LXII
Se ne stavano zitti, in piedi davanti alla porta di ferro dell’uscita di sicurezza.
Se ne stavano zitti perché ogni commento, ogni tono sarebbe sembrato fuori luogo.
Brazo ripeté, forse per la millesima volta in un giorno: «Almeno è viva. E non ha danni permanenti, pare».
Marco rispose, lugubre: «Pare. E allora mi dici come mai non riprende conoscenza?».
L’assistente rispose, brusco: «Perché è meglio per lei, fa parte della terapia. Il dottore è stato chiaro, no?».
Ingrid, che al telefono aveva parlato più volte col medico in tedesco, annuì paziente: «Sì, è stato chiaro. Ha detto che la tengono così, sedata, finché non scende la febbre. È un miracolo che sia viva, a quell’altitudine in piena bufera di neve, alla fine di dicembre e di notte, si muore in pochi minuti. E invece è riuscita ad arrivare alla porta del rifugio chissà come, e chissà da dove».
Marco disse, scuotendo il capo e con rabbia: «Testarda. Maledetta, dannata testarda. Appena trova un guaio, ci si butta dentro di testa. Sempre stata così, sempre. Maledizione».
Ingrid lanciò un’occhiata all’ambulanza dietro di loro, che aspettava coi portelloni aperti.
«Ma Alba lo sa che… O pensa che stia bene? Le avete spiegato che non è in pericolo o…?»
Marco sbuffò: «Figurati. Lei dice che ci ha pensato il padre a salvarla. È completamente andata. Dice che Lisi tornerà a casa molto, molto migliore di quando è andata via».
Brazo mormorò: «Magari è vero. Almeno è…».
«… è viva, sì. Lo sappiamo. E facciamo in modo che lo rimanga. Bisogna che lasci perdere tutto, che si metta l’anima in pace e…»
Ingrid disse, decisa: «Sarà lei a scegliere cosa fare. Solo lei, perché è in gamba, intelligente, e ha nuovi elementi. Sta succedendo qualcosa, e Lisi è la chiave per capire. Per arrivare fino in fondo».
Prima che Marco potesse ribattere, la porta di ferro si aprì e due infermieri spinsero una barella verso l’ambulanza in attesa. I tre si avvicinarono subito, intravedendo il bel volto di Lisi, incosciente, con la coperta fino al collo.
Uno degli infermieri si rivolse a Ingrid: «Siete voi i parenti? Sta meglio. La febbre sta calando. Sentiremo il medico, ma mi pare che sia fuori pericolo».
Brazo fissava la ragazza, le labbra tremanti come se stesse per piangere. Marco gli disse, a mezza voce: «Non osare».
Ma anche lui aveva gli occhi pieni di lacrime. Ingrid salì a bordo con Lisi, e l’infermiere chiuse il portello.
Nello stesso istante Marco sentì: Ciao, zietto.
Come se gliel’avesse sussurrato al di sopra della spalla.
Si guardò attorno, confuso. Poi pensò, forte: Accidenti a te. Mi hai tolto dieci anni di vita.
Immediato, mentre l’ambulanza si avviava, lo raggiunse un altro pensiero: Altri dieci anni? Ma se sei già vecchissimo!
Seguendo il suo assistente verso la Mini, cominciò a sorridere.
Da lontano, una bella ragazza dai lunghi capelli ricci lo osservava sorridere.
Molto attentamente.