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Steso a letto, Qhuinn sentì bussare alla porta della sua stanza, ma non aveva nessuna voglia di alzarsi per andare ad aprire. Mancava ancora un’ora alla riunione nello studio di Wrath, dove con ogni probabilità si sarebbe beccato un cazziatone – e forse anche l’espulsione dalla confraternita, come era toccato a Tohr. Era riuscito a farsi una doccia e a vestirsi, ma era troppo a pezzi per fare qualunque altra cosa.
Tipo, non so, tentare di comunicare in maniera civile. O fare qualcosa di più che respirare. Bussarono più forte.
Qhuinn alzò la testa e scoprì le zanne, pronto a lanciare un vaffanculo…
… invece balzò in piedi.
Si precipitò alla porta e la spalancò neanche dall’altra parte ci fossero delle Girl Scout armate di moduli per l’acquisto dei loro famosi biscotti.
In corridoio c’era Blay, così appetitoso che veniva voglia di mangiarlo, tutto coperto di cuoio e di armi – che, guarda caso, era la tenuta in cui Qhuinn lo preferiva. Nudo integrale a parte.
«Ti spiace se entro?» chiese.
«Sì. Cioè, no, merda, figurati. Sì, entra.»
Cristo, che impedito… per la serie “poche idee, ma confuse”.
Blay chiuse la porta e quei suoi occhi bellissimi puntarono subito le culle.
«Vuoi vederli?» disse Qhuinn, facendosi da parte, anche se non era in mezzo ai piedi.
«Sì.»
Blay avanzò e, anche se era di spalle, Qhuinn sapeva che stava sorridendo mentre salutava prima uno e poi l’altro gemello.
Ma quando si girò di nuovo verso di lui, era tornato serissimo.
Ci siamo, pensò Qhuinn andando a sedersi sul letto. La risposta al resto della sua vita. Anche senza conoscerla nei dettagli, sapeva che gli avrebbe fatto parecchio male.
Blay infilò la mano nel giubbotto di pelle. «Questi non li voglio.»
Quando lo vide tirare fuori i documenti preparati da Saxton, Qhuinn ebbe un tuffo al cuore. Non aveva molto da offrire al suo compagno, a parte i suoi figli. Se Lyric e Rhamp non riuscivano a fargli cambiare idea, nient’altro ci sarebbe riuscito…
«Ti amo» disse Blay. «E ti perdono.»
Per una frazione di secondo Qhuinn non riuscì a decifrare le sillabe. E quando finalmente ci riuscì, si convinse di aver capito male.
«Te lo ripeto un’altra volta. Ti amo… e ti perdono.»
Qhuinn balzò in piedi e colmò la distanza che li separava più in fretta di un fiammifero che si accende. Ma venne bloccato prima di riuscire a baciare il suo compagno.
«Aspetta» disse Blay. «Devo dirti alcune cose.»
«Accetto tutto quanto. Qualunque cosa, tutto. Ci sto.»
«Bene. Allora devi aggiustare le cose con Layla.»
Qhuinn fece un passo indietro. E poi un altro.
Blay batté i documenti sul palmo aperto. «Hai capito bene. Non mi serve nessuna autorizzazione legale per fare da papà ai gemelli. Non hai bisogno di impressionarmi con trovate sensazionali come questa – anche se apprezzo l’intenzione e, onestamente, è stato proprio questo a convincermi che facevi sul serio. Però mi hai detto che eri pronto a fare qualunque cosa e ti prendo in parola. Non potrai aggiustare le cose con me finché non le avrai aggiustate con Layla.»
«Non so se posso, Blay.» Qhuinn alzò le mani. «Non è che voglia fare lo stronzo, sul serio. È che… mi conosco. Dopo che lei li ha messi in pericolo così, mentendo così a lungo per nasconderlo… non me la sento di passarci sopra, neanche per te.»
«Penso che dovresti focalizzarti su chi è Xcor, piuttosto che su quello che ha fatto lei.»
«So perfettamente chi è lui. È proprio questo il punto.»
«Be’, ho appena parlato con Tohr… mi ha detto tutto…»
Qhuinn alzò le mani di scatto, mettendosi a camminare nervosamente per la stanza. «Oh, ma dai…»
«Penso seriamente che dovresti riconsiderare un po’ tutto quanto.»
«Non ho intenzione di dimenticare quello che è successo, Blay. Non posso.»
«Nessuno ti sta chiedendo di farlo.»
Non ne poteva più di quei cazzo di discorsi sul Bastardo, pensò Qhuinn mentre andava su e giù, gli sembrava di stare in Ricomincio da capo. Senza Bill Murray. Per cui, sì, era un bello schifo.
«Senti, non ho voglia di mettermi a discutere con te» disse, fermandosi e guardando Blay all’altro capo della stanza.
«Nemmeno io. E non lo faremo perché per me il discorso è chiuso. Sistema le cose con Layla altrimenti io non torno.»
«Ma che cavolo, Blay… come puoi far dipendere il nostro rapporto da lei?»
«Faccio dipendere il nostro rapporto da questa famiglia. Loro due» così dicendo indicò le culle «e noi tre. Siamo una famiglia, ma solo se restiamo uniti. I vincoli di sangue contano solo fino a un certo punto… lo sai di prima mano, dopo quello che ti hanno fatto i tuoi genitori. Se non riusciamo – se tu non riesci – a perdonare, ad amare e a passare oltre, allora per noi due non c’è futuro, perché io non posso far finta di niente quando ti vedo portare rancore a quella povera piccola solo perché assomiglia alla sua mahmen. Così come non posso aspettare il momento in cui farò qualcosa che tu non riuscirai a mandare giù. Tu mi hai sfidato a perdonarti per quello che hai fatto… e io ti ho perdonato. Adesso mi aspetto che tu faccia lo stesso con Layla.»
Ciò detto Blay tornò alla porta. «Ti amo con tutto me stesso e quando tu e Layla avete avuto quei piccoli… Mi avete regalato una famiglia completa. E io rivoglio la mia famiglia, tutta intera… compresa Layla.»
«Blay, ti prego…»
«Questa è la mia condizione. E non intendo fare marcia indietro. Ci vediamo sul campo.»
Preparandosi a uscire dal ranch appena prima di mezzanotte, Xcor permise alla sua shellan di controllare che il giubbotto antiproiettile fosse allacciato bene. Layla fu molto puntigliosa, al punto che, potendo, si sarebbe legata lei stessa al suo petto, o almeno fu questa la sua sensazione.
Lui le prese le mani e baciò la punta delle dita, una a una.
«Sono fortunato ad avere chi si prende tanta cura di me.»
Misericordia, non sopportava di vederla angosciata. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di sostituire la sua pena con la gioia… specialmente perché temeva che l’attendesse solo altro dolore: se anche usciva vivo dalla riunione di quella sera, se anche la confraternita si adeguava al volere di Wrath, per loro due non c’era comunque nessuna strada percorribile; il loro viaggio insieme era giunto al capolinea.
«Temo di non farcela a lasciarti andare» disse lei, con un sorriso incerto. «Temo… di non farcela a vederti andare via.»
Le si incrinò la voce e lui chiuse gli occhi. «Tra non molto tornerò qui a casa.»
La baciò per chiudere il discorso e quando lei lo ricambiò con trasporto cercò di rammentare con precisione com’era stringerla a sé, il sapore delle sue labbra, il suo odore.
Alla fine si scostò leggermente e la guardò fisso in quegli occhi verde chiaro. Il suo colore preferito, come aveva avuto modo di scoprire. Chi l’avrebbe detto che ne aveva uno?
Poi si girò senza voltarsi indietro. Non osava.
Avviandosi all’uscita fiutò le sue lacrime, ma di nuovo tirò dritto senza fermarsi. Impossibile tornare indietro, ormai, impossibile fermare il corso delle cose.
La vetrata si aprì senza fare rumore. Xcor uscì fuori, attento a non voltarsi quando la richiuse dietro di sé.
Attraversò la veranda alla luce delle lampade di sicurezza e girò l’angolo in fondo al garage. Lì c’era un vecchio capanno, grande abbastanza per ospitare un tosaerba e alto abbastanza per i manici delle zappe e delle vanghe.
Quando aprì la porticina i cardini cigolarono in segno di protesta.
Allungò la mano nel buio, prese la sua falce e se la mise sulla schiena, assicurandola con una semplice fune che gli attraversava il petto. Non aveva voluto portarla in casa per non farla vedere a Layla. Gli era parso inopportuno.
Coi coltelli e le pistole che aveva addosso era pronto per la guerra, chiunque la scatenasse, lesser o Fratello che fosse.
Preparandosi a smaterializzarsi per andare a incontrare i suoi soldati, chiuse gli occhi e pregò per due cose.
Primo: poter tornare lì a vedere Layla un’ultima volta prima di partire.
Secondo: che Wrath controllasse effettivamente la confraternita come sembrava credere.
Buffo come le due cose fossero strettamente collegate.