8.
A metà mattinata l’appuntato Pellecchia entrò nella stanza di Fenoglio trascinando i piedi.
– Ehi capo, hai visto un fantasma?
– Perché?
– Non hai una bella faccia.
– Ieri è stata una giornata un po’ pesante.
– Già, un po’ pesante.
– Dove sei andato ieri sera?
– Mi hanno spedito a fare perquisizioni inutili. Tempo buttato.
– Che ne pensi di questa storia del bambino di Grimaldi?
– Penso che Lopez mi sembrava uno intelligente – un grande cornuto, ma intelligente. Evidentemente mi sbagliavo. Uno che fa una cosa del genere è un pazzo.
– Tu sei convinto che sia stato lui?
– E chi altro può essere stato?
Fenoglio non rispose. Chi altro poteva essere stato, in effetti?
– Stamattina, prima di venire qua, ho parlato con un amico, – proseguí Pellecchia tirando su col naso. Era un tic, conseguenza di una testata presa durante un arresto. – Ho qualche novità.
– Cioè?
– La moglie di Grimaldi ha appuntamento con una maga.
– Che vuol dire?
– Che vuol dire una maga? Una maga, una strega, una che parla con i morti. Per scoprire dov’è il bambino.
– Sai quando ci va?
– Oggi pomeriggio, alle giostre di largo Due Giugno. La maga riceve nella sua roulotte. Dice che ha il potere di uscire dal corpo e di ritrovare le persone scomparse, oltre a varie altre cazzate. Non so se questa informazione può essere utile.
Fenoglio schioccò le dita, si alzò, prese la giacca e si diresse verso la porta. – Andiamo. Dobbiamo arrivarci prima della moglie di Grimaldi. Chiama Montemurro, ci facciamo accompagnare da lui.
Il traffico era opprimente e la macchina procedeva qualche metro alla volta, con lunghe pause. Impiegarono quasi mezz’ora per un tragitto che di regola avrebbe richiesto meno di dieci minuti. Si fermarono a un paio di isolati dal luna park e Fenoglio disse a Montemurro di aspettarli in auto.
Il tempo era grigio, l’aria era molto fresca e prometteva pioggia. Non sembrava maggio e non solo per una questione di temperatura. C’era un’elettricità cattiva, come un presagio o una minaccia.
– Come si chiama?
– Madame Urania.
– Urania?
– Urania, sí. Questi ciarlatani hanno sempre soprannomi del cazzo. Cosa le diciamo?
– Non lo so ancora. Dobbiamo trovare il modo di farci aiutare.
Il posto – come tutti i luna park di giorno – aveva un’aria desolata e triste, con le giostre ferme e le saracinesche dei baracconi abbassate. Fra le vecchie roulotte si aggiravano figure grigie e solitarie. Fenoglio ricordò di aver letto da qualche parte che camminare in un luna park chiuso è una perfetta metafora dell’insensatezza. Allora non aveva capito bene il senso della frase ma adesso gli sembrava chiara e penetrante.
Camminando incrociarono una donna magrissima e dallo sguardo febbrile.
– Scusi, signora, saprebbe indicarci la roulotte di madame Urania? – chiese Fenoglio.
La donna li guardò, prima l’uno poi l’altro. Dovette pensare che c’era contrasto fra la gentilezza della domanda e l’aspetto dei due; dovette pensare che non assomigliavano molto ai clienti abituali di Urania. Decise che non erano fatti suoi.
– Ultima roulotte in fondo a sinistra. Però non lo so se ci sta.
La roulotte di Urania aveva una grande civetta dipinta sulla porta. Fenoglio si guardò attorno e bussò sul becco della civetta. Una decina di secondi dopo, dall’interno, una voce risoluta chiese chi fosse.
– Buongiorno, vorremmo parlare con madame Urania.
La porta si aprí con un cigolio che sembrava finto, come un effetto speciale per creare l’atmosfera.
– Chi siete? – La donna aveva un aspetto anonimo, il tipo di viso che non riesci a ricordare già dopo qualche ora. L’interno era buio e dava un leggero odore d’incenso.
– Siamo carabinieri. Possiamo entrare?
– Non ho fatto niente.
– Lo sappiamo. Dobbiamo solo rivolgerle qualche domanda, – disse Fenoglio spingendo piano la porta, cercando di abituare gli occhi alla semioscurità.
– Aspetto dei clienti, – disse quella, ma i due carabinieri erano già dentro.
Fenoglio si sedette su una seggiola; Pellecchia si appoggiò a un tavolino al cui centro c’era una sfera di cristallo. Da uno scaffale li guardava una civetta impagliata.
– Sappiamo che oggi ha un appuntamento un po’ speciale, – disse Fenoglio schiarendosi la voce, evitando preamboli inutili.
– Che significa?
– Significa che viene una per ritrovare il figlio scomparso. Non ci fare perdere tempo, che se perdo tempo io mi incazzo, – disse Pellecchia, accelerando bruscamente il ritmo secondo le sue abitudini.
La donna si sedette con le gambe unite e le mani sulle ginocchia, in una posizione di compostezza inattesa.
– Che volete?
– Chi ti ha chiamata per prendere appuntamento? – disse Fenoglio, passando anche lui al tu. Era una cosa che non amava, quella confidenza autoritaria da sbirri, ma in molti casi il lei complicava soltanto il lavoro.
– È venuta una donna che conosco. Mi ha detto che era sparito un bambino e che li dovevo aiutare a trovarlo.
– Qual è il tuo vero nome?
– Rita.
– Bene, Rita. Adesso ascoltami bene. Per noi è fondamentale sapere quello che ti dirà la donna che oggi viene qui. Qualcuno ha sequestrato suo figlio. La famiglia non collabora e noi siamo preoccupati per il bambino. Devi farti raccontare tutto dalla madre e farle anche qualche domanda, spiegandole che per vedere il bambino ti occorrono piú informazioni. Dopo, fingerai di concentrarti e dirai che non riesci a vederlo, che hai bisogno di fare qualche tentativo da sola. Dirai che sarai tu a richiamarla. Poi noi torniamo e ci racconti ogni cosa.
Fenoglio non aveva finito di parlare che già la donna scuoteva la testa per dire di no.
– Mi volete fare ammazzare. Quelli sono gente pericolosa, se scoprono che li ho presi in giro per aiutarvi…
– Li prenderesti in giro comunque, lo sai meglio di me. Noi non scriviamo niente e loro non sapranno mai che ci hai aiutato.
– Non mi potete obbligare.
Fenoglio lasciò cadere le spalle, in un movimento di stanchezza.
– Forse no. Ma hai idea di quanti reati commetti ogni giorno qui dentro? Truffa, appropriazione indebita, abuso della credulità popolare. Se decido di darti fastidio mi basta piazzare una pattuglia qua davanti. Ogni volta che entra qualcuno, entrano anche i carabinieri, ti controllano e si portano in caserma il cliente per sentirlo a verbale e chiedergli se vuole sporgere querela. Quanto tempo credi che ci vorrà prima che si sparga la voce e la gente cominci a rivolgersi a un’altra maga? Poi, con ogni probabilità, bisognerà anche sequestrarti la roulotte come corpo del reato. Vado avanti?
Seguirono un paio di minuti di silenzio.
– Mi giurate che non lo sapranno mai? – disse la donna, infine.
– Certo, – rispose Fenoglio.
– Non scriverete il mio nome da nessuna parte?
– Hai la mia parola.
La donna sospirò, rassegnata. – Che devo chiedere?
– Ci serve sapere se hanno pagato un riscatto, se hanno qualche sospetto su chi è stato e, soprattutto, come hanno tenuto i rapporti con i rapitori, se ci hanno parlato per telefono, se c’è stato un intermediario...
– E se si insospettisce?
– Sono sicuro che non hai nessun problema a fare domande senza insospettire il tuo interlocutore.
Urania non replicò.
– Riepilogami quello che dobbiamo sapere.
– Quando è sparito il bambino; i contatti con quelli che lo hanno preso; se hanno pagato e se hanno sospetti. Dopo che abbiamo parlato, che devo fare?
– Niente. Noi torniamo qua, ci racconti tutto ed è finita. Il tuo nome non comparirà in nessun atto.
Lei parve riflettere sulle ultime frasi di Fenoglio, come se contenessero un significato nascosto. Alla fine prese un respiro profondo.
– Va bene. Adesso andatevene, devo prepararmi.