XLIX

Mai. Mai l’hanno visto così, in tutto l’enorme tempo, in tutto il corso immenso delle epoche che hanno attraversato.

Ovviamente non sono quelli dell’inizio. È accaduto che ci siano stati dei morti, e delle sostituzioni; ma per la maggior parte si è trattato di volti in penombra, di movimenti a stento intuiti nel buio, di voci che sussurrano nel tufo. E forse di incroci per strada, di sopra, sotto il cielo, un pensiero folle occhi negli occhi per un attimo, chissà se sei tu, ma se sei tu meglio non dirsi nulla, meglio non far domande, non sapere. Perché se sei tu, quello che abbiamo in comune è troppo assurdo e pesante per essere condiviso e perché la prima regola è non immaginare nemmeno di poter fare un pezzo di strada insieme.

I Guardiani non sanno molto. La loro sopravvivenza a tutto, alle persone, all’amore, all’esistenza, dipende da questo. Non sapere molto. Quasi niente. E non avere contatti tra loro, e col resto della gente, quella che passa, quella che muore, rapporti solo occasionali. I Guardiani hanno un compito. I Guardiani devono salvaguardare i Luoghi.

E il Padre, pensa Amatia mentre osserva in piedi, lei che è sempre stata in ginocchio, quello che mai ha visto, gli ha dato il compito. E la vita perenne.

Ha appena riferito quello che sa, Amatia. Il Padre le ha chiesto di parlare a tutti. L’ha collocata al suo fianco, in piedi, in una prospettiva che né lei né altri, a sua antica memoria, hanno mai avuto. Ha fatto andare gli occhi attorno, gli archi scavati nel tufo da artigli di bestie la cui specie è estinta, nicchie in ognuna delle quali adesso c’è una figura in ginocchio di cui si intravede la sagoma.

Quando ha finito di raccontare, con voce ferma e calma, il Padre ha avanzato fino al centro dello spazio che tra sé Amatia chiama “la Piazza”. È rimasto in silenzio, le braccia coperte dal suo largo saio e aperte a croce, il cappuccio ampio a dare ombra al volto. Qualcuno, a disagio, si assesta meglio; la maggior parte dei Guardiani tace ripiegata sulle ginocchia, nel timore dell’esplosione del ruggito che spacca i timpani e l’anima.

Poi il Padre comincia: «Figli miei, devo dirvi di questo momento. Ho sperato di non dovervene parlare, di lasciarvi alla pace della vostra sorveglianza e all’attesa del nuovo ciclo; ma non posso. Avete avuto notizie di Ippolita, della sua assurda follia, e della sua morte. Avete ascoltato Amatia, il racconto di ciò che ha sentito. Voi sapete che i Luoghi ai quali siete preposti sono sacri: in essi avviene il Rinnovamento, che vi dà una nuova vita; ma la vita è solo un aspetto, il minore, dell’importanza immensa dell’emissione che avviene dopo trenta rivoluzioni di questo pianeta attorno alla sua stella. Per voi, figli miei, è la conferma di quanto credete, del vostro ormai antico sacerdozio, e in un certo senso è proprio così. E come vi avevo anticipato, in occasione dell’ultimo Rinnovamento prima di questo dei giorni scorsi, i tempi sono profondamente più rischiosi. È stato facile finora salvaguardare i Luoghi, per intere ere il rischio maggiore è stato che un pastore si rifugiasse con le sue pecore al riparo di un tempio in rovina, o che un ladro in fuga si nascondesse proprio là dove avviene il Rinnovamento: ma adesso la città ha altre densità, altre profondità, e la possibilità di invasioni è ben maggiore, e io capisco che l’istinto e la consapevolezza dell’importanza della vostra guardiania vi suggeriscono l’opzione della violenza e della morte».

Dalla sua posizione, Amatia si rende conto che il Padre sta facendo un enorme sforzo per simulare calma nel proprio sermone. Ne percepisce la vibrazione, il tuono che rotola lontano in quell’immenso torace. In qualche strana maniera, la cosa la terrorizza ancora di più. Vorrebbe inginocchiarsi ma non ne ha il permesso.

Il Padre continua: «Noi non uccidiamo. Sarebbe la via più facile, me ne rendo conto; ma noi non uccidiamo. L’alterazione delle linee delle Mappe sarebbe, come più volte vi ho detto, un evento potenzialmente più grave di qualsiasi eventuale beneficio derivato dalla rimozione violenta di una minaccia. Per questo la fine di Ippolita è forse il male minore, rispetto a quanto stava per provocare la sua follia. Voi, figli miei, siete sterili, come sapete. Siete un vicolo cieco delle Mappe, un’appendice inutile a quei fini. Ma siete necessari per il compito che vi è stato assegnato. L’unico motivo per il quale sopravvivete, vi alimentate del Rinnovamento e non avete malattie di alcun genere è la sorveglianza dei Luoghi sacri».

Mentre parla comincia a camminare, ingobbito, le lunghe braccia in avanti quasi a sfiorare il suolo. Cammina veloce, sempre più veloce. Amatia, con un lungo brivido, sente su di sé il soffio dell’aria smossa.

Correndo agile e pesante, il Padre prosegue: «Questa è la vostra funzione, certo. Ma ancora più di salvaguardarli dalla violazione fisica, dall’ingresso inconsapevole di qualche inutile vagabondo, è importante difendere la conoscenza di cosa siano i Luoghi, di quello che a ogni Rinnovamento avviene là dentro, e perché. Questo segreto è messo a rischio dagli atti di violenza, che attirano indagini e sopralluoghi, esami scientifici e analisi. Ecco cosa più di tutto è da evitare».

Si ferma di botto, proprio dall’altra parte rispetto a dove Amatia sta in piedi a osservare. Solleva un braccio e con un ampio gesto gli fa compiere un arco corrispondente a un semicerchio. Dall’ombra inginocchiata nella nicchia si stacca una sfera che rotola in mezzo allo spazio, senza rumore.

Un urlo trattenuto parte da qualcuno. Tutti si piegano riducendo la propria ombra. Amatia non resiste e cade in ginocchio.

Con lo stesso tono di prima, ora il Padre parla rivolto al corpo decapitato davanti a lui: «Aristarchos. Aristarchos, figli miei, ha ucciso, provocandone l’arresto del cuore, il custode del parcheggio che accoglie il suo Luogo sacro. Ho già provveduto ad assegnarne la sorveglianza a un altro dei miei figli. Noi non uccidiamo, ma voi siete dei vicoli ciechi delle Mappe. Siete sterili. E così, proprio voi che siete resi immortali dal Rinnovamento potete morire senza conseguenze. Ricordate questo paradosso, quando vi viene in mente di prendere iniziative come quelle assunte da Ippolita o da Aristarchos».

Poi torna al centro della Piazza, spostando col piede la testa di Aristarchos.

«Il prossimo Rinnovamento, tra trenta rivoluzioni, sarà decisivo. Da esso dipenderà la sorte dell’intero genere umano. Da esso e da quanto sarete, saremo capaci di tenere nascosta la natura dei Luoghi sacri. Da oggi, da questo istante, il vostro compito sarà più importante di quanto sia sempre stato. Cercate e trovate la ragazza. Seguite l’uomo, il giovane e la donna. Difendete in ogni modo i Luoghi, e la conoscenza. Riferite costantemente ad Amatia, in deroga immediata alla regola di non incontrarvi e di non parlarvi. Sarai tu, sacerdotessa di Cerere, a riferire a me.»

E se ne va, nell’aria di nuovo ferma.

Amatia sente l’anima pesante per il nuovo compito.