XI
E poi naturalmente ci sono le somiglianze.
Nulla di più normale, se ci pensa. Ogni bambino assomiglia a qualcuno, ricorda qualcun altro, ha le caratteristiche di qualcun altro ancora. Sono piccoli messaggi genetici che arrivano, a volte, da molto, molto lontano; e si combinano in maniere strane, accendendo circuiti e attivando elementi che dormicchiano, in un angolo del DNA, da tempo immemorabile.
Queste somiglianze, che si notano con un sorriso e una carezza alzando il bambolotto controluce, possono diventare una deflagrazione insostenibile, un evento in grado di far esplodere il mondo intero.
Starà pensando che le mie sono farneticazioni, e invece sto offrendo una chiave di interpretazione di ogni cosa. Rifletta: un soldato che appartiene a un esercito d’invasione incontra una contadina, e la stupra. Nessun amore, nessun corteggiamento. Solo furia cieca, desiderio oscuro, voglia animale. Ma quel seme è forte, aspro e attaccato alla vita, per cui supera l’odio e l’infamia e diventa un fattore.
Quell’aggressiva combattività, la nostalgia di un luogo lontano, l’attitudine a una musica o semplicemente la natura omicida. Qualcosa che se ne sta acquattato nell’ombra dei secoli e delle generazioni, man mano che il popolo della contadina si evolve e diventa colto e raffinato, man mano che si alternano poeti e musicisti, fino a quando quel sottile dimenticato gene si fonde con quello di un filosofo speculativo e dà luogo, finalmente, dopo tanti chilometri e secoli, a un politico espansionista e assolutista.
E parte un nuovo esercito, alla conquista di un’altra terra. Dove un soldato troverà una contadina.
Vede, ci sono strutture temporali così complesse che ci vorrebbe una macchina molto potente per decifrarle. E ancora più potente dovrebbe essere la macchina in grado di costruire le possibilità e calcolarne la portata. Si fa così, per dire.
E poi le somiglianze, i messaggi del lontano passato, si mischiano con le circostanze. Una qualità che interviene in un tempo sbagliato è inutile, e si deve ricominciare daccapo. Immagini, per esempio, un grande campione di questo vostro gioco di adesso, questo sull’erba col pallone. Lo immagini nato nel Medioevo, o nell’America precolombiana. Uno in grado di esaltare centinaia di migliaia di persone in uno stadio, di diventare ricco ogni oltre possibilità, di avere donne e case e ammirazione e amore, che invece muore ammazzato in un angolo di strada per aver rubato da mangiare. E magari senza avere avuto figli, senza aver potuto trasmettere il suo piccolo messaggio di talento al di fuori della propria breve, inutile vita fino a quando quel frammento sarebbe finalmente tornato utile a qualche epigono. E così per la musica, la pittura, la matematica; e per ogni opportunità che il futuro ignoto riserverà, o dovesse riservare.
Insomma, siete tutti in cammino da un punto di partenza a un punto di arrivo. E certe anse di questo immenso fiume possono essere abbreviate, saltate, risolte. Alcune curve possono essere cancellate da scorciatoie.
Voi lo siete. Io no, perché com’è ovvio, non posso generare.
Però posso stare a guardare, no? E magari divertirmi a valutare queste curve e questi percorsi, che a volte conviene abbreviare e a volte allungare.
Stare a guardare, capisce?
Come con questo meraviglioso panorama.
Starsene fermi a guardare.