LVII

Lisi aguzza gli occhi ma continua a non essere in grado di distinguere i tratti della persona seduta dall’altra parte del tavolo. Sta di profilo e fissa la grande finestra dalla quale entra la luce lattiginosa del panorama innevato, con le cime nere delle conifere che si agitano pigre nella neve incessante.

È sicuramente enorme, non c’è dubbio. Porta una specie di camice o saio, la manica che scende dritta fino al piano del banco, un cappuccio ampio che ne copre il profilo. C’è qualcosa di sbagliato nelle proporzioni, come se la spalla fosse stretta, come se il braccio largo fosse attaccato alla base del collo, con un minimo intervallo. Ma è buio, non si capisce.

A un certo punto, con un vivido lampo di coscienza, Lisi si accorge di trovarsi in una condizione mentale strana. Si sente quasi ottusa, ovattata, ubriaca: eppure è del tutto cosciente e consapevole, come non è mai stata. E continua a non aver paura, anche se tutto quanto di razionale conserva le urla il contrario.

E con la stessa acuta consapevolezza si rende conto di altri due importanti fattori: quello che l’essere le sta raccontando le pare logico e in qualche modo prevedibile, pur nell’assurdità del senso; e il flusso che le sta arrivando da un tempo che non è in grado di definire non è costituito da parole, ma da pensieri. Immagini, connessioni, concatenazioni, più luce che frasi.

E poi arriviamo a lei, signorina. A lei e alla città in cui vive.

Perché, ma so che se n’è resa conto da tempo, il suo ruolo nello sviluppo degli eventi è assolutamente centrale.

Ci sono forze diverse in campo, come credo di averle spiegato. Non c’è dubbio sulla fine del processo, perché è implicito nella stessa esistenza della specie umana. È il perché, la radice di quella che avete cominciato da poco a chiamare evoluzione. È paradossale e in qualche modo divertente che quello che ha ritardato più e meglio questa consapevolezza, e cioè il complesso delle religioni, sia proprio la più diretta emanazione del mito che più si avvicina alla verità: un dio venuto dall’alto che plasma l’umanità a sua immagine e somiglianza. Ma questo credo lo sappia bene, no? I suoi studi possono raccontarlo meglio di come possa fare io.

E allora, se l’esito è certo, a che serve questa battaglia? A che serve questo posto, e cosa fanno tutti questi scienziati che lavorano nella prigione che io stesso, con l’aiuto dell’unico amico che abbia mai avuto, mi sono costruito?

Prima di tutto, il tempo. I nostri interventi hanno regalato centinaia di anni di libero arbitrio, usato per la maggior parte delle volte male, questo è sicuro; ma non crede che sia orribile dover rinunciare all’autodeterminazione? Non crede che la specie abbia il diritto di sopravvivere più a lungo possibile conservando quella parte di sé che è terrestre? Noi crediamo di sì. Lo crediamo con tutto il cuore e l’anima. E quindi cerchiamo di porre fine alle linee delle Mappe, per quanto riusciamo a venirne a conoscenza. Siamo, per far riferimento a uno schema ideologico che può comprendere, una frangia di resistenza. Non violenta. Non ammazziamo la gente, noi: nemmeno quella che sarebbe molto comodo togliere di mezzo brutalmente.

Sa perché non lo facciamo? Perché è inutile. Lo abbiamo verificato, perché ci abbiamo provato innumerevoli volte in epoche antiche. Intuivamo in modo grossolano dove le Mappe portavano, e tagliavamo le linee. Ma, come dite voi, non si possono fare operazioni chirurgiche con una scure. Gli strumenti andavano migliorati, raffinati; e così ci siamo dati da fare.

Ora, sappiamo da molto tempo che alcuni Luoghi rivestono importanza particolare; non è il caso che lei ne conosca nel dettaglio i motivi, non abbiamo abbastanza tempo. Ma l’intuizione di suo zio abbrevia il corso della linea della Mappa di svariate migliaia di anni. È stato difficile depotenziarla, i nostri specialisti sono stati bravi a metterlo in ridicolo. Hanno continuato a farlo anche di recente, inviando un certo articolo; ma possiamo ritardare, non risolvere, purtroppo.

Non è un caso che certe città siano così antiche. Che i culti, le religioni si siano concentrate sempre negli stessi Luoghi, che con l’alternarsi delle civiltà siano rimasti quelli i posti dove la comunità si riuniva a celebrare i suoi riti. Posti dove si sacrificavano animali e bambini, dove si aspettava insieme il sorgere del sole e dove si banchettava. Non è un caso.

In quei Luoghi si riceve. C’è un flusso di energia che arriva, quando c’è un determinato allineamento e quando non ci sono elementi in contrasto, che rinnova. Ma che comunica.

La sua città riceve, più di ogni altra. Perché ha il fuoco sotto, e nonostante vi abbiamo fatto credere dall’inizio del tempo che il fuoco sottoterra è il Male Assoluto, è la rappresentazione della dannazione, per tenervi lontani, e nonostante quei Luoghi siano difesi da Guardiani inconsapevoli e determinati, strumento di quella violenza che noi non possiamo usare, il genere vi si è stabilito e anzi vi si sedimenta, attratto senza coscienza proprio dal flusso che ristabilisce un contatto con la sua stessa ignota origine. L’idea dell’Inferno, che abbiamo così fortemente costruito, ha in sé l’eterno Paradiso: il ricongiungimento dell’uomo con chi lo ha creato.

E lei, proprio lei, chiude una delle principali linee concepite dalla Mappa. Che è viva e reale, proprio come lei. Proprio come me.

Quando finiremo di parlare, in questo strano, assurdo modo, lei non ricorderà molto di quanto le ho rivelato. Ma qualche frammento rimarrà, il seme di una coscienza che con tutto il cuore spero di aver risvegliato. Quella parte che conosce la terra perché dalla terra è nata, quella parte che si è abituata a immaginare come animale, e che invece è la più autentica, si chiederà cosa è meglio fare. Come comportarsi.

Sarà cruciale il suo comportamento nei prossimi anni, e quello dei suoi amici, di chi la circonda. Conterà l’amore, conterà l’amicizia. Conterà la mente, e ancora di più conterà il cuore.

Conterà la sua città, il fuoco che le scorre sotto, il cielo che aspetta sopra. La partita, il confronto, si giocherà là.

Se sopravvive, sarà lei l’oggetto dello scontro.

Se non sopravvive, sarà un’altra, la linea della Mappa. Ma il terreno sarà lo stesso.

Non so se saremo mai più così vicini. Ma una parte di lei si ricorderà di me. Come una parte di me la conserverà dentro, quanto nemmeno può immaginare.