I

Il panorama. La vista.

Forse, sa, la differenza è tutta lì.

Lo penso spesso, anche quando mi ritrovo a cercare di ricostruire ogni cosa, a scavare nei dati e a elaborare la miriade di notizie e di numeri. Per capire il cammino che è stato fatto e quello che resta da fare. Quando mi chiedo il perché, anche se Dio sa quanto e come io cerchi di evitare di pormi questa terribile domanda.

Quello è uno schermo, ovviamente. Lo so, sembra una grande finestra, ma è uno schermo. È là da molto tempo, non voglio nemmeno dirle da quanto, perché non mi crederebbe. O forse sì; dimentico spesso che lei è speciale. Forse lei mi crederebbe.

Comunque è uno schermo. Ha una definizione assoluta, quindi di fatto è indistinguibile da una finestra. E ha di buono che si può scegliere di guardare un po’ in giro, diciamo così. Una specie di circuito aperto, ma non per sorvegliare. Per guardare. Solo per guardare.

Il panorama.

Io preferisco tenere l’immagine sull’esterno, proprio sul luogo in cui ci troviamo. Non cerchi riferimenti, non ce ne sono. Neve, alberi. Quelle cime in fondo, le uniche più alte nei dintorni. Il cielo, le nuvole. Qualche animale che si avventura a scovare qualcosa da mangiare. Non succede molto. Eppure si starebbe a guardare per ore, no? Perché mentre si guarda, la mente trova pace, e comincia a scavare nel suo stesso interno arrivando a profondità impossibili anche solo da concepire.

Il segreto delle scoperte più incredibili. L’evoluzione di ogni scienza, la scintilla di ogni arte. Il principio basilare di tutte le religioni, anche se poi, come immaginerà – e chi meglio di lei, d’altronde, può farlo – arrivano sempre ad altre conclusioni. È così semplice, eppure nessuno mai l’ha detto. Il segreto, una cosa così semplice. Mettersi a guardare, e liberare la mente.

Sa, forse le ho detto già tutto. Forse è tutto là. Il panorama.

Solo noi. Siamo gli unici. Non troverà altri animali sul pianeta che si fermeranno a scrutare l’orizzonte. Non troverà altri animali sul pianeta a osservare, gli occhi perduti dietro il bagliore rosso di una stella qualsiasi che cade di sera o che sorge di mattina. Non troverà altri animali sul pianeta che viaggiano per ore, magari giorni interi, per affacciarsi a un parapetto e sostare per un tempo indefinito che è un tempo di anima e di pensiero. Non ne troverà, perché non ne esistono.

Non è un caso, sa, che via via che andiamo avanti verso la fine sentiamo aumentare l’incanto e la nostalgia. Sono due lati in lotta, diciamo; e man mano che, inevitabilmente, uno dei due prevarrà, l’altro andrà spegnendosi piano e lascerà una scia di eventi indecifrabili.

Per cui io passo qui la maggior parte del tempo. A guardar cadere la neve, a lasciar volare le idee in quel cielo così assurdo.

Così assurdo.