LX
Lisi si ritrova fuori dalla stanza e dall’anticamera, e non ricorda di essere uscita. Ha la testa leggera e si sente sfocata, come se il suo corpo vibrasse di un’energia sconosciuta.
Al di là della seconda porta trova il direttore, in piedi, curva e malevola, gli occhi penetranti come due chiodi. «E quindi hai finito. È durata parecchio, ho visto.»
Dietro di lei, nascosto nell’ombra, c’è Rudy. Lisi percepisce disagio e ostilità in entrambi, con una sensibilità che non sapeva di avere. È come se le si fosse sviluppato un nuovo senso: intuisce quello che i due hanno in mente come se glielo stessero urlando in faccia.
Prova una vertigine e si appoggia al muro.
La vecchia la rassicura: «Non preoccuparti, ti passerà. È sempre così. A me succede ogni volta». Lo dice a entrambi, come vantandosi di qualcosa. Lisi sente l’orgoglio e anche il dolore per l’esclusiva violata.
Rudy chiede, secco: «Che ti ha detto, si può sapere? Di cosa ti ha parlato, per tutto questo tempo?».
La vecchia gli lancia un’occhiata storta, ma non dice niente. Lisi allora risponde mentendo, per capire se le leggono dentro come lei fa con loro: «Non lo so. Cose senza molto senso, che non ho capito bene, su un passato remoto che si aspettava che conoscessi. Non si è mostrato. È rimasto seduto, faccia a… alla finestra».
I due si scambiano uno sguardo neutro. Trionfo e soddisfazione. Rasserenamento. Vuol dire, pensa Lisi, che per qualche motivo non hanno accesso a quello che succede nella stanza. Lo immaginava, ma ora lo sa con certezza.
Si sente debole, cerca una sedia.
«Posso avere un po’ d’acqua, per favore? Sono stanca.»
Rudy le porta sollecito un bicchiere. Lisi sente la sua soddisfazione quando beve, ma non è in grado di comprendere quanto e perché.
Deglutisce e chiede: «Chi… chi è, lui? Perché lo tenete rinchiuso là dentro?».
La vecchia risponde, solenne: «Lui è il Maestro. E non lo teniamo affatto rinchiuso: lo cauteliamo. È troppo… troppo prezioso. Per tutti noi».
«Io voglio capire come sapevate della frase di Gio’, l’ultima che mi ha detto prima di sparire. E voglio capire anche… cosa avete intenzione di fare, adesso.»
La vecchia la fissa, inespressiva. «Ti ho già spiegato che noi, come funzione primaria, raccogliamo e cataloghiamo informazioni che arrivano in tante maniere, anche in forma di registrazioni casuali, immagini video, indagini di polizia. Le prendiamo intercettando flussi, notizie, telefonate. Possono anche sembrare insignificanti, in apparenza, ma a volte tornano utili. Così è stato in questo caso.»
Lisi sente con certezza, e con un po’ di sorpresa, che la donna è sincera. Strano, perché fino a quando è entrata nella stanza del Maestro, non le avrebbe creduto.
Poi il direttore dice: «Adesso ti lasceremo andare. Come ti avevamo assicurato».
Ancora sincera.
«E te ne tornerai tranquilla a casa.»
Ora no. Con chiarezza, come se vedesse un colore o sentisse un sapore, Lisi sa che la vecchia sta mentendo. Ma che vuol dire? Potrà andarsene, ma non tornare a casa?
Si sente invadere le membra da una pesante stanchezza. Rivolge lo sguardo verso il bicchiere vuoto.
Rudy le sorride, sollecito: «Sta’ tranquilla, Lisi. Serve per portarti fuori senza che tu possa ricordare punti di riferimento. È solo una misura di sicurezza. Lo facciamo sempre, quando qualcuno va via».
Pigramente il cervello di Lisi registra l’informazione come vera, prima di addormentarsi.
Mentre la portano fuori in barella, uno degli ingegneri impegnati in laboratorio alza il capo dal banco dove sta esaminando dei progetti. Rivolge al corpo sulla barella un’occhiata triste, prima di tornare al lavoro.
Se lo avesse visto, Lisi avrebbe riconosciuto Giorgio. E lo avrebbe trovato un po’ invecchiato, rispetto a quella mattina in cui se n’era andato in barca a vela.