LIX
Il Padre sta fermo, inquadrato nell’arco, la luminescenza alle sue spalle che ne delinea i contorni. Sta fermo e attende fino a quando ritornano i Guardiani che hanno trasportato i corpi dei due umani nel posto in cui potranno essere trovati.
Amatia sta al suo fianco e attende di ascoltare. Dentro di sé, dietro lo schermo che nel tempo e secondo la cura della propria capacità naturale è riuscita a erigere per proteggersi dalla mente del Padre, pensa che l’uomo che si è arrischiato fino quasi ai loro Luoghi è davvero interessante.
Contrariamente agli altri Guardiani, Amatia ha dei segreti. Li ha sempre avuti, fin da quando è stata reclutata dal Padre duemila anni prima, e continua ad accumularne, un po’ alla volta. Crede che sia proprio per la sua capacità, quella di alzare un muro nella mente, un doppiofondo, un locale segreto nel quale nascondere pensieri, passioni e sentimenti, che è diventata a poco a poco la sua preferita tra tutti. Che le vengono assegnati i compiti più speciali. Crede sia per questo che prima o poi avrà accesso alla stanza segreta, dove il Padre si ritira quando non li incontra; dove, ne è certa, è conservato il segreto della definitiva immortalità, quella che non ha bisogno di sottoporsi al Rinnovamento e che prescinde dall’essere un Guardiano.
Amatia sa da molto tempo che il Padre ha la facoltà di leggere nel pensiero. Sorride tra sé all’idea che gli altri Guardiani, per la maggior parte rozzi barbari che nel corso dei secoli sono rimasti poco più che animali, pensino che abbia facoltà sovrumane. No. Quell’essere spaventoso ha l’unica capacità di leggere nelle teste altrui. Ma siccome lei, Amatia, ha la dote di riuscire a difendere i propri pensieri, il rapporto tra loro è più paritetico di quanto si possa immaginare. È come far credere che l’intera casa in cui si abita è costituita da una sola, angusta stanza arredata con semplicità; e poi aprire un passaggio segreto ed entrare in un altro, immenso ambiente pieno d’oro e gioielli. Una stanza del tesoro.
È dove Amatia conserva le letture, la musica, i piaceri. La lussuria. È dove Amatia, da duemila anni, si gode appieno il beneficio della permanente rinnovabile gioventù continuando a sembrare un’ascetica, parca e fanatica sacerdotessa di un culto morto da epoche immemorabili, al quale ha peraltro aderito solo per convenienza.
Ora, col Rinnovamento appena avvenuto, si sente di nuovo piena di vita e di energia. Se dovesse dire cosa le ha pesato di più di tutta la faccenda, oltre a non potersi allontanare da quella città, sarebbe di non poter urlare a chiunque quanto sia bello ringiovanire. Il giorno prima sei una vecchia piena di acciacchi, usurata nel corpo e nell’anima dai giorni e dalle notti passati con forza decrescente, e il giorno dopo balzi addosso al mondo con l’energia di una belva.
Naturalmente c’è da stare attenti. Nessuno dei Guardiani conosce il volto di tutti gli altri, e non sai mai in chi ti puoi imbattere; il Padre, poi, nelle menti degli altri legge senza sforzo e può sempre fare delle scoperte sbagliate. Così come salvaguarda le vite caduche e insignificanti dei mortali, non perde tempo a eliminare a cuor leggero chi di loro si macchia di qualche colpa. “I vicoli ciechi delle Mappe”, così li chiama sprezzante. Chissà che accidenti vuole dire.
È ben basso il prezzo, pensa Amatia, da pagare per la gioventù. Tenere d’occhio un posto dove non succedeva proprio niente. Ora, per la verità, con la morte di quella stupida janara, i posti sono due, da controllare: ma ancora è ampiamente facile, e l’essere stata scelta per la provvisoria sostituzione costituisce la garanzia della duratura preferenza del Padre nei suoi confronti.
Amatia si chiede se è per il recente Rinnovamento che ha provato tutto quel calore nel ventre alla vista del mortale. Marco, pensa. Si chiama Marco. Troppo bello per quella celtica slavata che lo accompagna, e che gli ha messo gli occhi addosso. Le sarebbe dispiaciuto se il Padre, fingendo disinteresse, avesse autorizzato implicitamente qualche assassino a ucciderlo. Invece, per fortuna, l’ha fatto addirittura arrivare a poche centinaia di metri dal luogo delle riunioni. Deve essere speciale, Marco: e questa, pensa Amatia, è un’informazione interessante.
Nel frattempo lo accoglierebbe volentieri nel suo letto. Le ricorda, o meglio ricorda al suo corpo di nuovo giovane i due migliori amanti che abbia mai avuto: Curtius e Filippo. Ma dall’ultimo sono passati quasi trecento anni.
Amatia è molto curiosa del perché quel Marco e i suoi compagni siano tanto importanti per il Padre.
Mentre ci sta pensando arrivano trafelati i quattro Guardiani che hanno riportato i corpi inanimati in superficie. Si dispongono in ginocchio ai loro posti, chiudendo il cerchio.
A quel punto il Padre si fa avanti e parla: «Figli miei, avete assistito a qualcosa che mai era accaduto: è stato consentito l’accesso fino al limite del territorio sacro a due persone che non fanno parte del gruppo dei Guardiani. Gli è stato consentito anche il ritorno alla vita in superficie, e anche se la loro mente è stata opportunamente annebbiata nel ricordo e la riservatezza è salvaguardata dal fatto che nessuno crederebbe a un loro eventuale racconto, resta la certezza che essi sanno della nostra esistenza. E questo costituisce un rischio enorme per tutti noi».
E allora perché non li hai ammazzati?, pensa Amatia chiusa nella stanza riservata della propria mente.
Il Padre continua: «È stato necessario. Quegli umani rappresentano uno snodo importante delle linee delle Mappe, ed è stato prescritto che fossero risparmiati. Io però vi ordino di anteporre la sorveglianza di questi personaggi a ogni altro compito, fatta salva naturalmente la guardiania dei Luoghi che vi sono stati assegnati. Perciò sarà costituita una squadra libera dai compiti di ronda delle zone dei Luoghi, che comunque al prossimo Rinnovamento godrà dell’energia ma che nel frattempo dovrà pensare a seguire ogni movimento di quegli umani. La sorveglianza dovrà essere costante, notte e giorno, e dovrà comprendere l’infiltrarsi nelle attività quotidiane. Questi elementi saranno Uthmos, Chrestos e Savia».
Peccato, pensa Amatia con un po’ di malinconia. Sarebbe stato un interessante diversivo, e un’occasione fantastica per mettersi in mostra e per provare le capacità amatorie dell’umano, dimostrandogli com’è una vera donna.
Il Padre conclude, secco: «Tutti e tre saranno agli ordini di Amatia, che riferirà a me direttamente».
Un tuffo di contentezza nel cuore, ma nemmeno un muscolo in movimento. Amatia resta col viso rivolto al suolo e mormora: «Sì, Padre».
La grossa figura scompare con un lieve spostamento dell’aria.
La donna sorride verso il terreno.