasero feriti e solo per caso non ci scappò il morto.
– Il maresciallo dirigente della sezione di polizia giudiziaria ha chiamato Ruotolo, gli ha chiesto se aveva avuto un lutto e gli ha detto che aggirandosi al cimitero stava creando dei problemi.
– E lui?
– Ha balbettato qualcosa su una persona cara morta di recente e ha assicurato che comunque avrebbe smesso con quelle visite.
– Una persona cara morta di recente, – ripeté Fenoglio.
– Già.
– Non è possibile che si tratti di qualche parente?
– Ruotolo è della provincia di Avellino. Non ha parenti al cimitero di Bari.
– Hai già controllato?
– Sí.
Dal cortile salí un accenno di sirena, due toni e basta. Come se qualcuno avesse schiacciato il pulsante per errore.
– Sono stati loro, Pietro.
– Sono stati loro.
– Andiamo a prenderlo e mettiamolo sotto.
Fenoglio si alzò, prese la giacca e andò verso la porta.
– Che fai? – disse Pellecchia.
– Devo pensare. Ci vediamo dopo.