III
Le due ragazze avevano atteggiamenti radicalmente diversi. Una si muoveva a disagio sulla sedia, cercando di non incontrare lo sguardo dell’altra, che si sforzava per non scoppiare a ridere. La prima portava gli occhiali, teneva le mani strette attorno a un fascicolo che aveva appoggiato sulle gambe; l’altra era bionda e aveva detto di essere lì solo per accompagnare l’amica.
Nella stanza ingombra di libri e documenti non erano sole. Dietro una disordinatissima scrivania sedeva il loro interlocutore, un giovane pallido e smunto, con due spesse lenti, e chiaramente in imbarazzo; a qualche metro di distanza, affaccendato davanti a una libreria che riempiva l’intera parete, l’altro personaggio.
Si trattava di un uomo sulla quarantina, alto e magro, piuttosto attraente nonostante l’aspetto disordinato. I capelli castani ricadevano in ciuffi sparsi sulla fronte. Sulla punta del naso un po’ lungo, un paio di occhiali da lettura; sotto, folti baffi brizzolati. Indossava una giacca sportiva marrone dai gomiti consunti e un’incongrua larga cravatta regimental coi colori sociali di un circolo nautico, giallo e verde, purtroppo per lui. I pantaloni di velluto a coste larghe, stazzonati e senza cintura, dai quali fuoriusciva di continuo una camicia color crema che ogni tanto, con un gesto nervoso, rimetteva a posto. L’uomo mormorava incessantemente qualcosa, tirando fuori e riponendo volumi sugli scaffali sempre più infastidito.
Davanti a lui un tavolo da riunioni, sul quale c’erano almeno trenta libri aperti e una pila di fogli sui quali si vedevano appunti scritti a mano in una grafia assai poco comprensibile.
Il giovane lanciò un’occhiata all’uomo proprio mentre si infilava per l’ennesima volta la camicia nei calzoni, si schiarì la voce e riportò l’attenzione sulla ragazza con gli occhiali. «Allora, signorina…»
La signorina gli venne in aiuto, incerta: «Rispoli, mi chiamo. Luisa Rispoli. Ero venuta per la tesi, dottor Moscati. Il professor Di Giacomo…». Si fermò, osservando per un attimo l’uomo coi baffi e subito distogliendo lo sguardo. «Il professore mi aveva detto di passare oggi, ma se disturbo posso ritornare un’altra volta.»
Senza voltarsi e mentre tentava di sfilare un enorme tomo dall’ultimo ripiano della libreria, in bilico sull’orlo di uno sgabello, Di Giacomo sibilò: «Sì, sì, Brazo, è vero, le ho detto io di passare, altrimenti non la finiva più di rompere le palle, lei e questa maledetta tesi. Vedi tu, io sto lavorando».
La ragazza bionda ridacchiò, sussurrando all’amica: «Manco se n’è accorto che stai qua, Lui’».
Il giovane chiamato Brazo tossicchiò, imbarazzato. «Allora, cara signorina Rispoli, lei è qui per la tesi, mi pare di capire, vero?»
La brunetta con gli occhiali era arrossita in maniera evidente.
«Senta, dottore, il fatto che io sia una laureanda non deve certo
consentire al professore di umiliarmi. Ho solo chiesto un
appuntamento, com’è nel mio pieno dirit-
to, e…»
Moscati sorrise. «Oh, ma non deve tenere conto di quello che ha detto il professore, signorina. Anzi, ci scusi per il ritardo di questo incontro: l’istituto è onorato di avere una tesista così brillante e…»
«… e rompipalle» soggiunse ad alta voce Di Giacomo allungandosi verso il volume oggetto del suo desiderio. Il retro della camicia sventolava dalla giacca, mentre i pantaloni senza cintura calavano pericolosamente.
Brazo tossì ancora più forte, sperando di richiamare l’attenzione del professore, che tuttavia non si voltò.
La ragazza bionda fissava affascinata e divertita il pezzo di schiena nuda dell’uomo che si offriva alla vista. «Questo veramente è pazzo. Lo dicono tutti e tengono ragione.»
Moscati si girò verso di lei, corrugando la fronte ma senza smettere di sorridere. «E lei chi è, signorina?»
La bionda si strinse nelle spalle: «No, io sto a Economia. Abito con Luisa, qua, che si metteva paura di venire da sola, e così l’ho accompagnata».
La Rispoli sobbalzò e arrossì ancora di più. «Ma no, che c’entra, Gabriella è la mia coinquilina, dopo dobbiamo andare a fare la spesa e allora le ho chiesto…»
Di Giacomo, che era finalmente riuscito a prendere il volume e ora ondeggiava ancora più pericolosamente sullo sgabello, disse acido: «Le rompipalle passano a due, come le pizze di Totò».
La bionda strinse gli occhi e gli rispose: «Ma almeno si è accorto che le stanno scendendo i calzoni, sì?».
Il professore abbassò lo sguardo sull’addome scoperto e osservò pensoso lo spettacolo. «Ah. Ecco che cosa mi sono scordato, stamattina. La cintura. Eppure l’avevo messa da qualche parte.»
Brazo tossì più forte. «Va bene, allora, signorina Rispoli, a che punto siamo? Vedo che sta lavorando sui concetti di Karma e Dharma nell’induismo, è così? Un argomento basilare e di grande attualità, quindi ci aspettiamo…»
Senza alzare gli occhi dal volume che stava sfogliando, Di Giacomo commentò sarcastico: «Eh già. Seguiamo le maledette mode pure qua, dove si dovrebbe approfondire per trovare concetti nuovi. Sono più asini i laureati che le matricole, nel dipartimento di Antropologia».
La Rispoli sbatté le palpebre. «Ma… ma se sono venuta a chiederglielo almeno cinque volte, e lei…»
Brazo riprese la parola e, per recuperare l’attenzione, cercò di completare il suo discorso: «… e ci aspettiamo che lei, signorina, faccia fare alla cattedra di Storia delle religioni una bellissima figura».
Nel frattempo Di Giacomo si stava guardando pensoso attorno, fin quando non rintracciò sul tavolo un pezzo di spago che aveva avvolto un pacco di libri. Con soddisfazione se lo allacciò ai pantaloni come una cintura provvisoria e fece un nodo sul davanti. «Ecco, così questi accidenti non caleranno fino a stasera.»
La bionda lo fissava a bocca aperta. Indicandolo col dito chiese all’amica: «Lui’, ma davvero quello sarebbe il professore? Il titolare di cattedra, dico? E quest’altro allora chi è?».
Prima che la Rispoli potesse rispondere, il giovane dietro la scrivania sospirò e rispose come per scusarsi: «Io sono il dottor Brazo Moscati, assistente del professor Marco Di Giacomo che, in effetti, è proprio lui».
La studentessa di Economia annuì, pensosa, poi disse: «Mi pare più il badante, in verità. Ma non dovrebbe occuparsi lui personalmente della tesi della mia amica? Mi pare una cosa abbastanza importante, e…».
Marco sbatté sul tavolo il volume che stava leggendo e si avvicinò torvo alla ragazza. «Allora, giusto per chiarire: una che si iscrive a Economia, o ha il padre ricco, sulle spalle del quale ha intenzione di campare per tutta la vita, o non ha alcun talento sul quale puntare e si butta nella massa amorfa sperando di acchiappare un povero deficiente, sulle spalle del quale, tanto per cambiare, campare per tutta la vita. Detto ciò: io sono impegnato in ricerche che tu non capiresti nemmeno se cercassi di spiegartele per tre giorni e tre notti di seguito. Brazo, qui, è ampiamente in grado di pascolare queste capre di studenti che mirano solo a prendersi il pezzo di carta e non hanno altre aspirazioni che una sedia in qualche museo, con uno stipendiuccio per sopravvivere. Chiaro?»
La Rispoli arrossì di nuovo. «Io veramente vorrei diventare insegnante di meditazione, e…»
La ragazza bionda passò all’attacco: «E mi faccia capire, signor grande ricercatore, il punto d’arrivo della cultura con la “c” maiuscola sarebbe diventare uno che porta cravatte mostruose e si dimentica a casa la cintura? Per me uno così dovrebbe vivere rinchiuso».
Marco si fissò perplesso la cravatta. «Mostruosa? Perché mostruosa? Io la trovo perfetta, e ha anche un significato particolare, perché i colori sociali del circolo che…»
La porta della stanza si spalancò di colpo, aperta da una donna bassa e in carne, in camice azzurro, che masticava sguaiatamente una gomma.
«Professo’, vi vuole il direttore. Subito. A voi e al dottore Moscati, tutti e due. Subito, ha detto.»
Brazo sospirò, mormorando: «Se una giornata nasce storta, storta continua. Questo sì che dovrebbe essere un precetto di qualche religione».
La Rispoli saltò su sorridendo: «Precisamente, dottore. E d’altra parte quella tra Karma e Dharma non è certo una contrapposizione, ma piuttosto la fusione di due aspetti che insieme determinano…».
Di Giacomo ruggì, sordo: «Brazo, ricordami di non dare punti a questa tesi. Non voglio avallare i fanatismi. Andiamo a vedere che vuole il vecchio».