65
Appena vide apparire Cormia, nel cortile, Layla balzò immediatamente in piedi. «Dimmi.»
Lassiter se n’era andato già da un pezzo, svanendo in una pioggia di scintille dorate e lasciandola sola col suo terrore.
«Devi andare giù subito» disse l’altra Eletta, agitata. «Hanno bisogno di sangue e io ho già dato tutto quello che potevo. Resto io con i gemelli.»
Si abbracciarono e poi Layla partì, viaggiando in un baleno tra i due regni e riprendendo forma davanti al palazzo della confraternita, protetto da una fitta rete d’acciaio che le impediva di entrare direttamente. Incurante del freddo salì di corsa i gradini d’ingresso, spalancò il pesante portone del vestibolo e mostrò il viso alla telecamera di sicurezza – trattenendosi a stento dal mettersi a gridare, nell’attesa. Fu Beth ad aprirle.
«Oh, grazie al cielo» esclamò la Regina abbracciandola forte. «Vai, corri subito al centro di addestramento. Sono tutti lì.»
Layla si precipitò dentro, poi da sopra la spalla gridò: «È morto qualcuno?».
«Non ancora, ma, oh… corri, presto. Io devo aspettare Wrath per riportarlo di nuovo giù.»
Layla attraversò a tempo di record il tunnel sotterraneo che portava al centro di addestramento… ma appena sbucò in corridoio si fermò di colpo.
L’odore di sangue era impressionante, così come il numero di vampiri stesi a terra e variamente feriti e curati.
E non erano solo Fratelli, tutt’altro… allineati spalla a spalla con i membri della confraternita c’erano tutti quelli che dovevano essere i soldati di Xcor… assistiti da Ehlena, l’infermiera, e da tutte le altre Elette.
Mentre senza dubbio Manny e la dottoressa Jane erano in sala operatoria.
«Sono qui» disse, a nessuno in particolare e a tutti al tempo stesso.
Nella sua mente stava gridando per sapere cos’era successo a Xcor, poiché non lo vedeva e non riusciva a percepirne la presenza, il che la atterriva.
Ciononostante andò dal primo ferito che incontrò, tirandosi su la manica e tendendo il polso.
Lo riconobbe. Era uno dei compagni di Xcor.
Zypher scosse la testa. «Sono onorato, sacra Eletta. Ma non posso attaccarmi alla tua vena.»
«Devi farlo» disse lei con un filo di voce.
«Non posso. Tu sei la femmina del mio capo. Preferisco morire piuttosto che bere il tuo sangue.»
Una delle sue sorelle si avvicinò. «Lo nutrirò io. Tu vai da Rhage.»
Layla seguì il suggerimento, offrendo la vena al Fratello. Dopo che questi si fu nutrito a sufficienza e l’ebbe ringraziata, lei passò al ferito seguente.
Ma era un Bastardo che, a sua volta, scosse la testa rifiutando il suo aiuto. «Non posso bere il tuo sangue. Sei la femmina del mio capo.»
E così di seguito per tutta la fila, finché Layla si concentrò solo sui membri della confraternita senza neanche provare a convincere gli altri.
Quante ferite, alcune così profonde da lasciare intravedere parti anatomiche che la terrorizzavano. Per tutto il tempo continuò a preoccuparsi per Xcor e a pregare che nessuno morisse, in preda al panico per ciò che aveva fatto Lassiter.
Stava per passare a Phury, che aveva bisogno di un’altra vena tanto erano gravi le sue ferite, quando si sentì afferrare per il gomito.
Guardò in su e vide Tohr, tetro. «Xcor ha bisogno di te. Subito.»
Lei si rialzò così in fretta che le venne il capogiro, tanto che Tohr dovette aiutarla a risalire il corridoio.
«Saresti stata fiera di lui» disse il Fratello quando giunsero davanti alla porta chiusa della seconda sala operatoria. «È stato incredibilmente coraggioso, ed è stato lui a tirare fuori Wrath di lì.»
«Veramente?»
«Sì. E lo sa. Di lui e di me. Gliel’ho detto perché… perché no, che cazzo, dopo una nottata come questa?»
Tohr aprì la porta e Layla soffocò un’esclamazione. Xcor era sul tavolo operatorio, col torace aperto e gli intestini in vista… ma cosciente.
Girò la testa, sforzandosi di sorridere. «Amore mio.»
Che voce flebile e, oh, che brutta cera. Eppure cercò comunque di tirarsi su a sedere.
«No» disse brusco Manny, «così non va bene. Non puoi tirarti su mentre ti sto ricucendo le viscere.»
«Non guardare» le raccomandò Xcor. «Non guardarmi.»
In un vivido flashback Layla rammentò che non aveva voluto spogliarsi davanti a lei.
Corse da lui e gli avvicinò il polso alla bocca. «Tieni. Bevi il mio sangue.»
«L’abbiamo già fatto una volta» disse lui con una smorfia, tossendo, «già una volta, quando stavo morendo. Dico bene?»
«Due volte, in realtà. E tutte e due le volte faceva molto freddo» disse lei tra le lacrime. «Oddio, non morire. Non stanotte. Mai.»
«Sei la cosa più bella che abbia mai visto» disse lui. La vista gli si stava annebbiando, la luce nei suoi occhi si spegneva a poco a poco. «Ho condiviso il mio corpo con altre femmine, ma con te è come se fossi tornato vergine perché non avevo mai dato a nessuno la mia anima. Solo tu… solo tu mi hai conquistato. Sono tuo…»
D’un tratto, da una delle apparecchiature si levò un frenetico bip bip.
«Qualcuno avvii subito la rianimazione cardiopolmonare!»
Tohr si avvicinò in un lampo. «Respira per lui! Rianimalo!» esclamò, stringendo entrambe le mani a pugno.
Col cuore che batteva all’impazzata e la sensazione di non riuscire a reggersi in piedi, Layla sigillò le labbra di Xcor con le sue e gli soffiò nei polmoni una grande boccata di ossigeno. Dopodiché Tohr cominciò a pompare.
«Respira! Adesso!»
Lei si chinò di nuovo e soffiò tutta l’aria che aveva nei polmoni.
Ma gli allarmi continuavano a suonare…
«Ancora!» gridò Manny, con le mani, nei guanti sporchi di sangue, alacremente impegnate con ago e suture.