XXXIX
Rabbrividendo nella notte gelida, Lisi si avvicina alla luce che si trova proprio nel punto che l’anonimo mittente le ha indicato nell’ultimo messaggio, a non più di cinque minuti di cammino dalla strada lungo il sentiero, tenendosi sul lato destro. La viuzza ha cumuli di neve da entrambi i lati, ma sembra sgomberata di recente.
La luce proviene dalla finestra di una specie di capanno, un casotto di legno dal tetto spiovente che pare un deposito di attrezzi. La ragazza si avvicina e bussa alla porta. Le sembra tutto un po’ surreale, ma continua a non avere paura.
Quasi immediatamente la porta si apre, e si ritrova di fronte a Rudy. È più alto di come immaginava, e anche più adulto. Pensava fosse più giovane di lei, e invece adesso che se lo trova di fronte gli darebbe qualche anno in più.
Il ragazzo le sorride. «Ciao, finalmente! Sei riuscita ad arrivare. Entra, così ti scaldi un po’.»
Lei accetta l’invito e si lascia investire dal calore di una stufa elettrica che, insieme a un tavolino e a due sedie, esaurisce l’arredamento del capanno.
«Ma che cos’è questo posto? E vuoi spiegarmi il motivo per cui mi hai fatto viaggiare così, e il perché dei messaggi dal numero anonimo e di tutta questa segretezza? Cosa hai da nascondere?»
Rudy ha un’aria afflitta, e adesso assomiglia di più al ragazzo che Lisi ha visto nello schermo del computer prima di mettersi in viaggio.
«Ci sono cose che non ti posso dire, sai, Lisi. Cose più grosse di me e di te. Io stesso non ne so poi molto, di quello che sta succedendo. Ma ti assicuro che qualcuno ti dirà tutto, devi solo avere un altro po’ di pazienza.»
Lisi corruga la fronte. «Eh no, caro. Io non mi muovo di qua se tu non mi dici adesso come facevi a sapere quello che mi ha detto il mio ragazzo prima di sparire. E poi devo avvertire mio zio, che sarà in pensiero per me…»
Rudy scuote la testa, spaventato. «Io non so niente, ti assicuro. Quella frase… mi è stata suggerita dalla persona che incontrerai, e che sarà sicuramente in grado di spiegarti meglio di me. E per quanto riguarda tuo zio, il tuo telefono non funziona più. Mi dispiace.»
Lisi toglie dalla tasca il cellulare e lo trova spento. Cerca di accenderlo, ma quello resta inanimato.
«Non mi piace questa storia, Rudy. Io sono venuta qui spontaneamente, e posso andarmene di nuovo. Sono libera, no?»
Il ragazzo indica la porta. «Certo. Conosci la strada. Ma se non rimani non saprai più nulla. E anche io avrò problemi a rimettermi in contatto con te. Puoi scegliere.»
Lisi valuta le ipotesi. Continua a non avere paura, e Rudy, che è di fronte a lei, pare assolutamente inoffensivo.
«Perché il telefono non funziona?»
Il ragazzo si stringe nelle spalle: «Qui non funziona alcun apparato elettronico. Credo sia per la sicurezza. In realtà dobbiamo fare un altro pezzo di viaggio, con un automezzo che sta fuori. Viaggeremo fino all’alba, più o meno. Sei stanca? Te la senti o vuoi riposare?».
Lisi si guarda attorno. Il tempo non si spreca, pensa.
«Che intendi quando dici “cose più grosse di me e di te”? Se non mi dici almeno questo, non vengo.»
Rudy sospira. «Noi… Io devo accompagnarti in un posto della cui esistenza non sa nessuno. È un posto nascosto, una specie di luogo di osservazione. Non corri rischi, ci sono studiosi. Io abito là. Non ti posso dire altro.»
Lisi riflette. Studiosi. Nascosti.
Risponde a quello che ha sempre pensato: esistono ancora, celebrano i loro riti. E in qualche maniera sono in contatto fra loro.
Quello che non ha mai pensato è che potessero essere da qualche parte, riuniti permanentemente.
«No. Non sono stanca, non voglio riposare. Andiamo subito. Voglio sapere.»