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«Svegliati, amore mio.»
Quando
una voce profonda le penetrò nell’orecchio, Layla aprì gli occhi di
scatto e si raddrizzò sulla sedia… trovandosi faccia a faccia con
Xcor.
«Sei
vivo!» esclamò. Poi però vide tutti i fili e il tubicino della
flebo che erano stati staccati e adesso gli penzolavano addosso.
«Cosa diavolo fai giù dal letto…»
«Shhh»
fece lui. «Vieni.»
«Cosa?»
«Andiamo via.»
«Co…»
Lui
annuì e si raddrizzò. Era tutto coperto di bende, ancora in camice
da ospedale e pallido come un fantasma, ma il suo sguardo lasciava
intendere che non avrebbe sentito ragioni.
Sarebbero usciti e basta.
«Dove
andiamo?» gli chiese, alzandosi in piedi.
«Al
ranch. C’è un’auto che ci aspetta.»
«Ma non
dovresti restare qui dove ci sono dei medici…?»
«Voglio
restare da solo con te. Sei l’unica cosa di cui ho
bisogno.»
Sotto
il suo sguardo lei si sentì pervadere dall’amore. «Sei vivo, non
riesco a crederci.»
«Grazie
a te. Sotto moltissimi punti di vista.»
Un
breve flashback di lei e Tohr che gli praticavano il massaggio
cardiaco e la respirazione bocca a bocca la lasciò senza parole, ma
non senza la capacità di fargli da stampella fino alla
porta.
Il
corridoio era deserto; solo un doggen armato di secchio e
straccio, intento a lavare via le macchie di sangue, attestava la
presenza di feriti.
«Dove
sono andati i tuoi soldati?» chiese lei, mentre si avviavano al
parcheggio. «Per quanto ho dormito?»
«Per
ore, amore mio. Loro sono stati tutti curati e dimessi. Manca una
mezz’ora all’alba.»
«Se la
caveranno?»
«Sì.
Tutti quanti, e anche tutti i Fratelli. Il personale medico qui è
fenomenale.»
«Oh,
grazie a Las…» Layla si interruppe bruscamente. «Grazie al cielo.
Al destino. A tutto.»
Fu
allora che notò una figura ritta in fondo al corridoio, vicino
all’uscita. Avvicinandosi, riconobbe Tohr.
Quando
alla fine si fermarono davanti al Fratello, i due guerrieri si
guardarono in silenzio. Fu allora che le somiglianze tra loro le
saltarono agli occhi. Stessa altezza, stessa corporatura, stessa
mascella… e quegli occhi.
«Grazie
di avermi salvato la vita in quel vicolo» disse brusco
Tohr.
«Grazie
a te per aver salvato la mia su quel tavolo operatorio» disse
Xcor.
Accennarono entrambi un sorriso, poi tornarono
seri.
Layla
si sentì gelare – e quel gelo si intensificò quando Xcor si staccò
da lei per appoggiarsi a suo fratello.
Quando
i due guerrieri si abbracciarono, lei realizzò con terrore… che
ormai c’erano arrivati: quello era l’ultimo giorno che lei e Xcor
passavano insieme. Ecco perché lui era così deciso a lasciare la
clinica ed ecco perché Tohr li stava aiutando.
E
perché la guardò con tanta compassione quando i due fratelli si
sciolsero dall’abbraccio, facendo un passo indietro.
Tohr
spalancò la porta e attese, facendosi da parte.
Nessuno
parlò mentre lei e Xcor raggiungevano la Mercedes di Fritz. Anche
il maggiordomo aveva un’espressione grave quando scese dall’auto
per andare ad aprire loro la portiera.
Layla
si chinò e scivolò in fondo al sedile, seguita da Xcor; poi Fritz
chiuse lo sportello.
Xcor
abbassò il finestrino oscurato e alzò la mano mentre la macchina
veniva avviata… e Tohr ricambiò il gesto di saluto quando
partirono, in un addio indelebile come l’inchiostro nei volumi
delle Sacre scrivane, su al Santuario.
Non
deve andare per forza così, gridava lei nella sua testa. Possiamo
trovare una soluzione.
In
qualche modo possiamo…
Ma
sapeva di combattere una battaglia persa già sere prima, quando
Xcor aveva giurato fedeltà a Wrath ed era stato concluso l’accordo
per il ritorno dei Bastardi nel Vecchio Continente.
«Ho
sentito che sei stato molto coraggioso» sussurrò, abbassando lo
sguardo sulle proprie mani perché non osava guardarlo in
faccia.
«Non
proprio.»
«Me
l’ha detto Tohr.»
«È
stato generoso. Ma, ti dirò, i miei compagni hanno combattuto con
grande onore, e senza di loro la confraternita sarebbe stata
spacciata. Di questo sono sicurissimo.»
Lei
annuì, mordendosi il labbro.
«Amore
mio» sussurrò lui, «non nascondermi i tuoi occhi.»
«Se ti
guardo crollerò.»
«Allora
permettimi di essere forte anche per te, quando ti sentirai
mancare. Vieni qui.»
Malgrado le ferite se la tirò sulle ginocchia e la
strinse tra le braccia. Poi le baciò la spalla. Il collo… le
labbra.
Il
fuoco della passione, ormai così familiare, si accese di nuovo e,
quando Xcor la sollevò in grembo, lei spalancò le cosce per sedersi
a cavallo del suo inguine, lieta che il divisorio fosse alzato a
tutela della loro intimità.
Spostandosi con qualche difficoltà, abbassò i leggings da
una parte e levò di mezzo le mutandine, mentre lui alzava l’orlo
del camice.
«Starò
attenta» lo rassicurò, vedendo la sua smorfia di
dolore.
«Non
sentirò niente, a parte te.»
Xcor
tirò su l’erezione con la mano e lei scivolò adagio sopra di
essa.
«Amore
mio» sussurrò lui, gettando indietro la testa e chiudendo gli
occhi. «Oh, con te mi sento completo.»
Con
struggente delicatezza fece scivolare le mani sotto la sua
camicetta e le strinse i seni e lei prese a muoversi ritmicamente
sopra di lui, reggendosi al poggiatesta, le labbra sulle
sue.
Quando
l’auto cominciò a procedere a singhiozzo in corrispondenza dei
cancelli, un orgasmo triste e dolcissimo al tempo stesso la
travolse… portandosi via anche il suo cuore.
La loro
storia, appena iniziata, era già condannata a finire.