13.
In data 23 maggio 1992 in Bari alle ore 15.30, presso gli uffici del Reparto Operativo dei Carabinieri, dinanzi al Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore della Repubblica dottoressa Gemma D’Angelo, assistita per la redazione del presente atto dal brigadiere Ignazio Calcaterra ed altresí alla presenza per esigenze investigative del capitano Alberto Valente, del maresciallo maggiore Pietro Fenoglio e dell’appuntato Antonio Pellecchia, tutti in forza al Nucleo Operativo presso il Reparto Operativo dei Carabinieri di Bari è comparso Lopez Vito, già in altri atti generalizzato. È presente l’avvocato di fiducia Marianna Formica del Foro di Bari, presso il cui studio il Lopez è elettivamente domiciliato.
DOMANDA Riprendiamo da dove ci siamo interrotti ieri.
RISPOSTA Ripeto, come ho già accennato nel precedente verbale, che abbiamo effettuato cinque discese a Bari e nei dintorni per colpire gli appartenenti al clan Grimaldi. La strategia, se cosí si può chiamare, era molto semplice. Provvedevamo di volta in volta a rubare un’auto, sempre nella zona di Pescara. Sceglievamo modelli con motori potenti ma non di grandi dimensioni, per ridurre il rischio di un controllo casuale delle forze dell’ordine.
DOMANDA Cosa intende dire?
RISPOSTA Ciò cui polizia e carabinieri prestano maggiore attenzione ai posti di blocco sono le auto vistose di grossa cilindrata con a bordo piú individui di sesso maschile. Noi dunque ci procuravamo utilitarie, ma nelle versioni con motori brillanti, tipo Peugeot 205 turbo o Uno turbo, le stesse che spesso vengono utilizzate per le rapine. Preciso che dopo aver eseguito l’azione ritornavamo nella zona di Pescara in cui le avevamo rubate e le lasciavamo per strada in modo che i proprietari potessero recuperarle e la polizia pensasse che il furto era stato una bravata. Contavamo sul fatto che in questi casi non vengono effettuati particolari accertamenti e il mezzo viene subito restituito al proprietario. Con lo stesso obiettivo di non farci notare e non farci fermare, quando partivamo per le azioni ci vestivamo bene, mettendo giacca e cravatta. Anche questo riduceva il rischio di controlli casuali.
DOMANDA Ma se vi avessero controllati?
RISPOSTA Avremmo finto di fermarci, rallentando, poi avremmo accelerato bruscamente e saremmo scappati via. Non sono in grado di dire cosa avremmo fatto se ci avessero sparato contro. Eravamo in uno stato di esaltazione per cui avremmo anche potuto rispondere al fuoco.
DOMANDA Quando partivate per queste incursioni facevate uso di cocaina?
RISPOSTA No. In realtà uno dei Losurdo avrebbe voluto, ma glielo proibii. La cocaina dà un’illusione di lucidità, però quando l’effetto cessa può essere molto pericolosa, se devi compiere azioni militari. Ne consumavamo al ritorno, per tirarci su: come le ho detto avevamo tenuto un centinaio di grammi dal quantitativo ceduto al Bevilacqua.
DOMANDA Le azioni venivano effettuate in giacca e cravatta?
RISPOSTA No. Avevamo delle tute da cantiere del tipo usa e getta di cui, dopo l’azione, ci sbarazzavamo buttandole nei cassonetti della spazzatura. Preciso inoltre che indossavamo passamontagna e guanti in lattice. Anche di questi ci sbarazzavamo nello stesso modo.
DOMANDA Vuol chiarire a verbale perché indossavate passamontagna, tute e guanti?
RISPOSTA Per ridurre al minimo il rischio di contaminazione da residui dello sparo. Essendo stato oggetto di varie indagini per omicidio in passato (e peraltro avendone piú volte parlato con altri del clan) ero consapevole che il primo accertamento che fa la polizia su un sospetto dopo un’azione di fuoco è il cosiddetto kit-tampone o stub per accertare l’eventuale presenza – sulle mani, sui capelli o sui vestiti – di residui dello sparo. Coprendoci in quel modo riducevamo di molto il rischio che un controllo potesse accertare che avevamo sparato.
DOMANDA Ci dica della prima azione che avete effettuato.
RISPOSTA Decidemmo di colpire Carbone Gennaro – detto Stecc’ perché grande appassionato di biliardo. Era un fedelissimo di Grimaldi (aveva la terza, ma era promesso di quarta) e il suo compito consisteva, in primo luogo, nel raccogliere e distribuire i soldi destinati alle famiglie dei carcerati. Poi gestiva un circolo ricreativo a Palese, nel cui retro c’è una bisca clandestina molto redditizia. Per questo motivo era sempre lí e spesso stazionava all’esterno del locale. Era facile trovarlo e facile colpirlo senza una particolare pianificazione. In piú va detto che era il cugino di Abbinante Mario – uno degli esecutori dell’omicidio Losurdo – e dunque un’azione contro di lui aveva anche il valore di una specifica vendetta. Avevamo preso in considerazione di colpire direttamente Grimaldi, ma era molto difficile, visto che è sempre assai cauto ed è sempre scortato. Lui è sottoposto alla sorveglianza speciale e tutti i giorni deve andare a firmare in questura. Avevamo pensato di colpirlo sulla via del ritorno, dopo la firma, ma abbiamo scartato l’ipotesi come troppo pericolosa. In ogni caso il nostro piano d’azione contro Carbone era flessibile. Se avessimo incontrato per strada, o magari proprio nelle vicinanze del circolo ricreativo, qualcuno degli esecutori materiali o qualcuno degli appartenenti al clan Grimaldi di maggiore importanza gerarchica, avremmo attaccato loro. Come di fatto accadde, anche se non in occasione della prima spedizione.
DOMANDA Procediamo con ordine. Ci racconti dell’azione contro il Carbone.
RISPOSTA Come le ho anticipato, rubammo un’auto di piccole dimensioni ma dal motore potente; in particolare una R5 GT turbo. Partimmo nel pomeriggio vestiti con giacca e cravatta. Avevamo con noi nel portabagagli il kalashnikov e la mitraglietta skorpion, già carichi e pronti a sparare; inoltre avevamo le tute e il resto dell’equipaggiamento. Io portavo addosso la 44 magnum.
Giungemmo in zona poco dopo il tramonto, non saprei dire l’ora precisa. Passammo davanti al circolo gestito dal Carbone e lo vedemmo accanto all’ingresso, come suo solito e come ci aspettavamo. Assieme a lui c’era un altro ragazzo di Grimaldi, tale Dangella. Affiliato di recente con la seconda, era promesso di Sgarro. Decidemmo di ucciderli entrambi.
DOMANDA Quindi come agiste?
RISPOSTA Andammo a cambiarci nelle immediate vicinanze, all’interno di un’autorimessa di cui avevamo le chiavi. Ci togliemmo le giacche, indossammo le tute – che sono molto facili da mettere e togliere – e tutto il resto. Poi tornammo rapidamente verso il circolo. Giunti sul posto ci rendemmo conto che Dangella era andato via (o forse era solo entrato), ma Carbone era ancora lí. Losurdo Pasquale rimase alla guida, mentre io e Losurdo Antonio scendemmo dall’auto. Quando ci vide arrivare Carbone non capí subito che eravamo lí per lui, o almeno non fece nulla che lasciasse intendere che aveva capito. Ebbi quasi l’impressione che stesse per dirci qualcosa, come per chiederci chi fossimo o cosa volessimo. Losurdo lo falciò con una raffica di mitraglietta, lui cadde a terra, io mi avvicinai e gli sparai due colpi con la 44. Poi risalimmo subito in macchina e ci allontanammo velocemente. Scappando ci togliemmo le tute e le infilammo con tutto il resto in un sacco grande della spazzatura, che a qualche chilometro di distanza buttammo in un cassonetto. Poi andammo a depositare le armi nella solita cupa. Dunque ci rimettemmo in strada per tornare a Pescara. Arrivammo di notte, abbandonammo l’auto – dopo averla ripulita – non lontano da dove l’avevamo presa e rientrammo a casa a piedi.
DOMANDA Avete saputo che un passante è stato ferito nel corso di quell’azione?
RISPOSTA Sí, abbiamo sentito la notizia alla radio, sulla via del ritorno.
DOMANDA Ci dica della seconda incursione.
RISPOSTA Fu una settimana dopo. Avevamo deciso di cercare qualcuno dei fiduciari di Grimaldi che controllavano la piazza di Enziteto, gestendo fra l’altro le occupazioni abusive delle case popolari. Si tratta di un affare piuttosto redditizio – le case abusivamente occupate sono moltissime – ma soprattutto fondamentale per il controllo del territorio.
DOMANDA Cosa intende dire?
RISPOSTA Gestire le case popolari, decidere chi può entrare e chi ne deve uscire, sono importanti manifestazioni di potere criminale. Se sei in grado di fare una cosa del genere in una certa zona, è come se lí fossi la Legge. Come se fossi lo Stato o il sindaco, o un giudice. Sei quello che comanda davvero in un posto; sei quello da cui bisogna andare non solo per comprare la droga o per altre questioni tipicamente criminali, ma anche per risolvere controversie, per avere quello che ti spetta e che lo Stato non è capace di garantire. Colpire chi si occupava di gestire questa parte importante dell’attività criminale poteva essere un atto di guerra dal forte valore simbolico. Significava attaccare al cuore il controllo del territorio.
DOMANDA Dunque avete programmato questa azione. Come andò?
RISPOSTA Ci portammo ad Enziteto partendo la mattina da Pescara. Prima passammo dalla cupa, dove avevamo nascosto le armi. Pattugliammo Enziteto per un’ora, ma non incontrammo nessuno. Ci notarono in molti, cosa che per noi andava bene, perché significava che tutti sapevano che c’eravamo e che stavamo lanciando la nostra sfida. Non poteva però durare troppo perché c’era il rischio che gli uomini di Grimaldi arrivassero in forze o che qualcuno avvertisse i carabinieri. Per farla breve, dopo un’ora di pattugliamenti infruttuosi ce ne andammo con un nulla di fatto.
DOMANDA Passiamo alla terza incursione.
RISPOSTA Avvenne tre giorni dopo, credo, e fu molto simile alla seconda, solo che ci recammo a Enziteto in ora serale. In questo caso riuscimmo a individuare uno dei fiduciari di Grimaldi, cioè Andriani Francesco, che però si accorse in tempo di noi. Scendemmo dalla macchina e sparammo, ma a distanza, e lui riuscí a salvarsi rifugiandosi in un palazzo.
Nella quarta incursione ci portammo presso una gioielleria di San Girolamo, che era di Grimaldi anche se intestata a un prestanome e la rapinammo. Preciso che fra noi ci fu una discussione su come procedere, nel senso che uno dei Losurdo voleva anche gambizzare il gioielliere, che in realtà era solo un commesso. Per essere piú precisi: il gioielliere era l’originario titolare del negozio. Poi dovette ricorrere a prestiti usurari, non riuscí a pagare gli enormi interessi richiesti e alla fine fu costretto a cedere l’attività, pur rimanendone formale intestatario e continuando a lavorare lí, di fatto come dipendente.
DOMANDA Diceva della discussione che ci fu fra voi sull’opportunità o meno di gambizzare il gioielliere.
RISPOSTA Losurdo Antonio voleva sparargli alle gambe ma io dissi che non era giusto. Il gioielliere non era un affiliato di Grimaldi, anzi a suo modo ne era una vittima, dunque non era giusto fargli male. Anche l’altro Losurdo fu d’accordo con me, cosí l’idea venne accantonata.
DOMANDA Quando avete saputo del sequestro del piccolo Damiano Grimaldi?
RISPOSTA Due giorni dopo l’ultima discesa, quella in cui ci fu la sparatoria a Enziteto. Al momento del conflitto a fuoco il sequestro era già avvenuto, ma noi non lo sapevamo.
DOMANDA Ci racconti questo episodio.
RISPOSTA Eravamo tornati a Enziteto, ancora una volta alla ricerca di affiliati o possibilmente luogotenenti di Grimaldi. Giravamo senza esito da circa una mezz’ora quando notammo una Bmw con a bordo quattro soggetti. Fra di loro ne riconobbi due di cui al momento ricordo solo i soprannomi: Pelé e Gino ’u Uastat’, il Guastato, con allusione al fatto che è matto. Gli altri due non sono riuscito a vederli bene, dunque non li ho riconosciuti. Pelé e il Guastato sono entrambi personaggi molto pericolosi, specializzati in rapine ai furgoni portavalori. Non sono affiliati, ma sono molto amici di Grimaldi.
Quando ci hanno visto hanno fermato l’auto e sono scesi tutti, armati di pistole e di un fucile. Alla guida della nostra vettura c’ero io; ho fatto un testacoda, riuscendo a portare la nostra auto in posizione parzialmente riparata, dietro un camion.
DOMANDA Com’è possibile che nelle vie cittadine lei sia riuscito a fare una manovra del genere?
RISPOSTA Non eravamo in una normale via cittadina. Eravamo a Enziteto, dove gli spazi sono piú ampi e liberi. Molti isolati non hanno nemmeno auto parcheggiate.
DOMANDA Cosa è accaduto dopo?
RISPOSTA Siamo scesi tutti e tre e ci siamo messi a sparare all’impazzata. Lo stesso hanno fatto loro. Non so dire quanto è durato lo scontro, ma al massimo qualche decina di secondi. Diversi proiettili hanno attinto la nostra auto, però nessuno di noi è stato ferito. Non so dire se qualcuno di loro sia stato colpito. Io non ho visto nessuno cadere a terra.
DOMANDA Come si è concluso l’episodio?
RISPOSTA In una pausa della sparatoria – sia noi sia loro avevamo scaricato le armi – ci siamo rimessi in macchina e siamo scappati via. Loro hanno accennato anche un inseguimento, ma in breve sono riuscito a far perdere le nostre tracce. Credo in realtà che abbiano rinunciato a inseguirci perché troppo pericoloso, anche per il possibile intervento delle forze di polizia.
DOMANDA Cosa avete fatto dell’auto?
RISPOSTA La bruciammo nella zona di San Ferdinando di Puglia. Ovviamente non potevamo fare come con le altre, cioè lasciarla dalle parti in cui l’avevamo rubata per far sí che fosse ritrovata. Prima di sbarazzarcene lasciammo le armi nella cupa, dove ve le ho fatte ritrovare.
DOMANDA Come siete rientrati in Abruzzo?
RISPOSTA A San Ferdinando avevo un amico e compare, Curci Giuseppe. Lo chiamai dicendogli che avevo un’emergenza e che mi occorreva un’auto pulita. Lui non fece domande – fra l’altro mi doveva diversi favori – e nel giro di mezz’ora mi fece portare da uno dei suoi uomini una Fiat Ritmo con la quale rientrammo a Pescara.
DOMANDA Curci era a conoscenza della guerra che lei aveva scatenato contro il Grimaldi?
RISPOSTA Non lo so. Certo io non gliene parlai e lui non mi fece domande.
DOMANDA Stavamo dicendo di quando e come siete venuti a sapere del sequestro del bambino.
RISPOSTA Sí. Dopo la sparatoria di cui le ho appena parlato alcuni uomini di Grimaldi sono andati a casa della sorella di mia moglie, hanno massacrato di botte il marito De Bellis Raffaele, gli hanno sparato alle gambe e gli hanno detto che, se il bambino non fosse stato restituito subito, sarebbero tornati e avrebbero stuprato e ucciso la moglie davanti a lui, quindi lo avrebbero bruciato vivo. Lui ovviamente non ha capito di cosa parlassero, ma loro gli hanno detto di riferirmi il messaggio.
DOMANDA Suo cognato è coinvolto in attività criminali?
RISPOSTA No, è un ragazzo tranquillo, pulito, fa il muratore. La sorella di mia moglie la chiamò sul suo cellulare e le raccontò tutto. Mia moglie si arrabbiò moltissimo con me e mi chiese cosa stesse succedendo e se davvero avessimo sequestrato un bambino. Io caddi dalle nuvole e le giurai che non c’entravamo niente, non ne sapevo nulla.
DOMANDA E a quel punto?
RISPOSTA Feci qualche telefonata a persone di cui mi fidavo. Mi dissero che il bambino di Grimaldi era stato sequestrato da qualcuno che aveva richiesto un riscatto; che il riscatto era stato pagato e che il bambino non era stato restituito. Tutti pensavano fossimo stati noi e ci stavano cercando sia gli uomini di Grimaldi sia le forze dell’ordine.
DOMANDA E lei?
RISPOSTA Mi preoccupai molto. Quando riferii la cosa ai due Losurdo loro entrarono in panico e, dopo lunghe discussioni, dissero che volevano tirarsi fuori e andare via. Non ci fu modo di convincerli, del resto non avevano torto. Con quella novità la situazione diventava molto difficile da sostenere. Un conto era fare guerra a Grimaldi, cosa già di per sé molto pericolosa. Un altro era essere sospettati di un’azione eccezionalmente grave come il sequestro di un bambino, non restituito, ed essere nel mirino di una caccia all’uomo che univa clan Grimaldi e forze di polizia.
DOMANDA I Losurdo se ne andarono?
RISPOSTA Sí. Mi chiesero la loro parte della cassa comune, cioè dei soldi della droga e dei proventi della rapina al gioielliere. Io, resomi conto dell’impossibilità di fargli cambiare idea, consegnai i soldi e loro partirono con l’intenzione di raggiungere l’altra sponda dell’Adriatico e stabilirsi in Montenegro, dove abita un loro cugino dedito al contrabbando di sigarette e dove non c’è pericolo di essere sottoposti ad arresto ed estradizione.
DOMANDA Dov’è la parte di soldi che lei ha trattenuto per sé?
RISPOSTA L’ho lasciata a mia moglie.
DOMANDA Lei è consapevole che dovrà farci recuperare soldi e in generale proventi di riciclaggio delle attività illecite in cui è stato coinvolto e che questa è una condizione perché le vengano riconosciuti i benefici della collaborazione?
RISPOSTA Sí, ne sono consapevole. Le confermo che intendo collaborare pienamente anche quanto alle questioni patrimoniali.
DOMANDA Sa se i Losurdo siano riusciti ad arrivare in Montenegro?
RISPOSTA Lo ignoro, non li ho piú sentiti.
DOMANDA E a quel punto lei cosa ha deciso di fare?
RISPOSTA La situazione precipitò rapidamente. La polizia aveva trovato l’auto bruciata e crivellata di colpi che avevamo usato nell’ultima incursione ed era risalita alla zona in cui era stata rubata.
DOMANDA Come ha saputo queste cose?
RISPOSTA Me le ha dette il Bevilacqua. È venuto a trovarci. Era molto preoccupato. La polizia e i carabinieri stavano dando un sacco di fastidio nella zona con perquisizioni e controlli, e lui aveva capito che la cosa aveva a che fare con noi. Ci ha chiesto di lasciare la casa al piú presto. Non gli interessava sapere cosa avevo fatto, ma non voleva essere coinvolto.
DOMANDA E voi?
RISPOSTA Avevamo poca scelta. Anche se non fossimo stati d’accordo, era inimmaginabile rimanere lí contro la volontà di Bevilacqua che, oltre a essere il padrone di casa, era, come dire, il padrone del territorio. Avrebbe potuto cacciarci con la forza utilizzando i suoi uomini, oppure informare le forze dell’ordine della nostra presenza sul posto. Ma, a parte questo, io stesso ero persuaso della necessità di andare via: era solo questione di tempo prima che la polizia e i carabinieri ci trovassero. Cosí ho tranquillizzato Bevilacqua dicendogli che avremmo lasciato la casa nel giro di qualche ora.
DOMANDA Come vi siete organizzati?
RISPOSTA Ho accompagnato mia moglie e mio figlio da certi parenti che vivono dalle parti di Piacenza, dove poi siete andati a prenderli per portarli nella località protetta. Quando siamo arrivati lí ho sentito alla radio la notizia del ritrovamento del corpo del bambino. A quel punto mi sono reso conto che non avevo scelta. Dopo qualche ora di riposo mi sono rimesso in macchina, sono tornato giú e ho preso contatti con un carabiniere che conoscevo da tempo manifestandogli le mie intenzioni. Quella stessa sera ci siamo incontrati con lei per il primo interrogatorio.
DOMANDA Adesso le sottoporremo un album fotografico. Per ogni fotografia ci dirà se riconosce la persona rappresentata, se ne conosce il nome, e/o il soprannome, se si tratti di soggetto appartenente all’associazione mafiosa facente capo a Grimaldi o ad altri gruppi criminali. Quando non è sicuro del riconoscimento la prego di dirlo.
Si dà atto che il Lopez comincia a esaminare l’album suddetto.
Alle ore 18.50, prima che si proceda alla verbalizzazione delle individuazioni e dandosi atto peraltro che il dichiarante ha già preso visione delle prime pagine dell’album fotografico, l’atto viene sospeso per gravi ragioni non inerenti l’oggetto del presente procedimento.
Letto, confermato e sottoscritto.