XLI
La ragazza che è uscita dalla cripta in cui era entrata la vecchia sente il cuore martellarle in gola. È sicura che tutti, attorno a lei in ginocchio nel buio, chissà quanti metri di roccia e vuoto e ancora roccia sotto la superficie di strade e gente in festa, condividano quella orribile sensazione.
Si chiede, la ragazza, come sia possibile avere ancora paura. Dopo secoli, dopo tante vite vissute senza vivere, dopo aver fronteggiato la vecchiaia e la morte a intervalli regolari, dopo tanti volti passati e dissolti nella notte, ancora paura.
Nell’attesa dell’esplosione, la ragazza pensa che la paura sia una compagna occasionale. Come le volte che si concede il sesso, cambiando luogo e nome e perfino faccia, come fanno tutti quelli che adesso attorno a lei attendono nel buio con gli occhi a terra.
I primi giorni dopo il Cambiamento, pensa la ragazza, sono meravigliosi. Basterebbero quelli a dare un senso a ogni cosa, alla solitudine, alle rinunce, alla sterilità. I primi giorni della fioritura, quando il corpo è giovane e ha memoria della vecchiaia. Quando ancora c’è la cautela dei movimenti e delle articolazioni sofferenti, e invece tutto è elastico e gioioso. Quei giorni, in cui si ritorna a guardare al cibo e al piacere e al respiro profondo, e si schizza verso il mondo con la forza e l’incoscienza del sangue nuovo.
Per questo la ragazza non capisce e nemmeno accetta quello che sta succedendo. Per innumerevoli volte è bastato il vassallaggio al Mostro, come lo chiama tra sé e sé, come sempre lo ha chiamato nei pensieri e nei sogni agitati delle nuove vecchiaie, e la guardiania. Il disagio di un incontro, di un rapporto di routine, di una discesa in quel simulacro d’inferno. Un piccolo prezzo per una vita intera da vivere.
Con le adeguate cautele, si capisce. Nessuna amicizia, nessun amore. Niente convivenze e niente progetti. Nessuna condivisione, insomma. Ma se ci si concentra sul sangue e sulla pelle, sulla forza dei muscoli e sull’odore della carne, allora la ragazza rinnova la stessa scelta e accetta quello che le fu offerto tanti anni fa.
Quanti?
Nel buio, aspettando l’esplosione, la ragazza fa un breve calcolo. È sorprendente quante poche volte conti. Succede a tutti, per quel che sa degli altri: una delle regole non scritte e condivise è di mantenere al minimo i rapporti tra loro. Gli anni.
Millenovecentonovantuno.
Meno qualche giorno, in effetti. Da quando il Mostro, che ora chiama Padre e ancora le pare una verità e un’ironia, le prese il braccio.
Mentre l’antico ricordo si sta formando nella mente, la voce si materializza nel buio e con essa, come sempre è avvenuto, il chiarore che rende distinguibili i contorni delle cose e delle persone.
«Figli miei, mai è accaduto quanto accade ora. Mai il pericolo è stato così grande, mai la vostra stessa esistenza è stata tanto in discussione. I Luoghi che sorvegliate, tutto quello che di sacro ha animato la vostra lunga vita, possono essere violati.»
Non è stata un’esplosione di rabbia, come la ragazza si aspettava. Non è stato il tuono orribile, naturale e innaturale nello stesso tempo, che ti strappa il senno dall’anima e ti riduce a un tremolante ammasso di lacrime e terrore. Il tono è piatto e consapevole, come se dicesse di un dolore privato e riservato.
Nessuno fiata.
La voce riprende, come sempre gutturale e profonda: «Ippolita,
sacerdotessa di Diana e devota alla Dea Terra, conoscitrice di
spezie e janara, non è più tra noi. È
morta».
Il concetto stesso è aberrante, rivoltante, distruttivo. È capitato altre volte, incidenti, omicidi, casualità; ma nulla negli ultimi due secoli, e non all’indomani della Rinascita. La ragazza avverte un lungo brivido. Ricorda la janara, una donna un po’ tarchiata, con gli occhiali, schiva. Come tutti loro, forse.
Una voce maschile alla sua sinistra mormora: «Com’è stato, Padre? Di sua stessa mano, o…».
Il fantasma del suicidio, pensa la ragazza. Come talora è accaduto, nel remoto passato. L’immortalità è un peso enorme da portare.
«No, Chrestos. È morta nello stolto, folle tentativo di alterare la linea della Mappa. Peraltro una linea principale. Tentativo che, come potete ben capire, non ha alcuna possibilità di riuscita ma è solo una feroce, bestiale prevalenza della paura sull’anima stessa.»
Le parole sono oscure, pensa la ragazza, ma quello che conta è l’assurdità del gesto.
La voce sorda continua, come leggendole nel pensiero: «Mi accorgo di essere stato forse poco chiaro nell’espressione, figli miei, nel nostro precedente incontro; e la morte di Ippolita mi ha indotto a ricordarvelo, come mai in passato è accaduto. Devo parlarvi di questi quattro esseri mortali che, come risulta chiaro ormai, costituiscono la più grave delle minacce per i Guardiani».
Secoli interi in cui i comandi sono stati limitati a due, tre parole al massimo, e ora addirittura una conferenza. Ha visto comminare terribili punizioni senza aver sentito nulla, quindi capisce che anche solo il pensiero può essere pericoloso. La ragazza inizia a recitare tra sé le formule dei Misteri Eleusini, e il contenuto del Canestro: la pigna, il serpente e l’uovo. La pigna, il serpente e l’uovo. La pigna, il serpente e…
Il Padre ricomincia, e di nuovo le sue parole sembrano pietre pesanti che rotolano sul legno: «Se volete arrivare al prossimo Rinnovamento, dovrete fare in modo che nulla, nulla dei movimenti e delle iniziative dei quattro esseri mortali in prossimità dei Luoghi di vostra guardiania possa avvenire senza che ve ne accorgiate. Nulla. Nel raggio di cento piedi dai Luoghi, e se possibile anche di più, dovrete conoscerne le mosse».
Di nuovo una voce maschile, stavolta alla destra della ragazza: «Padre mio, solo quando sono insieme? Talvolta si separano…». La voce tace, sciogliendosi nel terrore di aver troppo osato.
Il Padre invece risponde con lo stesso tono: «Anche separatamente, nulla dovrà sfuggire. Stando a quanto mi è stato comunicato, in questo momento la ragazza più giovane non è in città. Gli altri invece, secondo i calcoli, potrebbero tentare di avvicinare uno o più Luoghi. E principalmente il Luogo sacro sin qui guardato da Ippolita, che quindi dovrà essere subito sostituita».
Poi, all’improvviso, la massa oscura incappucciata e incoronata dal lieve bagliore si muove. Si contano sulle dita di una mano sola le volte che è accaduto in passato; normalmente le luci si palesano quando lui è già sul punto da cui parlerà, e scompaiono quando ha finito. Anche se tutti, singolarmente, ne hanno fin troppo chiara la memoria, insieme non ne hanno quasi mai percepito il movimento.
Stavolta si sposta, con fluida agilità nonostante il vasto volume, e si ferma proprio vicino alla ragazza. Il cuore le si ferma, e solo la lunghissima abitudine al controllo di sé le consente di non balzare in piedi e darsi a un’inutile, vertiginosa fuga verso l’ignoto alla ricerca di aria e di cielo.
Il Padre allunga un braccio, o quello che è. La ragazza si sente sfiorare la testa con un tocco delicatissimo e nel contempo ruvido. Nonostante la carezza, lei percepisce un’immane forza trattenuta. I polmoni dolorosamente reclamano aria, che tuttavia non ha il permesso di entrare. Non ancora.
Il silenzio che segue è carico di tensione. Poi: «Amatia, sacerdotessa di Cerere Attica, Pura e Consacrata, Depositaria dei Misteri: sarai tu a vegliare, oltre che sul tuo Luogo, su quello di Ippolita. Lo conosci, vero?».
La ragazza mormora, calma: «Sì, Padre mio. Lo conosco».
«Bene. Nel frattempo valuterò se destinare un altro al tuo posto o lasciare a te la custodia di entrambi.»
Alla ragazza, di nome Amatia, il cuore batte più forte. Maggiore l’importanza della funzione, più forte la garanzia della sopravvivenza. Ma più alto, enormemente più alto, il rischio.
Nel silenzio del proprio cuore, Amatia si pone la medesima domanda che, ne è certa, si stanno ponendo tutti quelli in ginocchio nella semioscurità: se il rischio è così enorme, non avrebbero fatto meglio a organizzare lo stesso piano della janara, ma che svolto insieme avrebbe avuto la certezza di una riuscita? Non sarebbe stato preferibile uccidere i quattro esseri?
Il Padre annuncia: «Ora andate. E riferite con immediatezza ogni evento, anche quello che sembra meno importante. Ricordate che tutto quello che avverrà, e anche tutto quello che finora è avvenuto, dipenderà dalla vostra capacità di fronteggiare questa situazione».