4.

In data 19 maggio 1992 alle ore 10.00 in Bari, presso gli uffici del Reparto Operativo dei Carabinieri, dinanzi al Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore della Repubblica dottoressa Gemma D’Angelo, assistita per la redazione del presente atto dal brigadiere Ignazio Calcaterra ed altresí alla presenza, per esigenze investigative, del capitano Alberto Valente, del maresciallo maggiore Pietro Fenoglio e dell’appuntato Antonio Pellecchia, tutti in forza al Nucleo Operativo presso il Reparto Operativo dei Carabinieri di Bari, è comparso Lopez Vito, già in altri atti generalizzato, persona sottoposta alle indagini per i reati di cui agli articoli 416 bis, 575, 629 codice penale, articolo 73 T.U. stupefacenti e altro, assistito d’ufficio dall’avvocato Marianna Formica del Foro di Bari presso il cui studio è elettivamente domiciliato.

Il Pubblico Ministero avvisa il Lopez che

a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;

b) salvo quanto disposto dall’articolo 66 comma 1 del codice di rito, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso.

Lopez Vito dichiara: intendo rispondere. Preliminarmente dichiaro di voler nominare la qui presente avvocatessa Formica mio difensore di fiducia, cosí trasformando l’originaria nomina d’ufficio.

DOMANDA Signor Lopez, per prima cosa le chiedo di indicarci in modo sintetico e in ordine cronologico tutti i fatti di sangue nei quali è stato direttamente coinvolto. Le rammento ancora una volta che la concessione dei benefici che la legge riserva ai collaboratori di giustizia dipende dalla completezza e totale assenza di reticenza delle sue dichiarazioni. L’individuazione di omissioni, false dichiarazioni o dichiarazioni calunniose potrà portare alla revoca immediata delle misure di protezione e dei benefici processuali. È consapevole di tutto questo?

RISPOSTA Sono consapevole e confermo di essere intenzionato a collaborare in modo ampio e integrale, riferendo tutto quello che so sulle attività criminali del mio gruppo – la Società Nostra – e di quelli alleati o avversari. Parlerò degli omicidi e dei fatti di sangue in generale; della struttura associativa, delle relative regole e delle affiliazioni; dell’organizzazione delle estorsioni e dell’usura; del traffico di stupefacenti e della rete di spaccio; del sistema di controllo del territorio sia quanto alle attività lecite che quanto alle attività illecite; dei rapporti con amministratori locali e del sostegno dato ad alcuni candidati in occasione di competizioni politiche.

Come da lei richiesto, comincio con i fatti di sangue. Sono personalmente responsabile di sette omicidi e di un tentato omicidio. Preciso comunque di poter riferire elementi utili in ordine a un numero molto piú elevato di omicidi, se si includono quelli nei quali non sono coinvolto ma dei quali sono a conoscenza per via del mio ruolo nell’associazione mafiosa.

DOMANDA Ci racconti degli omicidi dei quali è responsabile. In una seconda fase della verbalizzazione ci occuperemo degli altri.

RISPOSTA Il primo omicidio da me commesso risale al settembre 1987, dunque quando avevo ventitre anni. La vittima fu un ragazzo di cui ricordo solo il soprannome: ’u Rizz’, il Riccio, per via dei capelli. Preciso che per tale fatto non sono stato mai indagato e nemmeno sospettato. Questo ragazzo spacciava eroina per conto di Grimaldi Nicola, ma su di lui giravano brutte voci: si diceva che fosse un confidente delle forze dell’ordine. Mi pare che Grimaldi fece qualche verifica – forse gli tese un tranello, passandogli un’informazione per vedere se arrivava alla polizia, cosa che effettivamente accadde, ma adesso questo non lo ricordo con precisione. Comunque, Grimaldi decise che doveva morire e che se ne sarebbe occupato lui stesso, con me e un altro dei suoi uomini, Capocchiani Michele, detto ’u Puerc’, il Porco.

DOMANDA Perché Grimaldi chiese a lei e a Capocchiani di partecipare?

RISPOSTA Capocchiani era uno dei suoi ragazzi piú esperti e veniva incaricato delle azioni piú pericolose e impegnative. Guidava e sparava molto bene, era spietato e non aveva paura di niente. Grimaldi volle anche me perché intendeva verificare se ero davvero un ragazzo affidabile. Ero stato affiliato all’inizio di quell’anno e Grimaldi mi aveva preso in simpatia. Farmi partecipare a quell’azione cosí pericolosa e impegnativa era la premessa per attribuirmi un ruolo piú importante.

DOMANDA Per questa cosa Grimaldi le offrí del denaro?

RISPOSTA No. Desidero chiarire in proposito che solo i killer – categoria alla quale, per quanto possa sembrare strano, non sento in alcun modo di appartenere – percepiscono un compenso per la commissione di un omicidio. Sarebbe stata una mancanza di rispetto da parte di Grimaldi nei miei confronti, se mi avesse offerto dei soldi ma, soprattutto, sarebbe stata una grave mancanza di rispetto nei suoi confronti da parte mia se gliene avessi chiesti. Negli ambienti da cui provengo la partecipazione a un omicidio è un segno di distinzione e rispetto. Chi affida l’incarico manifesta fiducia verso l’incaricato; chi lo riceve apprezza questa fiducia e vuole mostrare di meritarla per rinforzare la sua appartenenza all’associazione.

DOMANDA Ci racconti come si svolse l’azione.

RISPOSTA Sapevamo che ’u Rizz’ se la faceva sempre davanti a una sala biliardo di Santo Spirito. Passammo là davanti poco prima di pranzo e ci fermammo a bere una birra e a chiacchierare. Poi Capocchiani, come se l’idea gli fosse venuta solo in quel momento, disse che potevamo andare a mangiare le cozze crude a Giovinazzo, da un pescivendolo suo amico. ’U Rizz’ – che era ghiotto di frutti di mare – cadde nella trappola e chiese se poteva venire anche lui. E naturalmente noi gli dicemmo di sí.

In breve ’u Rizz’ si rese conto che non stavamo andando in direzione di Giovinazzo e ci stavamo inoltrando invece nella campagna di Bitonto. Chiese spiegazioni e fu allora che Grimaldi gli puntò la pistola alla testa. Preciso che ’u Rizz’ era seduto sul sedile anteriore destro, Capocchiani guidava mentre Grimaldi e io eravamo dietro.

La nostra destinazione era un fondo cui si accedeva solo con una strada campestre, molto lontano dalla strada provinciale. Un posto in cui era molto difficile che qualcuno capitasse per caso. In questo fondo c’era un casolare che a volte veniva utilizzato per nascondere refurtiva, armi o stupefacenti. Fu lí che conducemmo ’u Rizz’ dopo avergli legato le mani con del nastro adesivo da imballaggio che avevamo portato con noi per quello scopo. Poi Grimaldi mi passò la pistola – Capocchiani ne aveva un’altra – e cominciò a picchiare ’u Rizz’, dicendogli che doveva confessare di essere un infamone di merda. Lo picchiò con la cazzottiera (ne aveva una d’argento che gli aveva fatto un amico gioielliere); ricordo che non si vedeva quasi piú la faccia tanto era coperta di sangue.

DOMANDA ’U Rizz’ confessò?

RISPOSTA Sí e no. Disse che faceva finta di passare le notizie agli sbirri, gli diceva delle mezze verità solo per tenerseli buoni.

DOMANDA Ma aveva capito che avevate intenzione di ucciderlo?

RISPOSTA No, credo di no. Pensava che lo avremmo ammazzato di botte, ma che poi lo avremmo lasciato andare.

DOMANDA Cosa accadde dopo questa parziale confessione?

RISPOSTA Grimaldi disse a ’u Rizz’ di inginocchiarsi. Quello allora capí e si mise a piangere e ci pregava di non ammazzarlo, che non aveva fatto niente di male, che aveva un bambino e queste cose. Grimaldi gli disse che ci doveva pensare prima, quando faceva l’infame sbirro di merda, al fatto che aveva un bambino. Poi, siccome non si inginocchiava, lo picchiò di nuovo con la cazzottiera e lo mise in ginocchio a forza. Mi fece un cenno col capo come per dire: «Adesso sparagli». Io alzai la pistola, che era una calibro 38 a sei colpi, e mi accorsi che la mano mi stava tremando fortissimo; dovetti tenerla ferma con l’altra. In quel momento ’u Rizz’ si rese conto che gli stavo puntando la pistola – io ero di lato – e se la fece addosso. Io pensai che se non sparavo subito, dopo non sarei stato piú capace, per il tremito alla mano e per l’odore che mi stava facendo venire da vomitare e tutto il resto. Cosí gli sparai in testa, alla tempia.

DOMANDA Gli sparò un solo colpo?

RISPOSTA Sí, io sparai solo un colpo. Capocchiani gli sparò due o tre colpi ancora, quando era già a terra. Gli dispiaceva se non lo sparava pure lui. Poi Grimaldi mi disse di andare a prendere dal portabagagli dell’auto la tanica di benzina che ci eravamo portati appresso. Uscii dal casolare e vomitai, riuscendo a non farmi vedere. Poi rientrai con la tanica, cosparsi ’u Rizz’ di benzina e, sempre eseguendo gli ordini di Grimaldi, gli diedi fuoco.

DOMANDA Perché fece fare tutto a lei?

RISPOSTA Come le ho detto, dottoressa, era una specie di prova, per vedere se ero un ragazzo affidabile per le azioni piú impegnative. Mentre appiccavo il fuoco mi parve di notare che Grimaldi e Capocchiani si scambiavano uno sguardo di intesa, come per dire: «È un ragazzo a posto, ha superato la prova». Quando il corpo di ’u Rizz’ prese fuoco si mosse per diversi secondi e io pensai che fosse ancora vivo, anche se gli avevamo sparato diversi colpi di pistola. Dissi: «Ma che, è ancora vivo?» e Capocchiani si mise a ridere e mi rispose che si trattava di movimenti meccanici prodotti dalle fiamme. Onestamente non saprei dire se Capocchiani avesse ragione o se ’u Rizz’ fosse ancora agonizzante.

DOMANDA Poi cosa accadde?

RISPOSTA Uscimmo dal casolare che il corpo era ancora in fiamme – lo avevo cosparso con dieci litri di benzina – risalimmo in macchina, e andammo a nascondere le pistole presso uno sfascio (una discarica di auto con annesso impianto di sfasciacarrozze) di un uomo del Grimaldi. Presso tale sfascio ci ripulimmo accuratamente per rimuovere eventuali residui di polvere da sparo, nell’ipotesi che fossimo sottoposti a controlli. Poi mi accompagnarono a casa. Durante il percorso di ritorno Grimaldi disse che mi ero comportato bene e che mi meritavo di «andare avanti».

DOMANDA Cosa intendeva?

RISPOSTA Che mi ero mostrato degno di essere innalzato nella gerarchia mafiosa.

DOMANDA E questo avvenne?

RISPOSTA Sí, qualche settimana dopo.