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Appena vide apparire Cormia, nel cortile, Layla
balzò immediatamente in piedi. «Dimmi.»
Lassiter se n’era andato già da un pezzo, svanendo in una
pioggia di scintille dorate e lasciandola sola col suo
terrore.
«Devi
andare giù subito» disse l’altra Eletta, agitata. «Hanno bisogno di
sangue e io ho già dato tutto quello che potevo. Resto io con i
gemelli.»
Si
abbracciarono e poi Layla partì, viaggiando in un baleno tra i due
regni e riprendendo forma davanti al palazzo della confraternita,
protetto da una fitta rete d’acciaio che le impediva di entrare
direttamente. Incurante del freddo salì di corsa i gradini
d’ingresso, spalancò il pesante portone del vestibolo e mostrò il
viso alla telecamera di sicurezza – trattenendosi a stento dal
mettersi a gridare, nell’attesa. Fu Beth ad aprirle.
«Oh,
grazie al cielo» esclamò la Regina abbracciandola forte. «Vai,
corri subito al centro di addestramento. Sono tutti
lì.»
Layla
si precipitò dentro, poi da sopra la spalla gridò: «È morto
qualcuno?».
«Non
ancora, ma, oh… corri, presto. Io devo aspettare Wrath per
riportarlo di nuovo giù.»
Layla
attraversò a tempo di record il tunnel sotterraneo che portava al
centro di addestramento… ma appena sbucò in corridoio si fermò di
colpo.
L’odore
di sangue era impressionante, così come il numero di vampiri stesi
a terra e variamente feriti e curati.
E non
erano solo Fratelli, tutt’altro… allineati spalla a spalla con i
membri della confraternita c’erano tutti quelli che dovevano essere
i soldati di Xcor… assistiti da Ehlena, l’infermiera, e da tutte le
altre Elette.
Mentre
senza dubbio Manny e la dottoressa Jane erano in sala
operatoria.
«Sono
qui» disse, a nessuno in particolare e a tutti al tempo
stesso.
Nella
sua mente stava gridando per sapere cos’era successo a Xcor, poiché
non lo vedeva e non riusciva a percepirne la presenza, il che la
atterriva.
Ciononostante andò dal primo ferito che incontrò,
tirandosi su la manica e tendendo il polso.
Lo
riconobbe. Era uno dei compagni di Xcor.
Zypher
scosse la testa. «Sono onorato, sacra Eletta. Ma non posso
attaccarmi alla tua vena.»
«Devi
farlo» disse lei con un filo di voce.
«Non
posso. Tu sei la femmina del mio capo. Preferisco morire piuttosto
che bere il tuo sangue.»
Una
delle sue sorelle si avvicinò. «Lo nutrirò io. Tu vai da
Rhage.»
Layla
seguì il suggerimento, offrendo la vena al Fratello. Dopo che
questi si fu nutrito a sufficienza e l’ebbe ringraziata, lei passò
al ferito seguente.
Ma era
un Bastardo che, a sua volta, scosse la testa rifiutando il suo
aiuto. «Non posso bere il tuo sangue. Sei la femmina del mio
capo.»
E così
di seguito per tutta la fila, finché Layla si concentrò solo sui
membri della confraternita senza neanche provare a convincere gli
altri.
Quante
ferite, alcune così profonde da lasciare intravedere parti
anatomiche che la terrorizzavano. Per tutto il tempo continuò a
preoccuparsi per Xcor e a pregare che nessuno morisse, in preda al
panico per ciò che aveva fatto Lassiter.
Stava
per passare a Phury, che aveva bisogno di un’altra vena tanto erano
gravi le sue ferite, quando si sentì afferrare per il
gomito.
Guardò
in su e vide Tohr, tetro. «Xcor ha bisogno di te.
Subito.»
Lei si
rialzò così in fretta che le venne il capogiro, tanto che Tohr
dovette aiutarla a risalire il corridoio.
«Saresti stata fiera di lui» disse il Fratello quando
giunsero davanti alla porta chiusa della seconda sala operatoria.
«È stato incredibilmente coraggioso, ed è stato lui a tirare fuori
Wrath di lì.»
«Veramente?»
«Sì. E
lo sa. Di lui e di me. Gliel’ho detto perché… perché no, che cazzo,
dopo una nottata come questa?»
Tohr
aprì la porta e Layla soffocò un’esclamazione. Xcor era sul tavolo
operatorio, col torace aperto e gli intestini in vista… ma
cosciente.
Girò la
testa, sforzandosi di sorridere. «Amore mio.»
Che
voce flebile e, oh, che brutta cera. Eppure cercò comunque di
tirarsi su a sedere.
«No»
disse brusco Manny, «così non va bene. Non puoi tirarti su mentre
ti sto ricucendo le viscere.»
«Non
guardare» le raccomandò Xcor. «Non guardarmi.»
In un
vivido flashback Layla rammentò che non aveva voluto spogliarsi
davanti a lei.
Corse
da lui e gli avvicinò il polso alla bocca. «Tieni. Bevi il mio
sangue.»
«L’abbiamo già fatto una volta» disse lui con una
smorfia, tossendo, «già una volta, quando stavo morendo. Dico
bene?»
«Due
volte, in realtà. E tutte e due le volte faceva molto freddo» disse
lei tra le lacrime. «Oddio, non morire. Non stanotte.
Mai.»
«Sei la
cosa più bella che abbia mai visto» disse lui. La vista gli si
stava annebbiando, la luce nei suoi occhi si spegneva a poco a
poco. «Ho condiviso il mio corpo con altre femmine, ma con te è
come se fossi tornato vergine perché non avevo mai dato a nessuno
la mia anima. Solo tu… solo tu mi hai conquistato. Sono
tuo…»
D’un
tratto, da una delle apparecchiature si levò un frenetico bip
bip.
«Qualcuno avvii subito la rianimazione
cardiopolmonare!»
Tohr si
avvicinò in un lampo. «Respira per lui! Rianimalo!» esclamò,
stringendo entrambe le mani a pugno.
Col
cuore che batteva all’impazzata e la sensazione di non riuscire a
reggersi in piedi, Layla sigillò le labbra di Xcor con le sue e gli
soffiò nei polmoni una grande boccata di ossigeno. Dopodiché Tohr
cominciò a pompare.
«Respira! Adesso!»
Lei si
chinò di nuovo e soffiò tutta l’aria che aveva nei
polmoni.
Ma gli
allarmi continuavano a suonare…
«Ancora!» gridò Manny, con le mani, nei guanti sporchi di
sangue, alacremente impegnate con ago e suture.